Nicaragua: speranze di pace dopo un anno di crisi
© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – È passato un anno dall’inizio della crisi in Nicaragua. Il bilancio di tensioni e violenze è drammatico: almeno 320 i morti e oltre 60 mila le persone costrette a fuggire dal Paese. Ripercorriamo i momenti più significativi di quest’anno, segnato da forti sofferenze ma anche da speranze.
È il 18 aprile del 2018. In Nicaragua viene annunciata una riforma previdenziale voluta dal governo guidato dal presidente Ortega. Il provvedimento prevede un incremento dei contributi richiesti a lavoratori e datori di lavoro. L’obiettivo è quello di assicurare stabilità finanziaria alle disastrate casse del sistema pensionistico nicaraguense. La decisione innesca una protesta pacifica, promossa da movimenti studenteschi. Ma viene repressa nel sangue dalle forze governative.
22 aprile, appello di Papa Francesco
Quattro giorni dopo l’inizio delle proteste, Papa Francesco lancia al termine del Regina Coeli un accorato appello per il Nicaragua ed esprime la propria preoccupazione. “Mi unisco ai vescovi – afferma il Pontefice – nel chiedere che cessi ogni violenza, si eviti un inutile spargimento di sangue e le questioni aperte siano risolte pacificamente e con senso di responsabilità”.
Ritiro della riforma delle pensioni
Pochi giorni dopo lo scoppio delle proteste, il presidente nicaraguense, Daniel Ortega, ritira la riforma delle pensioni. Le manifestazioni contro il governo non si fermano. I dimostranti chiedono la rinuncia al potere da parte di Ortega, ex guerrigliero sandinista che nel 1979 ha posto fine alla dittatura di Anastasio Somoza. Sono giorni segnati da forti tensioni in cui il cardinale Leopoldo Brenes, arcivescovo di Managua, invita in particolare i giovani ad “usare sempre il dialogo come miglior mezzo per la soluzione dei problemi”.
Pellegrinaggio di preghiera per la pace e la giustizia
Una settimana dopo l’inizio delle proteste duramente represse dalle forze governative, decine di migliaia di persone scendono nuovamente in piazza a Managua per partecipare al pellegrinaggio di preghiera “per la pace e la giustizia”, promosso dalla Chiesa cattolica nicaraguense. I vescovi ribadiscono la loro disponibilità ad essere mediatori e testimoni del dialogo fra il presidente Ortega e i diversi settori che animano la protesta.
16 maggio 2018, apertura del dialogo nazionale
È il 16 maggio del 2018 ed è passato quasi un mese dallo scoppio delle proteste. È il giorno in cui, nel Paese, si apre il dialogo nazionale per la risoluzione della crisi. La Chiesa partecipa come “mediatrice e testimone”. Il luogo scelto è il Seminario nazionale di Nostra Signora di Fatima a Managua. Al tavolo negoziale prendono parte anche rappresentanti di studenti e imprenditori. La Chiesa nicaraguense sottolinea in un comunicato che accompagna le proposte in grado di rispondere “alla dignità della persona umana e al bene comune”.
La Chiesa interrompe la mediazione
Dopo pochi giorni dall’apertura del dialogo, la Conferenza episcopale nicaraguense annuncia la sospensione della mediazione. “È stato impossibile andare avanti con il dialogo nazionale perché non siamo nemmeno riusciti a cominciare con l’agenda per la democratizzazione”, scrive su twitter il vescovo ausiliare di Managua, mons. Silvio José Báez Ortega. La presa di posizione dei vescovi – riferisce L’Osservatore Romano – va ricollegata alla situazione di stallo cui è giunto il dialogo nazionale.
Violenza inumana
Alla fine del mese di maggio, dopo nuove violenze da parte di gruppi armati favorevoli al governo, i vescovi del Nicaragua ribadiscono l’impossibilità di ritornare al tavolo del dialogo nazionale “fin quando si continuerà a negare al popolo nicaraguense il diritto a manifestare pacificamente”. La Chiesa parla di “violenza inumana” e condanna “gli atti di repressione da parte di gruppi che appoggiano il governo”.
3 giugno 2018, nuovo appello del Papa
“Mi unisco ai miei fratelli vescovi del Nicaragua nell’esprimere dolore per le gravi violenze, con morti e feriti, compiute da gruppi armati per reprimere proteste sociali”. Con queste parole Papa Francesco lancia, il 3 giugno dopo l’Angelus, un nuovo appello per il Nicaragua. ” La Chiesa – aggiunge il Pontefice – è sempre per il dialogo, ma questo richiede l’impegno fattivo a rispettare la libertà, e prima di tutto la vita”.
Il Papa si unisce agli sforzi dei vescovi
Il primo luglio, dopo la recita dell’Angelus, il Papa rinnova la propria preghiera “per l’amato popolo del Nicaragua”. “Desidero unirmi – afferma Francesco – agli sforzi che stanno compiendo i vescovi del Paese e tante persone di buona volontà, nel loro ruolo di mediazione e di testimonianza per il processo di dialogo nazionale in corso sulla strada della democrazia”.
Preghiera più forte delle violenze
Il mese di luglio è segnato ancora da scontri e tensioni. Le immagini delle suore che pregano davanti a dei militari sono l’emblematica testimonianza di un popolo che spera nel dialogo nonostante il dramma delle violenze. Prosegue la campagna di repressione condotta del governo, con l’intento di rimuovere le barricate innalzate dai manifestanti in varie regioni del Paese. Si registrano, da parte di forze governative, anche attacchi diretti contro luoghi di culto e chiese.
Chiesa perseguitata dal regime
La Chiesa cattolica in Nicaragua è perseguitata dal regime del presidente Daniel Ortega. Ad affermarlo è il cardinale Leopoldo Brenes Solorzano, presidente della Conferenza episcopale del Paese e della Commissione per il dialogo nazionale. Il porporato pronuncia queste parole il 22 luglio, nel giorno in cui si celebra la Giornata di preghiera indetta dal Celam, il Consiglio episcopale latinoamericano.
Rapporto dell’Onu
A partire dal 18 aprile del 2018, il governo del Nicaragua ha commesso ripetute violazioni dei diritti umani. È quanto emerge dal dossier dell’Onu sulla situazione nel Paese, diffuso a luglio. Nel rapporto si denunciano in particolare l’uso sproporzionato della forza da parte della polizia, l’adozione di provvedimenti extragiudiziali, episodi di sparizioni forzate, di detenzioni arbitrarie e di tortura.
Agosto 2018, il Papa scrive ad Ortega
A fine agosto Francesco scrive al capo di Stato nicaraguense. In un messaggio indirizzato al presidente del Nicaragua in vista della festa nazionale del 15 settembre, Papa Francesco auspica che Gesù, “Principe della pace”, conceda a tutti “i doni di una fraterna riconciliazione e una pacifica e solidale convivenza”. Il Pontefice invia anche un cordiale saluto e assicura le sue preghiere per i figli e le figlie dell’amata nazione nicaraguense.
L’Osa condanna le violenze
Nel mese di settembre l’Organizzazione degli Stati americani (Osa) chiede al presidente nicaraguense Daniel Ortega di riprendere il dialogo nazionale e di collaborare nuovamente con la missione Onu per i diritti umani, espulsa dal Paese. L’Osa esprime anche “forte condanna degli atti di violenza, repressione e violazioni dei diritti umani e degli abusi” commessi contro la popolazione del Nicaragua.
Primo gennaio 2019, annullata processione a Managua
Il 2019 si apre con l’annullamento a Managua della tradizionale processione con la presenza del Santissimo Sacramento. Viene invece annunciata una giornata di preghiera ed una Messa nella cattedrale. La decisione, si legge in un comunicato dell’arcidiocesi di Managua, è stata presa per favorire “ulteriormente l’ambiente di preghiera e di riflessione della comunità ecclesiale”.
A marzo ripresa del dialogo tra governo e opposizione
Nel mese di marzo di quest’anno viene ripreso il dialogo nazionale alla presenza dell’arcivescovo di Managua e presidente della Conferenza episcopale nicaraguense, il card. Leopoldo José Brenes. I negoziati vedono la partecipazione del governo, del cartello di opposizione “Alleanza Civica”, degli imprenditori e della Chiesa cattolica come testimone.
Pasqua 2019 tra speranze di pace
Ad aprile si arriva ad una importante intesa. Governo e opposizione raggiungono un accordo per la liberazione dei detenuti politici e per il ripristino delle libertà democratiche. L’intesa è controfirmata dal nunzio apostolico, mons. Waldermar Stanislaw Sommertag, che auspica una rapida soluzione pacifica delle gravi difficoltà sociali e politiche che affliggono il Paese.