Intervista con padre Zanotelli sulla globalizzazione

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Ci soffermiamo oggi sul complesso fenomeno della globalizzazione. Già nella lettera Enciclica Centesimus Annus, Giovanni Paolo II sottolineava che l’economia di mercato, se controllata dalla comunità, è un modo per rispondere adeguatamente alle necessità economiche delle persone pur rispettando la loro libera iniziativa. Ma come promuovere una globalizzazione equa e solidale? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto al missionario comboniano, padre Alex Zanotelli:

 

R. – Per avere una globalizzazione equa e solidale dobbiamo rimettere radicalmente in discussione un sistema, quello economico-finanziario. E’ chiaro che questo tipo di globalizzazione che stiamo avendo oggi non possiamo accettarla. Non perché la globalizzazione sia qualcosa di male, anzi. E’ la prima volta, infatti, che gli uomini cominciano a capire di trovarsi sulla stessa barca e che si devono salvare insieme. Purtroppo, questo tipo di globalizzazione è stato preso in mano proprio dai potentati economico-finanziari per i loro interessi. La globalizzazione dà benefici essenzialmente ad un 20 per cento della popolazione mondiale, mentre gli altri ne soffrono sempre di più. Quello che ci chiede Dio, se vogliamo tutti vivere a questo mondo, è che ci si muova verso un’economia di uguaglianza. Dobbiamo invece dire di no ad un’economia di opulenza imperiale, di ostentazione della ricchezza.

Sviluppi della globalizzazione

D. – Quali potrebbero essere gli sviluppi e le prospettive di questo processo, di questo scenario?

R. – Con quanto avvenuto con il crollo dell’Est, del comunismo, siamo entrati in una nuova era storica, caratterizzata da un’economia di mercato. C’è stato un grande grido di trionfo, come se davvero fosse arrivata l’età messianica. Purtroppo ci siamo accorti subito che eravamo ben lontani dall’età messianica. Dio sognava per il suo popolo un’economia di uguaglianza, ma non ci si può arrivare così automaticamente. Ogni società, lasciata a se stessa, tende a strutturarsi nella disuguaglianza.

Economia di uguaglianza

D. – Come instaurare allora un’economia di uguaglianza?

R. – Solo una politica che persegua la giustizia potrà permettere l’instaurarsi di un’economia di uguaglianza. Tutti gli apparati, cioè la gente eletta dal popolo, devono stare attenti soprattutto al grido dei poveri, degli ultimi, di chi non conta. E prendere decisioni che favoriscano questi e non chi ha già la pancia piena. Qual è il tradimento di oggi? Che chi decide è la finanza, l’economia. I politici sono lì come foglie di fico, per coprire le decisioni già prese.

Etica e globalizzazione

D. – Come parlare, in tutto ciò di etica?

R. – Chiaramente non potrò arrivare ad una politica di giustizia se non ho nel cuore un minimo di eticità. Ed oggi, purtroppo, sta saltando proprio l’etica. Se noi non recuperiamo l’eticità, sia per chi crede che per chi non crede non c’è futuro. Ed è qui che ci giochiamo effettivamente tutto.

D. – Come si possono tutelare i principali punti di riferimento culturali di fronte al carattere intrusivo ed invasivo della logica di mercato?

R. – Quello che mi preoccupa di più di questa economia di mercato è proprio che si sta imponendo una cultura massificante, una cultura materialista che ci sta distruggendo dentro, che ci toglie l’anima. Rischiamo fra qualche anno di trovarci senza cultura. Non c’è umanità se non al plurale.

 

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