Medio Oriente: prosegue offensiva israeliana

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Medio Oriente, un palestinese è stato ucciso nel nord della Striscia di Gaza, facendo salire a 25 il numero dei morti dall’inizio dell’offensiva sferrata per liberare il soldato dello Stato ebraico. Il presidente palestinese, Abu Mazen, ha duramente condannato gli attacchi israeliani degli ultimi giorni a Gaza e li ha definiti “un nuovo crimine contro l’umanità”. Nei Territori, intanto, il ministro dell’Interno ha ordinato alle forze palestinesi di sparare contro i soldati israeliani. Hamas ha anche annunciato un possibile accordo con Israele per arrivare al rilascio del soldato dello Stato ebraico. Su questi ultimi sviluppi della politica palestinese ascoltiamo, al microfono di Amedeo Lomonaco, il direttore del Centro italiano per la pace in Medio Oriente, Janiki Cingoli:

R. – L’annuncio è una cosa, i fatti sono un’altra e in Medio Oriente c’è sempre questo doppio livello che va tenuto presente. Occorre ben capire che il fatto che ci sia un diritto alla resistenza militare contro l’occupante non significa che questo venga esercitato; infatti, per oltre un anno, Hamas ha rispettato la tregua che era stata mediata dagli egiziani. Il problema è che c’è in atto un braccio di ferro: nessuno vuole perdere la faccia. Io ritengo che, complessivamente, entrambe le parti stiano lavorando con una certa cautela in questa situazione che si è venuta a creare.

Dialogo o guerra

D. – Quindi siamo di fronte ad un bivio. La situazione può sfociare in un durissimo confronto militare oppure in una nuova fase di dialogo…

R. – Il Medio Oriente è permanentemente davanti a un bivio. La questione reale è che ci sono stati alcuni elementi significativi. Da un lato, da parte palestinese c’è l’approvazione di questo cosiddetto documento dei prigionieri che, per la prima volta, contiene un riconoscimento indiretto dello Stato israeliano. Il testo dichiara, infatti, che lo Stato palestinese che si vuole costituire è dentro i confini storici del ’67. L’altro elemento di novità è, da parte israeliana, il fatto che il ministro degli Esteri ha avanzato,recentemente, l’ipotesi che il ritiro in Cisgiordania non sia più unilaterale ma un ritiro che crei uno Stato palestinese provvisorio; poi si tratterebbe, entro un periodo definito di tempi, sui confini definitivi. Ci sono quindi aperture ma anche limiti da una parte e dell’altra. Tuttavia, la questione reale è che entrambe le parti hanno fatto dei passi che sono importanti ma, contemporaneamente, mostrano i muscoli per dimostrare che non sono deboli quando si siederanno al tavolo delle trattative.

Rischi per l’intera regione

D.- Quale influenza può avere per tutta la regione mediorientale l’acuirsi del conflitto nei territori palestinesi?

R. – Se ci sarà una escalation delle violenze, ci saranno ripercussioni di destabilizzazione in tutta l’area, che già è “infettata” dalla permanenza del conflitto iracheno. Ci saranno, certamente, spinte destabilizzanti e questo potrebbe essere anche uno stimolo in favore delle frange più estremiste. Va comunque detto che, fino ad oggi, tutte leavancesdi Al Qaeda sono sempre state respinte da Hamas che non è collegata all’organizzazione terroristica ma si richiama alla fratellanza musulmana egiziana.

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By https://www.flickr.com/people/45644610@N03 [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], via Wikimedia Commons

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