Giornata contro la discriminazione dei dalit cristiani e musulmani

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Oggi i cristiani indiani nuovamente in piazza a New Delhi per celebrare il ‘Black Day’, giornata di lutto contro la discriminazione. La manifestazione, che fa seguito alle tre giornate di protesta promosse dal 25 al 27 luglio nella capitale, è stata promossa dalla Conferenza episcopale indiana e dal Consiglio nazionale delle Chiese. La data scelta per l’odierna Giornata ricorda l’approvazione, il 10 agosto del 1950, dell’articolo della Costituzione che concede diritti e benefici speciali, per i fuori casta, solo ad indù, buddisti e sikh, escludendo così cristiani, musulmani e seguaci di altre religioni. Sulle attuali condizioni dei dalit in India, Amedeo Lomonaco ha intervistato il vescovo della diocesi di Vasai, mons. Felix Anthony Machado:

R. – Nella società indiana, colui che non aveva la casta non aveva nulla. Per elevarli, come cittadini, il governo ha riconosciuto loro alcuni benefici, però nel fare questo ha anche compiuto una discriminazione: infatti, riconosce questi benefici soltanto alle persone che appartengono alla religione indù, al buddismo e al sikhismo, mentre non riconosce questi benefici alle persone convertite al cristianesimo o all’islam. La Chiesa considera questa una discriminazione. Vogliamo quindi rappresentare la nostra protesta al governo affinché anche i cristiani convertiti, che vivevano nella casta più bassa o addirittura erano fuori casta, possano avere questi stessi benefici.

Differenze tra dalit

D. – Dunque, i dalit induisti hanno dei diritti riconosciuti, mentre non è così per i dalit cristiani e musulmani. Di quali diritti e di quali benefici si tratta?

R. – Per esempio, i posti riservati ad alcune professioni nella società e nel governo, sono riservati agli induisti; questo stesso discorso vale anche per le elezioni: alcune zone sono riservate solo a loro. A volte i benefici consistono anche in sovvenzioni per assistenza medica e ci sono tanti altri esempi su questa scia. Ma la Costituzione afferma che tutti gli indiani sono uguali …

Sistema delle caste discriminatorio

D. – Dunque un sistema contrario al principio dell’uguaglianza, un provvedimento discriminatorio. Ci sono speranze di cambiamenti nel prossimo futuro?

R. – Ce l’hanno promesso tante volte! E’ ovvio che questa richiesta non viene soltanto dai cristiani, però l’atteggiamento politico, oggi, ci dice che gli indù hanno paura di perdere benefici e privilegi qualora questi venissero condivisi da cristiani e musulmani. Per questo, nessun partito politico vuole riconoscerci e garantirci questi nostri diritti.

Fronte comune

D. – Proprio per cercare di ottenere questi diritti, musulmani e cristiani fanno fronte comune…

R. – Sì, da un lato si può dire che è bello vedere come persone di diverse religioni, come in questo caso, si uniscano per chiedere giustizia e diritti. D’altro canto, però, spero che questo non sia interpretato come un’alleanza contro “gli altri”. Noi siamo uniti non soltanto perché sono fratelli musulmani, ma sostanzialmente perché – come noi – sono trattati ingiustamente. I musulmani e i cristiani non sono uniti per essere “contro” gli indù o i buddisti o i sikh. Noi chiediamo il riconoscimento di un nostro diritto e, in questo caso, devo dire che ci sono alcuni indù e alcuni sikh che sono solidali con noi perché riconoscono chiaramente che i nostri diritti non ci vengono riconosciuti.

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