India: marcia in favore dei i diritti dei dalit

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In India si è tenuta oggi una marcia, promossa dalla Conferenza episcopale indiana, per chiedere al governo di riconoscere parità di diritti per i dalit cristiani e musulmani. Dal governo non è ancora arrivato alcun provvedimento che assicuri pari diritti, come sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco, il vescovo di Vasai, mons. Felix Machado:

 

R. – Noi pensavamo che il governo avrebbe provveduto, ma nemmeno il Partito del Congresso vuole farlo. Anche perché pensano che, magari i cristiani sono pochi e non contano come voti … Questo veramente ci rattrista molto, perché comunque la sola Chiesa cattolica, con il suo 1,5 per cento, è presente in campo sociale, in campo sanitario e nel campo educativo e assicura al Paese il 33 per cento dei servizi e tutti lo sanno! Credo che sia un diritto ingiustamente negato a noi.

Villaggio Dalit
Dalit cristiani

D. – Perché i diritti vengono riconosciuti a dalit indù, buddhisti e sikh e invece sono esclusi dalit cristiani e musulmani?

R. – Questo ce lo chiediamo anche noi. Certamente, perché nella mentalità di alcuni queste due religioni sono considerate come ‘straniere’, venute da fuori. Questa motivazione è falsa: il cristianesimo, infatti, è una fede di antichissima presenza in India, fin dai suoi primi giorni. La seconda ragione potrebbe essere, secondo loro, che nelle istituzioni adibite alla formazione o nei collegi, i posti sono riservati per il 20-30 per cento, ai disoccupati. Se tutti ricevessero questi privilegi, loro perderebbero un numero maggiore di posti perché dovrebbero condividerli con musulmani e cristiani.

Dialogo interreligioso

D. – Il riconoscimento di questi diritti negati ingiustamente ai dalit cristiani e anche musulmani sarebbe un passo cruciale nel dialogo interreligioso?

R. – Il dialogo con i musulmani si è sempre svolto regolarmente; questa è una ulteriore occasione. Ma noi non vogliamo dare l’impressione che siamo uniti soltanto quando si tratta di chiedere qualcosa. E’ perché esiste un’ingiustizia e la Chiesa affronta questa ingiustizia insieme, anche attraverso il dialogo.

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