Il Papa all’Ospedale Bambino Gesù: grazie perché fate sentire la presenza di Gesù
© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Nell’Aula Paolo VI, toccante incontro di Papa Francesco con la grande famiglia dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù per celebrare i 150 anni di fondazione di questo Istituto della Santa Sede.
Oltre 6 mila persone, tra cui medici, infermieri, volontari e pazienti con le loro famiglie, hanno partecipato oggi, in Vaticano, all’udienza del Papa con la comunità dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. Un incontro speciale in occasione dei 150 anni dalla fondazione dell’Ospedale del Papa, nato nella seconda metà dell’Ottocento grazie all’iniziativa della famiglia Salviati. Papa Francesco si è rivolto a tutta la famiglia del Bambino Gesù attorniato da piccoli pazienti saliti sul palco durante l‘udienza.
La nascita di questo Istituto, ha affermato il Papa, è legata ad una intuizione e ad un dono. È l’intuizione di una donna, Arabella Salviati, “vissuta nella feconda stagione del cattolicesimo sociale”. Ed è un dono di una famiglia generosa “che ha operato un gesto di immensa sensibilità in favore dei bambini di tutto il mondo”. Quel seme iniziale si è poi sviluppato oltre i confini di Roma ed oggi l’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù, sottolinea Francesco, è diventato “patrimonio non solo della comunità romana, ma di quella italiana e internazionale”. Il Santo Padre ha ricordato il messaggio scelto per il 150.mo anniversario “Il futuro è una storia di bambini“. E ha sottolineato che, stando con i bambini, si impara a frequentare il futuro.
Appello alle istituzioni internazionali
Sono passati 150 anni dalla fondazione dell’Ospedale Bambino Gesù, da quando è nata una realtà “grande e preziosa, all’avanguardia e proiettata ancora oggi verso il futuro”. La sua identità più vera, ha spiegato il Papa, è “l’autorità morale dei bambini malati e sofferenti” provenienti da tanti Paesi.
Ringrazio l’Ospedale per la sua apertura al mondo, per aver deciso di farsi carico di queste sofferenze e di questi bambini provenienti da tanti Paesi. So bene che ciò richiede molte risorse economiche, e ringrazio pertanto quanti generosamente stanno contribuendo con le loro donazioni alla Fondazione del “Bambino Gesù”. Auspico che le Istituzioni internazionali sappiano trovare il modo di promuovere sempre più questi corridoi sanitari, nell’attesa che cresca in ogni Paese la capacità di risposta ai bisogni fondamentali della salute.
Mani benedette
Papa Francesco, che ha benedetto le mani di medici e infermieri presenti nell’Aula Paolo VI, ha anche ricordato la storia di una mamma venezuelana, che ha potuto trovare al “Bambino Gesù” le cure di cui aveva bisogno suo figlio Jerson. Riferendosi a quanto scritto da questa madre, il Pontefice ha ricordato la gratitudine di questa mamma per le “mani benedette e meravigliose” che hanno curato Jerson. Rivolgendosi ai medici, ai chirurghi e agli infermieri, il Papa ha esortato a usare “le mani come strumento di cura”:
Siate sempre consapevoli di questa benedizione di Dio sulle vostre mani. La vostra capacità di curare così è un dono per voi e per le persone che vi vengono affidate. E nello stesso tempo, cari medici e infermieri, non fate mancare il vostro apporto professionale e il vostro zelo affinché sia preservata la tipicità di questa istituzione. Ci vuole l’impegno di tutti perché l’Ospedale Pediatrico “Bambino Gesù” continui a manifestare la speciale predilezione della Santa Sede per l’infanzia, col proprio stile di cura amorevole dei piccoli degenti, offrendo una testimonianza concreta del Vangelo, in piena sintonia con quanto insegna la Chiesa.
Non c’è cura senza ricerca
Il Papa ha poi sottolineato che “non c’è cura senza ricerca”. E “non c’è futuro, nella medicina, senza ricerca”. Da questo punto di vista, ha osservato il Santo Padre, il “Bambino Gesù” è “già da tempo proiettato nel futuro, con risultati importanti nel campo della diagnostica delle malattie rare e della cura delle patologie complesse, con lo sviluppo di terapie di precisione”:
Ammiro la passione e l’entusiasmo che mettete nel vostro lavoro di cura e di ricerca, e vorrei che non perdeste mai la capacità di scorgere il volto sofferente di un bambino anche dietro un semplice campione da analizzare, e di udire i grido dei genitori anche all’interno dei vostri laboratori. II mistero della sofferenza dei bambini non smetta di parlare alle vostre coscienze e di motivare il vostro impegno umano e professionale.
Doni al Papa
Durante l’udienza, alcuni bambini hanno consegnato tre doni al Pontefice. Il primo è una stola sacerdotale decorata con i disegni dei bambini.
La stola
La stola consegnata al Pontefice si ispira al racconto biblico della Creazione. È stata disegnata dai bambini della ludoteca dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù. È composta da una sequenza di caselle colorate che ricordano i grandi doni che Dio ha voluto per l’umanità: il sole, la luna, le stelle, l’acqua, gli alberi. Il messaggio della stola è che tutti devono prendersi cura del più grande regalo che Dio ha fatto agli uomini: il Creato e le sue creature. Nelle ludoteche dell’ospedale, ogni anno, vengono accolti 30 mila bambini. Sono piccoli pazienti ma anche fratellini e amici che vengono a trovarli.
Il fumetto “Un ospedale per Papa Francesco”
Il secondo dono consegnato al Papa è il fumetto “Un ospedale per Papa Francesco”, disegnato dal fumettista Roberto Battestini con testi di Alessandro Bottero, che ripercorre la vicenda del “Complexe Pédiatrique di Bangui”, nella Repubblica Centrafricana. Dopo la visita di Papa Francesco nel Paese africano nel 2015 e l’apertura in questo Paese della Porta Santa del Giubileo della Misericordia, il Pontefice ha chiesto alla presidente Mariella Enoc di promuovere un intervento dell’Ospedale Bambino Gesù in favore dei bambini del Centrafrica. Dopo i primi interventi urgenti, è stato avviato un programma di lavori per la ristrutturazione del complesso esistente e per la creazione di un nuovo Centro di re-nutrizione terapeutica, inaugurato il 2 marzo del 2019 alla presenza dell’Elemosiniere pontificio, Cardinale Konrad Krajewski.
Libro fotografico “Vite che aiutano la vita”
Il terzo dono donato a Francesco è il libro fotografico intitolato “Vite che aiutano la vita”. Il volume raccoglie 130 fotografie di Daniele Garofani, accompagnate da testi dello scrittore Daniele Mencarelli. Il libro, diviso per aree tematiche, è un viaggio nella storia dell’Ospedale, passata e presente, a contatto con le vite che l’anno costruita. Fotografie e parole danno testimonianza di tutte le figure, umane e professionali che ogni giorno scendono in campo per svolgere al meglio la loro comune missione: accogliere e curare i bambini provati dalla malattia.
Viaggio nella storia dell’Ospedale attraverso 130 foto
Nel libro “Vite che aiutano la vita” Daniele Garofani, fotografo di Vatican Media, racconta con immagini scattate nei vari reparti dell’Ospedale Bambino Gesù il lavoro quotidiano degli operatori sanitari al servizio dei piccoli pazienti e delle loro famiglie. “Vite che aiutano la vita” è un racconto di oltre 130 foto che ritraggono e rendono omaggio a chi ogni giorno rinnova lo spirito e la vocazione dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù: medici, infermieri, tecnici, amministrativi, chirurghi e ricercatori. Come scrive il poeta Daniele Mencarelli, i cui versi accompagnano bellissime fotografie, la missione è “restituire alla tua vita giorni ancora da vivere”. A VaticanNews Daniele Garofani ricorda alcune parole e immagini presenti nel libro:
R. – È un viaggio in immagini all’interno delle strutture del Bambino Gesù. Questo viaggio sicuramente testimonia tutta la professionalità che questi operatori mettono in campo tutti i giorni.
Il libro “Vite che aiutano la vita” è un viaggio, attraverso immagini, tra reparti dell’Ospedale, tra le storie dei bambini e delle loro famiglie. Un viaggio che salda fotografie, anche molto toccanti, con testi poetici. Quali sono, in particolare, le immagini che sintetizzano al meglio questo percorso, questo viaggio?
R. – Un fotografo quando inizia un qualsiasi lavoro scatta molte immagini. Poi, tra queste, sceglie quali siano più indicative. Forse una delle più belle è proprio quella scelta per la copertina. È un’immagine che ho scattato nel reparto di terapia intensiva: c’era un operatore sanitario – una ragazza – che teneva per mano un bambino. A me sembrava che il bambino dormisse. Il bambino forse ha sentito il calore, ha sentito la presenza della ragazza e ha incominciato a stringere la mano.
Tra i versi che troviamo nel libro, ci sono alcune parole dedicate all’attesa. Scrive Daniele Mencarelli: “L’attesa a volte snerva, ma fa parte dell’ordine naturale delle cose, quello che conta davvero è l’esito:
fare di questa attesa una vigilia. Una vigilia di guarigione.”. C’è un’immagine che si lega proprio a questo significato profondo dell’attesa?
R. – Un’immagine che può essere legata a questi versi può essere quella scattata all’elisoccorso: l’ambulanza del Bambino Gesù che, entrando in Vaticano e arrivando all’eliporto, aspetta – ogni volta che c’è questo tipo di intervento – l’arrivo dell’elicottero che può arrivare da qualsiasi parte d’Italia. È stato molto emozionante; ho assistito a due elisoccorsi dal Vaticano e durante questo percorso si respirava la tensione da parte del genitore, perché c’era la preoccupazione per la salute del figlio. Allo stesso tempo, c’era il personale medico che cercava di portare tranquillità, dicendo che avrebbe fatto del meglio per il loro piccolo.
Chiedo al professionista, al fotografo che scatta foto così cariche di emozione: cosa ti lascia dentro uno scatto di questo tipo?
R. – Tutto questo lavoro mi fa pensare di aver assistito al lavoro di una grande famiglia: una grande famiglia che accoglie genitori e figli. Mi lascia un’emozione che tento di sintetizzare in una frase che ho letto proprio in un libro di Daniele Mencarelli, “La casa degli sguardi”. Lui in un passaggio, forse fotografa meglio con le parole quello che io ho cercato di raffigurare attraverso le immagini scattate con la macchina fotografica: “Un popolo di genitori e figli in transito, diretti ad uno dei tanti incroci della loro vita. Molti ne usciranno incolumi, altri si scontreranno. Questa mattina, proprio qui dentro, per mille, mille bambini restituiti alla libertà e alla salute, ce ne saranno una manciata destinati a ben altre battaglie, tutte combattute sulla loro pelle innocente. Di quella manciata alla fine della guerra, solo alcuni potranno dirsi vincitori. Ma c’è una cosa che mi unisce a queste persone, che mi è permesso di scrivere: anche io appartengo a quelli salvati da questo Ospedale”.
Il libro “Vite che aiutano la vita” è stato voluto dall’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù nell’ambito del 150.mo anniversario dell’Ospedale del Papa. É un lavoro che coinvolge direttamente il Vaticano …
R. – Sì, da parte dell’Ospedale Pediatrico Bambino Gesù c’è stata una richiesta di partecipazione rivolta a Vatican Media per questo lavoro. Quindi sono state commissionate queste fotografie. È stata una cosa che mi ha fatto molto piacere perché, attraverso queste immagini, c’è una partecipazione dei media vaticani per dare una forte testimonianza.
Hai scattato molte fotografie a Papa Francesco, molte altre in Vaticano. In questi scatti, i protagonisti sono i bambini, anche se rimangono sullo sfondo. In un certo senso si completa l’opera della Chiesa: dal suo massimo rappresentante che è il Pontefice ai più piccoli, i bambini …
R. – È un bel percorso perché mi ha permesso di aggiungere una nota in più. Aggiungo oltre ai bambini anche i poveri, un altro progetto che ho portato avanti. Questo è un altro tassello che vado ad aggiungere, un qualcosa che spero possa essere utile a suscitare emozioni. A me piace sempre ricordare una frase di un fotoreporter di guerra, Don McCullin, che ha passato la vita tra sofferenze e guerre. È una frase che lui ha riportato anche nelle sue ultime interviste: “La fotografia è un momento. Scattare è un momento. La mia vita è un momento, un battito di ciglia in migliaia di milioni di anni. É la vita, e finora è stata interessante”. Anche queste del Bambino Gesù sono vite: vite che aiutano altre vite.