Nicaragua: al via il dialogo nazionale con la mediazione della Chiesa
© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – Si avvia oggi in Nicaragua, Paese scosso da tensioni, proteste e violenze, il dialogo nazionale proposto dal governo. Il luogo scelto per questo cruciale appuntamento è il Seminario nazionale di Nostra Signora di Fatima a Managua. Al tavolo negoziale prendono parte anche rappresentanti di studenti e imprenditori.
Il ruolo della Chiesa
La Chiesa, che partecipa con il ruolo di “mediatrice e testimone”, sottolinea in un comunicato diffuso dalla Conferenza episcopale nicaraguense, che “le condizioni per il dialogo non sono le migliori”. La Chiesa – si legge inoltre nel documento – non ha soluzioni ma unita alle diverse forze sociali, accompagna le proposte che meglio possano rispondere “alla dignità della persona umana e al bene comune”.
Giornata di digiuno e preghiera
Al governo e alle varie componenti della società i vescovi del Nicaragua chiedono poi che si mantenga un clima di tolleranza e di rispetto, “soprattutto quando si realizzano manifestazioni pacifiche”. I presuli si rivolgono inoltre ai cristiani e, in particolare, ai cattolici, invitando tutti i fedeli ad “una giornata nazionale di digiuno, preghiera e recita del santo rosario per venerdì 18 maggio”. Il Paese vive una situazione di grande tensione e incertezza. Nelle scorse settimane, drammaticamente segnate da proteste antigovernative, sono morte secondo fonti di stampa almeno 43 persone.
Dalla Chiesa quattro richieste al governo
In questo drammatico scenario è stata intanto accolta una delle quattro richieste della Chiesa al governo: il presidente del Nicaragua Daniel Ortega – ex guerrigliero sandinista che nel 1979 ha posto fine alla dittatura di Anastasio Somoza – ha accettato che la Commissione Interamericana per i Diritti Umani (Cidh) mandi una missione per verificare la situazione nel Paese. I vescovi, come si legge in una lettera inviata nei giorni scorsi al presidente Ortega, hanno anche chiesto di “non usare la Polizia nazionale per alcun tipo di azione repressiva” e di “sopprimere i corpi paramilitari e le forze speciali che intimidiscono, minacciano e aggrediscono i cittadini”. Un’altra richiesta formulata dai presuli nicaraguensi è quella di “cessare immediatamente, e in modo assoluto, ogni tipo di repressione dei civili che protestano pacificamente”, assicurando “l’integrità fisica degli studenti universitari e in generale di tutti i cittadini”. La quarta richiesta è legata anche al dialogo nazionale che si apre oggi a Managua: i vescovi chiedono di “dare segni credibili di volontà di dialogo e pace, rispettando la dignità e la libertà delle persone”.
Proteste e crisi economica
Le proteste in Nicaragua, alle quali è seguita la dura repressione governativa, sono iniziate nelle Università statali nel mese di aprile dopo l’annuncio di una riforma previdenziale, poi ritirata, che avrebbe aumentato i contributi richiesti a lavoratori e a datori di lavoro per garantire stabilità finanziaria all’apparato pensionistico. Un sistema, come l’economia nicaraguense nel suo complesso, fortemente indebolito anche in seguito alla crisi in Venezuela. L’esecutivo di Caracas, infatti, non più in grado di garantire – come ha fatto in passato – aiuti al governo di Managua che, in 10 anni, hanno superato 3.500 milioni di dollari. Secondo l’economista Carlos Benavente Gómez, “la società nicaraguense affronta problemi economici che influiscono sull’unità e sulla stabilità delle famiglie”. La struttura delle imposte e delle esenzioni ha portato inoltre ad “una elevata concentrazione della ricchezza e del reddito”. Anche la spesa sociale è drasticamente ridotta: il Nicaragua, sottolinea infine Benavente, “occupa i livelli più bassi dell’America per le spese riguardanti la salute e l’istruzione”.
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