A Misurata nuovi attacchi delle forze di Gheddafi

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Dopo l’accordo sul ruolo della Nato in Libia restano ancora alcuni nodi da sciogliere. Per Parigi l’Alleanza Atlantica avrà solo un ruolo tecnico e non di comando politico. Comunque, già oggi iniziano i pattugliamenti navali dell’Alleanza per far rispettare l’embargo delle armi. L’intesa è stata raggiunta dopo una serie di colloqui telefonici tra il presidente statunitense, Barack Obama, il capo di Stato francese, Nicolas Sarkozy, ed il premier britannico, David Cameron. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

All’Alleanza Atlantica viene affidato il comando unificato della missione in Libia per far rispettare la risoluzione 1973 dell’Onu che prevede l’embargo delle armi ed il rispetto della ‘no fly zone’. Ma a questo accordo si sovrappongono posizioni e prospettive di singoli Paesi non sempre convergenti. Gli Stati Uniti premono per un progressivo disimpegno americano dallo scenario bellico, la Francia parla di ruolo tecnico della Nato e non di comando politico e auspica una piena attuazione della ‘no fly zone’, il Regno Unito invoca un maggiore coinvolgimento dei Paesi arabi, anche se l’Arabia Saudita ha già escluso un proprio impegno militare.

L’Italia chiede di affidare il comando alla Nato

L’Italia, in sintonia con gli Stati Uniti e gli altri alleati, ribadisce la priorità di affidare alla Nato il comando unificato delle operazioni. L’Italia, come ha riferito il colonnello Massimo Panizzi, portavoce del presidente del comitato militare della Nato, avrà un ruolo di primo piano nella missione per il rispetto dell’embargo delle armi, con il comando della componente marittima della missione in Libia. La Nato ha anche reso noto che il flusso illegale di armi verso la Libia ”e’ un’attivita’ che continua”.

Preoccupazione della Russia

Da segnalare poi che la Russia esprime preoccupazione per “l’uso indiscriminato della forza” e chiede un immediato “cessate il fuoco”. Ancora più netta la posizione della Germania, che si ritira dalle operazioni dell’Alleanza Atlantica nel Mediterraneo. Oltre a colpire obiettivi militari, si cerca anche di limitare la struttura economica che ancora alimenta il governo libico. I Paesi dell’Unione Europea, in particolare, hanno trovato un accordo per imporre sanzioni alla Compagnia petrolifera libica. E mentre il fronte occidentale definisce nuove strategie e la leadership della missione in Libia, il colonnello Muammar Gheddafi ha ribadito ieri, davanti ad una folla radunata di fronte al suo bunker a Tripoli, di non voler lasciare il Paese.

Scontri a Misurata

Sono stati liberati intanto i tre giornalisti occidentali arrestati nei giorni scorsi dalle autorità libiche. Altri quattro giornalisti del New York Times, rimasti per una settimana nelle mani delle forze di Muammar Gheddafi, hanno inoltre riferito che sono stati bendati, ammanettati, malmenati. Sul terreno, infine, forze fedeli a Gheddafi sono entrate nel centro della città di Misurata. I morti, solo oggi a Misurata, sono almeno 17. La coalizione internazionale ha risposto con raid aerei per evitare che le truppe governative si avvicinino a Bengasi, roccaforte degli insorti e sede del Consiglio nazionale transitorio libico che oggi ha nominato un governo ad interim.

Intervista con Cristiano Tinazzi

In Libia si continua dunque a combattere e a Tripoli, bersaglio in questi giorni di diversi raid notturni, si vive oggi una situazione di calma surreale. E’ quanto sottolinea Cristiano Tinazzi, giornalista freelance raggiunto telefonicamente nella capitale libica da Amedeo Lomonaco:

R. – Come tutti gli altri giorni, dopo i fuochi della contraerea e i bombardamenti, al mattino la città si risveglia tranquillamente, con un traffico regolare, i negozi aperti e i mercati pieni di gente. I bombardamenti che vengono effettuati, comunque, a parte la caserma di Bab al Aziziya che si trova in città, sono in periferia. L’altro ieri sono stati colpiti dei magazzini della Marina militare, che si trovano nella zona portuale di Tripoli. Noi giornalisti siamo andati a vedere. Si tratta di magazzini dove venivano tenuti degli automezzi russi per il trasporto di missili e tutto il materiale per i pezzi di ricambio. E’ un magazzino-deposito, dove non ci sono armi utilizzabili.

Pericoli di vita per i giornalisti

D. – Dopo i raid, voi giornalisti spesso siete portati sui luoghi di questi bombardamenti. C’è il rischio che possiate diventare ‘scudi umani’ inconsapevoli?

R. – Quando hanno bombardato la caserma di Bab al Aziziya c’è stato questo rischio, perché subito dopo il ‘tomahawk’ che è arrivato sul compound, hanno organizzato un autobus per portarci nella caserma. Io ed altri giornalisti italiani e qualche collega straniero ci siamo rifiutati, perché ritenevamo la situazione non completamente sicura. Gli altri sono andati e poi abbiamo saputo, appunto, che all’ultimo è stato rinviato un attacco che era previsto proprio sulla caserma. E’ chiaro che se c’è la presenza dei giornalisti è difficile che le forze della coalizione possano bombardare. Ma se manca un avviso nella catena di comando, per noi questo rischio diventa concreto.

Futuro della Libia

D. – Soffermiamoci anche sul possibile futuro della Libia. Oggi la Tripolitania e la Cirenaica sono due volti nettamente distinti di questo Paese. Se ci sarà un post Gheddafi, quali saranno le priorità, proprio per cercare di ricomporre questo mosaico libico?

R. – Stanno cercando di utilizzare i consigli tribali per trovare una soluzione pacifica al conflitto che sta avvenendo in queste settimane. E’ stata organizzata una grande marcia verso Bengasi, una marcia pacifica non organizzata né dal governo né dai comitati popolari, ma dal Consiglio popolare e sociale. Si tratta di una sorta di organismo che raggruppa tutte le tribù del Paese e al quale hanno aderito anche i Warfalla. Infatti, in questo momento, ci troviamo a Beni Oualid, che è una roccaforte dei Warfalla, la tribù che in questo scenario è profondamente divisa. In ogni caso, questo è indicativo del fatto che alcune tribù, che all’inizio si erano staccate, si stanno riavvicinando, forse anche a causa dei bombardamenti stranieri: questo Paese non accetta ingerenze esterne.

Foto:

By joepyrek from Richmond, Va, USA [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], via Wikimedia Commons

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