Shevchuk: anche nell’orrore della guerra può nascere un fiore di pace

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Nel suo quotidiano videomessaggio da Kiev, l’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč della Chiesa greco-cattolica ucraina invita a non lasciarsi sopraffare dall’odio. In Europa i vescovi della Ccee chiedono di pregare per i morti della guerra e quelli causati dal Covid. Il cuore grande della piccola Repubblica di Moldova: il vescovo di Chișinău Anton Coșa parla delle iniziative di solidarietà e di accoglienza adottate per la sterminata fila di profughi ucraini in cerca di asilo.

Quello odierno è il sesto giorno della guerra in Ucraina. Il primo marzo è anche il giorno in cui si scorgono i primi segni della primavera. Lo ricorda in un videomessaggio Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, l’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč della Chiesa greco-cattolica ucraina, che ogni giorno, quando i bombardamenti smettono di martellare Kiev, invia il suo videomessaggio, un appuntamento quotidiano. “Anche se oggi la neve bianca ha spolverato la nostra capitale – afferma – la primavera inesorabilmente arriva sulla terra ucraina. Proprio come un bucaneve che si fa strada attraverso la neve per mostrare il suo fiore, così anche il giorno di luce e di pace per la nostra terra irrompe inesorabilmente, costantemente e con forza attraverso gli orrori della guerra”.

Imparare ad amare

“In questi ultimi momenti – aggiunge l’arcivescovo maggiore di Kiev-Halyč – abbiamo assistito ai nuovi orrori della guerra. Abbiamo visto scuole, asili nido, cinema, musei distrutti, e al mattino un razzo ha colpito l’ospedale di maternità”.  Perché – chiede Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk – donne e neonati sono diventati vittime di questa guerra? “Noi preghiamo. Resistiamo”. “In questi giorni abbiamo visto l’eroismo della gente comune. Abbiamo pianto le vittime degli attentati missilistici a Kharkiv, ma ieri abbiamo anche visto gli abitanti di Berdyansk espellere, a mani nude, le forze armate dalla loro città”. Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk incoraggia tutti ad “imparare ad amare in questo momento tragico”. “Non lasciamoci sopraffare dall’odio, non usiamo il suo linguaggio e le sue parole”. Ed invita a prepararsi per il giorno di domani, a trascorrerlo come chiesto da Papa Francesco, che ha indetto in coincidenza con il Mercoledì delle Ceneri la Giornata di digiuno e preghiera per l’Ucraina.

In preghiera per la pace e per vittime del Covid

Anche la Chiesa in Europa implora la pace. Dal Mercoledì delle Ceneri, e per tutto il tempo di Quaresima, i presidenti delle Conferenze Episcopali d’Europa (Ccee) celebreranno la Messa ricordando i morti a causa della guerra e quelli mietuti dal Covid. “Vogliamo unire la nostra voce – afferma monsignor Gintaras Grušas, arcivescovo di Vilnius e presidente della Ccee – a quella del Papa perché tacciano le armi, si ponga immediatamente fine alla guerra in Ucraina e si lavori per la pace: le ragioni della pace sono più forti di ogni calcolo di interessi particolari e di ogni fiducia posta nell’uso delle armi”. Questo tempo di Quaresima è anche l’occasione “per ribadire la vicinanza della Chiesa a quanti hanno sofferto e ancora lottano contro il coronavirus, per invocare la fine della pandemia e ricordare nella Santa Messa, le vittime, le tantissime vittime del Covid”.

L’impegno della Caritas in Ucraina e nei Paesi limitrofi

Il conflitto in Ucraina vede mobilitata l’intera rete internazionale Caritas. In Ucraina, in particolare, le attività sono assicurate in 19 centri, sparsi nell’intero Paese e nei quali vengono erogati beni d’urgenza, pasti, docce, indumenti, forniture igieniche, ma anche supporto psico-sociale e servizi di trasporto. Grande cura viene inoltre prestata ai minori ospitati in 22 case-famiglia o raggiunti negli orfanotrofi pubblici. La rete Caritas ha allestito in Ucraina anche 5 Child Friendly Spaces, nell’ovest del Paese, per accogliere, accudire ed educare minori in fuga a causa della guerra. Sono intense anche le attività delle Caritas nei Paesi confinanti. Le Caritas di Polonia, Moldova e Romania sono in prima fila nell’organizzazione dell’accoglienza dei rifugiati. I flussi sono composti soprattutto da donne, bambini e anziani. In Polonia le Caritas diocesane hanno messo a disposizione 2.500 posti letto e attivato volontari per sostenere le famiglie accolte nei centri predisposti dalle autorità pubbliche. Al fine di ospitare i profughi, nella Repubblica di Moldova la Caritas ha aperto 3 centri per 500 posti letto.

Preghiera e solidarietà

“La Chiesa cattolica in Moldavia vive una esperienza nuova da quando è scoppiata la guerra in Ucraina: in questi pochi giorni di tensione siamo passati dallo sconcerto e dalla paura ad una grande catena di preghiera e adesso a tante iniziative di solidarietà e accoglienza”. È quanto sottolinea il vescovo della diocesi di Chișinău, nella Repubblica di Moldova, monsignor Anton Coșa, riferendosi alle migliaia di persone che in questi giorni hanno varcato il confine tra Ucraina e Moldavia per scappare dalla guerra.

“Il nostro dovere – spiega monsignor Anton Coșa – non è solo quello di pregare ma anche quello di agire subito con amore aprendo i nostri cuori ai bisogni dei fratelli e delle sorelle che bussano alle nostre porte. È proprio quello che stiamo facendo e lo facciamo per dare a tutti, ed anche a noi, un motivo di speranza ben sapendo che un domani potremo ritrovarci anche noi nella stessa situazione”.

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