© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Libia, prosegue l’operazione della coalizione internazionale “Odissea all’alba” con bombardamenti e incursioni aeree. Nella notte ha preso il via la terza ondata di attacchi. Obiettivo dei raid è stata soprattutto la difesa aerea libica nelle città di Tripoli e Sirte. Sull’altro fronte, si registrano nuovi attacchi delle forze governative libiche a Misurata e a Zenten. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

La priorità in questa prima fase è di proteggere la no fly zone. Per questo, la scorsa notte sono state attaccate, nella zona orientale del Paese, installazioni radar e due basi per la difesa aerea controllate dalle truppe di Muammar Gheddafi. Dalla base militare di Trapani sono decollati, stamani, anche due F-16 italiani. La televisione di Stato libica ha anche riferito di bombardamenti contro la residenza del rais a Tripoli. Il governo libico ha accusato la coalizione internazionale di aver bombardato obiettivi civili, come il porto e l’aeroporto di Sirte, provocando diverse vittime. Nuove incursioni si registrano anche ad est di Bengasi, roccaforte dell’opposizione ancora controllata dagli insorti che ribadiscono di non voler negoziare con il colonnello.

Alle operazioni aeree della coalzione multinazionale si contrappongono quelle vie terra delle truppe di Gheddafi. Misurata è tornata sotto il controllo delle forze governative che stamani hanno sferrato nuovi attacchi nel capoluogo della Cirenaica ed anche a Zenten. I morti, solo a Misurata, sono almeno 40. Un testimone ha dichiarato che l’offensiva a Misurata ha provocato la morte anche di quattro bambini, che viaggiavano a bordo di un’automobile. Fonti locali riferiscono poi che un aereo statunitense è precipitato in Libia a causa, probabilmente, di un guasto tecnico. Il pilota è stato salvato dagli insorti.

Migliaia di persone in fuga

Il governo libico, dopo aver smentito la notizia della morte di uno dei figli di Gheddafi, ha anche reso noto che, nella zona di Tobruk, sono stati arrestati tre giornalisti occidentali, due reporter dell’agenzia France Presse e un fotografo della Getty Images. L’Alto commissariato delle Nazioni Unite per i profughi sottolinea poi che i combattimenti hanno spinto migliaia di persone a fuggire dalle loro case e a rifugiarsi nell’est del Paese.

Nuovo pacchetto di sanzioni contro Tripoli

Sull’intervento militare della coalizione internazionale, intanto, manca ancora un accordo sulle modalità e sul ruolo per la partecipazione della Nato. L’Italia ha chiesto che venga rilasciata all’Alleanza Atlantica la catena di comando della missione “Odissea all’Alba”, di cui la Francia rivendica la leadership. Gli Stati Uniti, che si preparano a passare il comando delle operazioni, hanno annunciato un rallentamento dei raid. I ministri degli Esteri dell’Unione Europea hanno approvato, infine, un nuovo pacchetto di sanzioni contro Tripoli.

Intervista con mons. Martinelli

Da Tripoli giungono accorati appelli per porre fine all’intervento militare della coalizione internazionale. Sulla situazione nella capitale, ascoltiamo il vicario apostolico della città, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli, intervistato da Amedeo Lomonaco:

R. – Dopo tre giorni di bombardamento, la situazione è quanto mai cruda, terribile. Di notte le bombe non ci fanno più dormire. La città è diventata uno spettro, c’è silenzio, mortificazione, umiliazione. Tanta gente è partita dalla città, è andata nel proprio paese d’origine perché è impossibile rimanere in città. C’è veramente un’aria da cimitero. E’ vero che le bombe sono state sganciate su dei siti precisi, però la città, in un modo o in un altro, risente di queste esplosioni in piena notte. E’ davvero incredibile come, ancora oggi, si possa vivere questo tipo d’esperienza con un Paese con cui, per anni, è stata costruita con tanta pazienza e difficoltà un’amicizia che era veramente invidiabile, con tutta l’Europa e soprattutto con l’Italia.

Porre fine ai bombardamenti

D. – Il Papa, all’Angelus, ha chiesto che siano assicurati l’incolumità per la popolazione e l’accesso agli aiuti umanitari. Quali sono, a questo punto, le vie che secondo lei si possono ancora percorrere per arrivare ad un’autentica riconciliazione?

R. – Bisogna porre fine ai bombardamenti, fissare una tregua e cercare di vedere, se è possibile attraverso una mediazione, attraverso contatti di persone vicine al governo libico, di trovare una soluzione. Il Santo Padre ci ha invitato alla preghiera. Noi la preghiera la viviamo quotidianamente con il gruppo di religiose presenti. La viviamo con il piccolo resto del popolo di Dio, che è rimasto mentre molti altri sono partiti. La viviamo proprio con fede profonda, convinti che solo la preghiera, solo Dio può muovere i cuori. Ma non sono le bombe che possono darci la pace.

Appello alla comunità internazionale

D. – Questo, eccellenza, è il suo accorato appello alla comunità internazionale. Quali, invece, le sue parole al governo libico?

R. – La mancanza del governo libico è stata quella di non aver ascoltato la crisi generazionale di questi ultimi tempi, perché c’erano giovani che reclamavano diritti e forse si era mostrata più preoccupazione per la violenza o altre cose. Ho detto più volte che bisogna ascoltare questi giovani, bisogna dar loro speranza, perché ciò che non viene ascoltato poi può generare violenza dentro di loro.

Accanto al popolo di Dio

D. – Gli attacchi sulla Libia stanno ovviamente spingendo molti stranieri – ed anche molti cattolici – a lasciare il Paese. Lei, invece, ha deciso di restare accanto alla popolazione…

R. – Moltissimi sono partiti. E’ rimasto il piccolo resto del popolo di Dio. Io non posso lasciare, noi non possiamo lasciare la gente. E non soltanto i cristiani, ma anche gli amici libici, i quali ci dicono: “Grazie di essere rimasti con noi, grazie di darci ancora speranza. La vostra presenza è segno di speranza”. E’ bello perché si capisce che tutto quello che si è, non tanto quello che si fa, diventa poi un incoraggiamento vicendevole a trovare la via della pace. Tanti amici musulmani mi hanno detto: “Noi preghiamo come voi, pregate per la pace”. Mi auguro che la forza della preghiera possa aiutare la gente a ritrovare il valore dell’amicizia e del rispetto di un altro popolo – per quanto esso sia diverso – e che si possa ritrovare sempre il cammino del dialogo nella pace.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *