Proteste anti immigrati a Treviso

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

I temi dell’immigrazione e dell’accoglienza dei migranti continuano a innescare forti tensioni. A Quinto di Treviso, l’arrivo di 101 profughi ha scatenato la rivolta dei residenti che ieri sera sono scesi in strada dando vita a una dura protesta. Disordini anche oggi, e i profughi sono stati trasferiti in un’ex caserma. Alta tensione, stamani, anche a Casale San Nicola, nella zona nord di Roma. Un coro di insulti e lanci di bottiglie ha accompagnato il pullman di 20 immigrati diretto a una struttura d’accoglienza. Tra i manifestanti, anche attivisti di estrema destra. Ma perché queste proteste rischiano di diventare esplosive? Amedeo Lomonaco  lo ha chiesto a don Davide Schiavon, direttore della Caritas di Treviso:

 

R. – L’arrivo non preannunciato di questi fratelli migranti, una formazione anche a livello mediatico che ha insistito su certe tematiche relative alla salute e ai pericoli senza un fondamento concreto, hanno alzato la tensione oltre misura…

D. – In questa situazione, un peso ce l’hanno anche le dure posizioni di alcune forze politiche?

R. – Credo che, indubbiamente, certe posizioni abbiano la loro ricaduta. Avere insistito su certe tematiche, non aver voluto affrontare il problema, e porre sempre il “no” hanno creato anche delle paure. Paure sono comprensibilissime, ma che possono essere affrontate se ci si siede con calma attorno a un tavolo e si prende atto che questa non è un’emergenza, ma è un fenomeno epocale che va affrontato. Un fenomeno che non si esaurisce tirando su barricate ideologiche, né forme di conservazione fuori tempo.

Veneto e solidarietà

D. – Il “no” della Lega in Veneto all’accoglienza dei migranti è una sorta di tradimento proprio nei confronti di gran parte della popolazione, che invece vede nella solidarietà la vera risposta a questo fenomeno?

R. – La gente delle nostre terre ha nel Dna questo elemento di solidarietà. Queste posizioni politiche sono espressione di una parte della popolazione, ma non di tutta la popolazione. La via che andrebbe pensata sarebbe proprio quella di un’accoglienza diffusa e, soprattutto, che le informazioni che vengono date siano corrette.

Responsabilità davanti ai migranti

D. – Come aiutare gli immigrati, soprattutto in momenti come questi segnati da tensioni, da pregiudizi?

R. – Le persone che arrivano e che quindi hanno alle spalle anche dei percorsi molto faticosi, vanno il più possibile rasserenate. Bisogna far cogliere loro, però, che la realtà in cui arrivano presenta anche delle difficoltà per le persone che sono qui. E’ importante far cogliere che ci sono dei problemi – e guai a nasconderli! Isolare queste persone significa realmente innescare delle micce molto pericolose. Quando una persona è isolata e disorientata, non ha riferimenti e facilmente poi può cadere in tutte quelle conseguenze che alcune linee politiche stanno mettendo in luce. Dietro a tutta questa situazione, ci sono nomi e cognomi di chi non si assume le responsabilità.

Accoglienza e integrazione

D. – Nel percorso di accoglienza, di integrazione e di vicinanza fondamentale è il contributo della Chiesa, anche della Caritas…

R. – Nella nostra realtà ci siamo trovati proprio con un muro da parte anche degli amministratori locali, pur con le loro motivazioni che non spetta a me certamente giudicare…  Qui, Caritas, le cooperative legate a Caritas, hanno svolto un grosso lavoro e soprattutto nell’accoglienza. Ma questo anche poi con le parrocchie, con le Caritas parrocchiali, quindi con un movimento di persone e di volontari, che il più possibile cercano di vivere questa prossimità e vicinanza a queste persone.

Non si scateni una guerra tra poveri

D. – I volti spaesati degli immigrati e quelli esasperati dei residenti sono in fondo accomunati dallo stesso timore: quello di un futuro incerto su cui gravano le ombre della precarietà, della mancanza di lavoro. È su questo che si dovrebbe concentrare anche la politica…

R. – Sì, dinanzi a un mondo che cambia non possiamo pensare che ci siano persone che restano indietro. Per cui, credo che qui le fatiche siano comuni, anche se con tonalità diverse. Credo però ci sia veramente l’urgenza di lavorare in questa direzione. L’urgenza di non continuare a scatenare una guerra tra poveri, che poi va a vantaggio dei più forti. Ma soprattutto si deve riuscire a cogliere questo grido che nasce dalle persone che vivono delle difficoltà, perché veramente ci sia un cambio di direzione. Altrimenti, andremo avanti a slogan. Smuoveremo le pance di certe persone, ci saranno atti di violenza. Ma queste non porteranno da nessuna parte. La politica, in questo momento, deve veramente avere la capacità di placare i toni, di avere quella serenità di pensiero per disegnare un percorso che sia veramente favorevole per la dignità di tutte le persone.

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By Gary Houston [CC0], from Wikimedia Commons

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