Iraq: attacchi a Najaf e a Baghdad

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Iraq almeno 19 persone sono morte per nuovi attacchi a Najaf e a Baghdad. Comincia a delinearsi, intanto, il piano per il disimpegno delle Forze della coalizione: gli Stati Uniti annunciano di “voler lasciare il Paese arabo con onore” e la Gran Bretagna ha reso noto che nelle prossime settimane avvierà il graduale ritiro delle proprie truppe. Anche la Danimarca ha annunciato il ritiro dei suoi soldati dall’Iraq. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

L’Amministrazione statunitense ribadisce il proprio impegno in Iraq. Ma comincia anche a far intravedere la possibilità di una prossima conclusione del proprio intervento militare nel Paese arabo. Durante un discorso pronunciato a bordo di una portaerei statunitense vicino a Tokyo, il vice presidente americano, Dick Cheney, ha affermato che gli Stati Uniti vogliono “porre fine alla loro missione militare in Iraq”. “Gli attacchi terroristici – ha aggiunto Cheney – sono sollecitati dalla percezione di una debolezza”.

Kamikaze a Najaf

Sul terreno, intanto, la mancanza di un’adeguata sicurezza ha dato la possibilità ad un kamikaze di compiere una nuova strage: un attentatore suicida si è fatto saltare in aria a Najaf provocando la morte di almeno 16 persone, tra cui diversi civili. A Baghdad sono rimaste uccise altre tre persone per l’esplosione di una bomba.

Disimpegno britannico dall’Iraq

In questo drammatico scenario si profila poi l’inizio di un graduale disimpegno del Regno Unito dall’Iraq: il primo ministro Tony Blair ha annunciato che il numero dei soldati britannici impegnati in Iraq scenderà “nei prossimi mesi” da oltre 7.000 a 5.500. Annuncio simile anche a Copenaghen, dove il primo ministro Anders Fogh Rasmussen ha dichiarato che i soldati danesi in Iraq, circa 470, saranno rimpatriati entro agosto. Le decisioni di Gran Bretagna e Danimarca di avviare il ritiro dei propri contingenti arrivano poche settimane dopo quella di Washington di inviare 21.500 uomini a sostegno dei 138 mila soldati statunitensi già dislocati in Iraq.

 

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