Bambino Gesù: da Roma alle periferie del mondo

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© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews: Il suo cuore batte a Roma ma le attività che promuove si articolano in diversi Paesi del mondo. E’ l’Ospedale del Papa, il più grande Policlinico e Centro di ricerca pediatrico in Europa. Nato nel 1869 e donato alla Santa Sede nel 1924, l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù è un punto di riferimento per la salute di bambini e ragazzi provenienti da tutta Italia e dall’estero. La sede storica è quella del Gianicolo a Roma. A questa si aggiungono quelle di San Paolo Fuori le Mura,  di Palidoro e Santa Marinella.

Il 13,5% dei pazienti è di origine straniera

Ogni anno si contano oltre 27 mila ricoveri, 80 mila accessi al Pronto Soccorso e più di un milione e 700 mila prestazioni ambulatoriali. Il 13,5% del totale è di origine straniera. Per la maggior parte, sono bambini figli di immigrati. Ci sono poi bambini, provenienti da vari Paesi del mondo, che necessitano di cure specifiche.

Assistenza e accoglienza

All’attività clinica si affianca un intenso impegno per l’accoglienza, in particolare, di famiglie provenienti da fuori regione e impegnate in lunghi percorsi terapeutici. Grazie all’aiuto di una rete di associazioni, fondazioni ed enti alberghieri l’Ospedale riesce a garantire assistenza alloggiativa gratuita a circa 3700 famiglie per un totale di oltre 93 mila notti l’anno.

Attività internazionali

L’Ospedale Bambino Gesù è presente anche in diversi Paesi del mondo con interventi di assistenza e cooperazione. In Cambogia, Repubblica Centrafricana, Giordania, Siria, Palestina, Georgia, Russia, Cina ed Etiopia sono attivi progetti di collaborazione con strutture ospedaliere universitarie.

Un Ospedale con le radici nel Vangelo

Un impegno, quello dell’Ospedale del Papa, che si estende dunque attraverso le periferie del mondo, diffondendo conoscenza e speranza. E’ quanto sottolinea, in questa intervista, la presidente dell’Ospedale Bambino Gesù, Mariella Enoc:

R. – L’Ospedale, che in questi anni ha sviluppato tanta capacità di ricerca scientifica, di cura di malattie anche nuove e complicate, deve essere veramente cattolico, quindi universale. E ho pensato di aprire, il più possibile, sia alle periferie povere, ma anche a periferie che non sono in Paesi poveri. Realtà dove c’è bisogno di sviluppare alcuni temi di cura nuovi, come la ricerca fatta per la Cina e per la Russia. Noi stiamo facendo un grande lavoro anche con l’ospedale di Miami per sviluppare una piattaforma di formazione, in modo di poter raggiungere anche Paesi in cui non si può andare regolarmente e sviluppare una formazione per i medici locali. È quello che soprattutto stiamo facendo nella Repubblica Centrafricana e in altri Paesi. Il tentativo è proprio quello di fare in modo che tutto il personale locale sia in grado di curare, al meglio, le persone e i bambini che sono in quegli ospedali.

I frutti delle attività internazionali

D. – Quali sono proprio i frutti di questo respiro internazionale dell’Ospedale Bambino Gesù?

R. – L’esempio più semplice è quello di Banguì. Io sono arrivata dopo la visita del Santo Padre e l’apertura della Porta Santa. Mi è stato detto di andare ad occuparmi di questo Ospedale. Il Papa mi ha dato anche le risorse perché potessi fare quello che lui desiderava: rimettere l’Ospedale in una situazione dignitosa. Però, quando sono arrivata non c’erano medici. Non ho voluto mandare dei medici da Roma in Africa ma ho invece fatto in modo che fossero assunti sedici medici che, man mano, abbiamo formato. Questo, credo, sia il modo con cui noi possiamo aiutare davvero questi Paesi a crescere. La Cina ci ha chiesto un lavoro sulle malattie genetiche rare e sulla cardiochirurgia. Abbiamo stabilito un accordo con questo ospedale della Regione di Hebei. Loro vengono un po’ da noi. E inoltre c’è la formazione a distanza. Lo stesso stiamo facendo in Georgia e, soprattutto, in Siria e in Giordania. In Siria sosteniamo la formazione della classe dei giovani medici. In Giordania abbiamo un centro di riabilitazione neuropsichiatrica e neuromotoria. E devo dire che il lavoro si espande sempre di più. Ci chiamano un po’ da tutti i Paesi.

Pazienti di origine straniera

D. – Un dato rilevante, legato proprio all’Ospedale Bambino Gesù, riguarda i pazienti di origine straniera: sono il 13,5% del totale…

R. – Questo mi sembra che sia l’unico modo per dire che questo è un Ospedale che ha le radici nel Vangelo. Nessuno da noi è scartato: arrivano tutti quelli per cui ci sono le possibilità di dare una speranza. E ne stanno davvero arrivando tanti perché i bisogni sono grandissimi. E più questa voce si diffonde, più pazienti arrivano. Ieri ne sono arrivati due dalla Siria, completamente bruciati, per il 50, 60% del corpo. I casi recenti delle gemelline siamesi hanno ricevuto molta eco. Sono due i casi. Uno è legato ad un un villaggio del Burundi dove una volontaria ha trovato i gemelli che sarebbero morti. L’altro caso riguarda l’Algeria. I genitori hanno trovato loro la possibilità di venire. Questa è la storia oggi dell’Ospedale: un Ospedale che deve crescere sempre nella capacità di ricerca scientifica. E poi deve curare. E deve curare possibilmente tutti.

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