Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Il Sinodo che il Papa apre domenica 10 ottobre, preceduto da un momento di riflessione il 9, è l’ultimo approdo in ordine di tempo di un lungo cammino che si è evoluto nella Chiesa. Ne ripercorriamo la storia fino all’ultima svolta impressa dal magistero di Francesco. Quella di un percorso che comprenda tutti “fino ai limiti”.

Sinodo e Concilio non sono solo specifici termini che si riferiscono a ben definiti momenti ecclesiali, ma sono anche parole che evocano pagine di storia incise nella vita della Chiesa. Il Sinodo dei vescovi che si apre il 10 ottobre con la Messa presieduta da Papa Francesco si inserisce in un cammino bimillenario. La celebrazione eucaristica di domenica, con la partecipazione limitata di fedeli, viene anticipata il giorno precedente da un momento di riflessione nell’Aula Nuova del Sinodo. Il programma del 9 ottobre – secondo quanto riportato dalla Sala Stampa della Santa Sede – prevede lavori in seduta plenaria e lavori in gruppi linguistici. In questa occasione, il Papa partecipa alla prima parte dei lavori e pronuncia un discorso. Tutta la Chiesa è dunque convocata in Sinodo. Con questa convocazione, Francesco invita ad interrogarsi sulla sinodalità.

Cosa significa la parola Sinodo?

“Sinodo” è una parola antica legata alla Tradizione della Chiesa. Composta dalla preposizione “con” (σύν), e dal sostantivo “via” (ὁδός) indica il cammino fatto insieme dal Popolo di Dio. Rinvia pertanto al Signore Gesù che presenta se stesso come “la via, la verità e la vita”. Nel greco ecclesiastico – si ricorda nel documento pubblicato nel 2018 dalla Commissione teologica internazionale e intitolato La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa – esprime l’essere convocati in assemblea. Sin dai primi secoli, vengono designate con la parola “sinodo” le assemblee ecclesiali convocate a vari livelli (diocesano, provinciale o regionale, patriarcale, universale) per discernere, alla luce della Parola di Dio e in ascolto dello Spirito Santo, questioni dottrinali, liturgiche, canoniche e pastorali. Il termine greco σύνoδος viene tradotto in latino con sýnodus concilium. Le radici delle parole “sinodo” e “concilio” sono diverse, ma il significato è convergente. Il termine “concilio” arricchisce il contenuto semantico di “sinodo”: richiama il termine ebraico קָהָל (qahal) che significa ”raduno, assemblea”. La traduzione di questo vocabolo ebraico risuona in greco nella parola ἐκκλησία (ecclesia) che ha un rapporto etimologico col verbo kalein, che significa “chiamare”. L’esperienza del Sinodo è dunque quella di “camminare insieme”. I credenti sono σύνoδοι, compagni di cammino, chiamati a testimoniare e ad annunciare la Parola di Dio.

Come si è espressa la sinodalità nella storia della Chiesa?

La sinodalità è una “dimensione costitutiva della Chiesa, che attraverso di essa si manifesta e configura come Popolo di Dio”, si afferma ne La sinodalità nella vita e nella missione della Chiesa. Sin dalle origini, la Chiesa si riunisce per discutere le questioni che hanno bisogno di approfondimento. “La sinodalità si dispiega sin dall’inizio quale garanzia e incarnazione della fedeltà creativa della Chiesa alla sua origine apostolica e alla sua vocazione cattolica”. In particolare, i Sinodi della Chiesa vengono introdotti come il luogo per risolvere quei casi che il vescovo locale non è in grado di trattare da solo. I “Canoni apostolici”, un testo risalente al periodo tra il IV e V secolo, affermano che il vescovo locale non dovrebbe far nulla di “importante” senza l’approvazione del vescovo “superiore”. Ma alcuni problemi riguardano tutta la Chiesa. Così, nel 325, viene indetto a Nicea il primo “Concilio ecumenico”. “Per la prima volta, attraverso l’esercizio sinodale del ministero dei Vescovi, si esprime istituzionalmente sul livello universale l’ἐξουσία (autorità) del Signore risorto che guida e orienta nello Spirito Santo il cammino del Popolo di Dio”. Nel corso del primo millennio, si svolgono Concili ecumenici. I Sinodi permanenti hanno avuto e continuano ad avere un ruolo importante nella vita delle Chiese orientali. Fin dal V secolo, a Roma è attivo un Sinodo che si è evoluto poi nei Concili tenutisi nella Chiesa occidentale durante il Medioevo. Uno di questi, il Concilio di Konstanz, risolve lo scisma d’Occidente. Un altro, il Concilio di Trento, viene convocato in risposta alla riforma protestante. Tra il 1869 e il 1870, si tiene in Vaticano un Concilio ecumenico per definire i dogmi del Primato e dell’Infallibilità del Papa. All’esperienza della Chiesa riunita nel Concilio Ecumenico Vaticano II si lega poi la nascita del Sinodo dei vescovi.

Cosa è il Sinodo dei vescovi?

Nello svolgimento dei lavori del Vaticano II matura il desiderio dei Padri conciliari di mantenere vivo l’autentico spirito di collegialità. A questo scopo Papa Paolo VI, con il motu proprio Apostolica sollicitudo del 15 settembre 1965 istituisce il Sinodo dei Vescovi per tutta la Chiesa. In questo documento il Pontefice sottolinea che “il Sinodo dei Vescovi, per il quale vescovi scelti nelle varie parti del mondo apportano al supremo pastore della Chiesa un aiuto più efficace, viene costituito in maniera tale che sia: una istituzione ecclesiastica centrale; rappresentante tutto l’Episcopato cattolico; perpetua per sua natura; quanto alla sua struttura, svolgente i suoi compiti in modo temporaneo ed occasionale”. Il primo Sinodo dei Vescovi, tenutosi nel 1967, è stato incentrato sul tema “La preservazione e il rafforzamento della fede cattolica, la sua integrità, il suo vigore, il suo sviluppo, la sua coerenza dottrinale e storica”. Il Sinodo dei Vescovi, come ricorda Papa Francesco nella Costituzione apostolica Episcopalis communio costituisce “una delle più preziose eredità del  Concilio Vaticano II”. “Da allora in poi il Sinodo, nuovo nella sua istituzione ma antichissimo nella sua ispirazione – aggiunge il Papa – presta un’efficace collaborazione al Romano Pontefice”.

Come si svolgerà il prossimo Sinodo dei Vescovi?

Il Sinodo dei Vescovi che si apre il 10 ottobre del 2021 tratterà il tema stesso della sinodalità e si presenta, nel suo svolgimento, con modalità e fasi inedite. Non si tiene solo in Vaticano, ma in ciascuna Chiesa particolare dei cinque continenti. È la prima volta, nella storia di questa istituzione, che un Sinodo si svolge in modalità decentrata. L’apertura del Sinodo nelle Chiese locali è prevista domenica 17 ottobre 2021. Il processo sinodale segue un itinerario triennale articolato in tre fasi scandito dall’ascolto, dal discernimento e dalla consultazione. La prima tappa (ottobre 2021 – aprile 2022) è quella che riguarda le singole Chiese diocesane. La finalità della fase successiva, quella continentale (settembre 2022 – marzo 2023), è di dialogare sul testo del primo Instrumentum laboris. L’ultima fase del cammino sinodale è quella della Chiesa universale (ottobre 2023). Una tappa fondamentale di questo percorso è la celebrazione della XVI Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, nell’ottobre del 2023, a cui farà seguito la fase attuativa, che coinvolgerà nuovamente le Chiese particolari.

Cosa esprime la sinodalità e chi comprende?

Papa Francesco, nel discorso rivolto il 18 settembre del 2021 ai fedeli della diocesi di Roma si è soffermato sul processo sinodale intorno al tema: “Per un Chiesa sinodale: comunione, partecipazione, missione”. E ha sottolineato che “il tema della sinodalità non è il capitolo di un trattato di ecclesiologia, e tanto meno una moda, uno slogan o il nuovo termine da usare o strumentalizzare nei nostri incontri”. La sinodalità esprime “la natura della Chiesa, la sua forma, il suo stile, la sua missione”. In questo discorso Francesco pone anche una domanda: “I poveri, i mendicanti, i giovani tossicodipendenti, tutti questi che la società scarta, sono parte del Sinodo?”. “Sì, caro, sì, cara: non lo dico io – spiega il Pontefice – lo dice il Signore: sono parte della Chiesa”. “Al punto tale che se tu non li chiami – si vedrà il modo – o se non vai da loro per stare un po’ con loro, per sentire non cosa dicono ma cosa sentono, anche gli insulti che ti danno, non stai facendo bene il Sinodo. Il Sinodo è fino ai limiti, comprende tutti. Il Sinodo è anche fare spazio al dialogo sulle nostre miserie”.

Come si coniuga la sinodalità con il ministero gerarchico?

Nel 2015, in occasione della commemorazione del 50.mo anniversario dell’istituzione del Sinodo dei vescovi, Papa Francesco ricorda che “il cammino della sinodalità è il cammino che Dio si aspetta dalla Chiesa del terzo millennio”. “Una Chiesa sinodale è una Chiesa dell’ascolto, nella consapevolezza che ascoltare “è più che sentire”. Il cammino sinodale – sottolinea il Pontefice – inizia ascoltando il Popolo”. E prosegue “ascoltando i Pastori. Attraverso i Padri sinodali, i Vescovi agiscono come autentici custodi, interpreti e testimoni della fede di tutta la Chiesa”. Il cammino sinodale, ricorda infine il Papa, “culmina nell’ascolto del Vescovo di Roma”. “Il fatto che il Sinodo agisca sempre cum Petro et sub Petro non è una limitazione della libertà, ma una garanzia dell’unità”. “La sinodalità – afferma ancora Francesco – ci offre la cornice interpretativa più adeguata per comprendere lo stesso ministero gerarchico”.

Quali passi compiere insieme?

Il cammino sinodale intende rispondere a varie domande sulla vita e sulla missione della Chiesa. E in particolare, come si ricorda nel Vademecum pubblicato dalla Segreteria generale del Sinodo, ad un interrogativo di fondo:

“Come si realizza oggi, a diversi livelli (da quello locale a quello universale) quel “camminare insieme” che permette alla Chiesa di annunciare il Vangelo, conformemente alla missione che le è stata affidata; e quali passi lo Spirito ci invita a compiere per crescere come Chiesa sinodale?”

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