In Campania azienda incendiata dalla camorra

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Negli anni scorsi aveva fatto arrestare e condannare gli estorsori di un clan camorristico. Mercoledì scorso la sua azienda a Sessa Aurunca, in provincia di Caserta, è stata devastata dalle fiamme. Protagonista di questo impegno civico e, per questo, vittima della criminalità organizzata è Antonio Picascia, amministratore delegato della Cleprin. Poche ore dopo il rogo, la società civile si è mobilitata e ha organizzato una manifestazione davanti all’azienda che non intende cedere di fronte alle violenze della camorra. “Noi andiamo avanti”, sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco l’imprenditore Antonio Picascia:

 

R. – Noi abbiamo la certezza – la certezza – che lunedì ricominceremo a lavorare, a contattare i nostri clienti e i nostri fornitori. Stiamo già lavorando…

D. – La sua azienda è stata avvolta dal fumo, dalle fiamme, ma subito dopo lei ha detto: “Si può bruciare tutto, ma non si può riuscire a mandare in fumo un sogno”…

R. – Non ci hanno fermato! Se pensavano di farci uno sgambetto, ci hanno dato invece uno slancio ancora più forte per andare avanti. Ci sono dei danni, ci sono delle problematiche. La cosa ora sarà un po’ più difficile e complicata, ma noi ricostruiremo l’azienda più bella di prima, più efficiente di prima e raggiungeremo obiettivi più prestigiosi di quelli che abbiamo raggiunto finora.

La storia dell’azienda

D. – La storia della sua azienda – la Cleprin – è cominciata nel 1996. Nel 2007 ha bussato alla porta della Cleprin la camorra…

R. – Erano dei camorristi che volevano che noi assumessimo il fratello di un boss e questo, tra parantesi, vuol dire dare le chiavi al clan. Chiaramente noi siamo semplicemente andati dai carabinieri, come prevede la legge. Non abbiamo fatto niente di straordinario… Poi sono ritornati per chiedere soldi e anche noi siamo ritornati dai carabinieri. Loro sono stati arrestati e noi siamo andati avanti col nostro lavoro. Ci hanno chiesto testimonianza, ce lo ha chiesto Confindustria. Siamo andati e abbiamo detto: “Guardate che lo Stato c’è e ci sarà sempre ogniqualvolta un cittadino chiede legalità”. Non c’è stata nel 2007 la solidarietà della cosiddetta società civile, ma sicuramente ieri c’è stata!

Non siamo più soli

Questo vuol dire che in otto anni è cambiato tanto. E’ vero che oggi non siamo più soli. E’ vero che con il “Comitato Don Peppe Diana”, con quelli di “Facciamo un pacco alla Camorra” e con “Libera”, ieri qui c’erano tantissime persone. Quindi vuol dire che oggi siamo più forti del 1995, siamo più forti del 2007… Abbiamo superato quello, supereremo questo: per la nostra soddisfazione, per la soddisfazione di queste terre, che sono le terre di Don Peppe Diana e non terre di camorra, per i nostri sogni, la nostra famiglia, i nostri figli, noi andremo avanti più di prima e meglio di prima!

D. – Chi veramente deve avere paura è la camorra…

R. – La camorra è debole! Quello che hanno fatto non è stato un atto di forza. E’ stato un atto di debolezza. La nostra civiltà, la nostra società è sicuramente più matura.

La camorra diventa debole

D. – Quindi l’incendio della sua azienda è una manifestazione di debolezza da parte della camorra?

R. – Un topolino messo nell’angolo reagisce contro un gatto. Sa che non ce la farà, che non ce la potrà fare! Noi siamo il gatto, noi siamo i buoni che si sono arrabbiati: noi buoni ci siamo arrabbiati! Il mondo ce lo riprendiamo… Quindi dico che oggi è un bel giorno!

D. – La speranza è che la “terra dei fuochi” sia una terra dei fuochi della speranza, che si accenda veramente una nuova luce e si apra una nuova pagina…

R. – In questo caso il fuoco non è il fuoco dell’inferno, ma il fuoco della passione, il fuoco dell’amore. Un saluto a tutti e un ringraziamento alle persone che ci stanno vicino: si sente questo calore, si sente questo fuoco ed è quello buono! Il loro lo abbiamo già dimenticato e lo stiamo spazzando via!

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