Il Papa: un Sinodo con la partecipazione di tutti, in cui lo Spirito sia il protagonista

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews In Vaticano momento di riflessione per l’inizio del percorso sinodale, che Francesco aprirà solennemente questa domenica con la Messa nella Basilica di San Pietro. Il Pontefice sottolinea che non bisogna fare un’altra Chiesa ma una “Chiesa diversa”, aperta alla novità che Dio le vuole suggerire, mettendosi in ascolto, camminando con lo Spirito, “perché dello Spirito abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene”.

Il Sinodo è un percorso, non privo di rischi, ma anche un itinerario da compiere insieme per cogliere grandi opportunità. Prendendo la parola durante la giornata di riflessione nell’Aula Nuova del Sinodo, Papa Francesco ringrazia quanti provenendo “da tante strade e Chiese”, partecipano all’itinerario sinodale “portando nel cuore domande e speranze”. Ribadisce che il Sinodo non è un Parlamento, non è un’indagine ma un momento ecclesiale e il protagonista è lo Spirito. All’inizio del suo discorso, il Pontefice indica nei termini comunione, partecipazione e missione le parole chiave del Sinodo.

Comunione, missione e partecipazione

Francesco ricorda che comunione e missione sono “espressioni teologiche”. Designano “il mistero della Chiesa e di cui è bene fare memoria”. “Il Concilio Vaticano II – osserva – ha chiarito che la comunione esprime la natura stessa della Chiesa e, allo stesso tempo, ha affermato che la Chiesa ha ricevuto «la missione di annunziare e instaurare in tutte le genti il regno di Cristo e di Dio”. San Paolo VI, aggiunge il Papa, volle “condensare proprio in queste due parole – comunione e missione – le linee maestre, enunciate dal Concilio”. Chiudendo il Sinodo del 1985, anche San Giovanni Paolo II volle ribadire che la natura della Chiesa è la koinonia: “da essa – spiega Papa Francesco – scaturisce la missione di essere segno di intima unione della famiglia umana con Dio”.

Comunione e missione rischiano di restare termini un po’ astratti se non si coltiva una prassi ecclesiale che esprima la concretezza della sinodalità in ogni passo del cammino e dell’operare, promuovendo il reale coinvolgimento di tutti e di ciascuno. Vorrei dire che celebrare un Sinodo è sempre bello e importante, ma è veramente proficuo se diventa espressione viva dell’essere Chiesa, di un agire caratterizzato da una partecipazione vera.

E questo non per esigenze di stile, ma di fede. La partecipazione è un’esigenza della fede battesimale.

Dal Battesimo – nota – “deriva l’uguale dignità dei figli di Dio, pur nella differenza di ministeri e carismi. Per questo, tutti sono chiamati a partecipare alla vita della Chiesa e alla sua missione. Se manca una reale partecipazione di tutto il Popolo di Dio, i discorsi sulla comunione rischiano di restare “pie intenzioni”.

Su questo aspetto abbiamo fatto dei passi in avanti, ma si fa ancora una certa fatica e siamo costretti a registrare il disagio e la sofferenza di tanti operatori pastorali, degli organismi di partecipazione delle diocesi e delle parrocchie, delle donne che spesso sono ancora ai margini. Partecipare tutti: è un impegno ecclesiale irrinunciabile!

Rischi

Il Papa sottolinea che il Sinodo “offre una grande opportunità per una conversione pastorale in chiave missionaria e anche ecumenica”, ma non è esente da alcuni rischi. Il primo è quello del formalismo. “Se parliamo di una Chiesa sinodale – spiega il Santo Padre – non possiamo accontentarci della forma, ma abbiamo anche bisogno di sostanza, di strumenti e strutture che favoriscano il dialogo e l’interazione nel Popolo di Dio, soprattutto tra sacerdoti e laici” perché “delle volte c’è qualche elitismo nell’ordine presbiterale che lo fa staccare dai laici e il prete diventa alla fine il padrone della baracca”. 

Si può ridurre un Sinodo a un evento straordinario, ma di facciata, proprio come se si restasse a guardare una bella facciata di una chiesa senza mai mettervi piede dentro. Invece il Sinodo è un percorso di effettivo discernimento spirituale, che non intraprendiamo per dare una bella immagine di noi stessi, ma per meglio collaborare all’opera di Dio nella storia. 

Un secondo rischio è quello dell’intellettualismo:

Far diventare il Sinodo una specie di gruppo di studio, con interventi colti ma astratti sui problemi della Chiesa e sui mali del mondo; una sorta di “parlarci addosso”, dove si procede in modo superficiale e mondano, finendo per ricadere nelle solite sterili classificazioni ideologiche e partitiche e staccandosi dalla realtà del Popolo santo di Dio, dalla vita concreta delle comunità sparse per il mondo.

Il terzo rischio indicato dal Papa riguarda la tentazione dell’immobilismo. L’espressione “si è fatto sempre così”, afferma Francesco, è “un veleno nella vita della Chiesa“.

Chi si muove in questo orizzonte, anche senza accorgersene, cade nell’errore di non prendere sul serio il tempo che abitiamo. Il rischio è che alla fine si adottino soluzioni vecchie per problemi nuovi: un rattoppo di stoffa grezza, che alla fine crea uno strappo peggiore (cfr Mt 9,16). Per questo è importante che il Sinodo sia veramente tale, un processo in divenire; coinvolga, in fasi diverse e a partire dal basso, le Chiese locali, in un lavoro appassionato e incarnato, che imprima uno stile di comunione e partecipazione improntato alla missione.

Opportunità

Papa Francesco esorta a vivere “questa occasione di incontro, ascolto e riflessione come un tempo di grazia che, nella gioia del Vangelo, ci permetta di cogliere almeno tre opportunità”.

La prima è quella di incamminarci non occasionalmente ma strutturalmente verso una Chiesa sinodale: un luogo aperto, dove tutti si sentano a casa e possano partecipare.

Il Sinodo, ricorda poi il Papa, “ci offre poi l’opportunità di diventare una Chiesa dell’ascolto”:

Di prenderci una pausa dai nostri ritmi, di arrestare le nostre ansie pastorali per fermarci ad ascoltare. Ascoltare lo Spirito nell’adorazione e nella preghiera. Quanto ci manca oggi la preghiera di adorazione! Tanti hanno perso non solo l’abitudine, anche la nozione di che cosa significa adorare. Ascoltare i fratelli e le sorelle sulle speranze e le crisi della fede nelle diverse zone del mondo, sulle urgenze di rinnovamento della vita pastorale, sui segnali che provengono dalle realtà locali.

Una terza opportunità è quella di diventare una Chiesa della vicinanza. Lo stile di Dio, sottolinea il Papa, è vicinanza, compassione e tenerezza. Se non si arriverà a questo, non potrà esserci la Chiesa della vicinanza.

Non solo a parole, ma con la presenza, così che si stabiliscano maggiori legami di amicizia con la società e il mondo: una Chiesa che non si separa dalla vita, ma si fa carico delle fragilità e delle povertà del nostro tempo, curando le ferite e risanando i cuori affranti con il balsamo di Dio.

Vieni Spirito Santo

Non bisogna fare un’altra Chiesa – afferma Francesco  ma “una Chiesa diversa e questa è la sfida”: una Chiesa “aperta alla novità che Dio le vuole suggerire”. Per questo il Papa auspica che questo Sinodo sia un tempo abitato dallo Spirito: “Perché dello Spirito abbiamo bisogno, del respiro sempre nuovo di Dio, che libera da ogni chiusura, rianima ciò che è morto, scioglie le catene, diffonde la gioia. Lo Spirito Santo è Colui che ci guida dove Dio vuole e non dove ci porterebbero le nostre idee e i nostri gusti personali”.

Vieni, Spirito Santo. Tu che susciti lingue nuove e metti sulle labbra parole di vita, preservaci dal diventare una Chiesa da museo, bella ma muta, con tanto passato e poco avvenire. Vieni tra noi, perché nell’esperienza sinodale non ci lasciamo sopraffare dal disincanto, non annacquiamo la profezia, non finiamo per ridurre tutto a discussioni sterili. Vieni, Spirito Santo d’amore, apri i nostri cuori all’ascolto. Vieni, Spirito di santità, rinnova il santo Popolo fedele di Dio. Vieni, Spirito creatore, fai nuova la faccia della terra. 

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