Libia, mons. Martinelli: il Paese resti unito

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Libia gli insorti, che denunciano la lentezza delle operazioni militari della Nato, hanno nuovamente chiesto l’appoggio della coalizione internazionale a Misurata per far fronte ai bombardamenti delle forze di Muammar Gheddafi. Nel Paese, intanto, sono state scoperte drammatiche fotografie che testimoniano violenze e torture. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Le fotografie, trovate da un gruppo di giornalisti durante un tour organizzato dalle forze del rais per mostrare le conseguenze degli attacchi lanciati dai ribelli, ritraggono insorti torturati da militari appartenenti alle forze fedeli al colonnello. La Nato, intanto, ha reso noto che è stato distrutto il 30% delle forze militari libiche. Negli ultimi giorni, i raid aerei mirati contro obiettivi militari di Gheddafi – denuncia l’Alleanza Atlantica – sono diventati più “difficili”: le truppe governative usano veicoli non militari, nascondono i mezzi blindati e utilizzano i civili come scudi umani.

Messaggio di Gheddafi

Muammar Gheddafi ha inviato un messaggio al presidente statunitense Barack Obama, dopo l’annuncio americano del ritiro degli aerei da guerra dalla Libia. E nel Paese la situazione resta critica. L’Unicef, in particolare, esprime “preoccupazione per i ripetuti scontri e il loro impatto sui bambini”. Oltre 440 mila persone hanno lasciato le loro case dall’inizio delle operazioni militari. Si intravedono, comunque, spiragli di pace. Fonti locali riferiscono che Muammar Gheddafi sarebbe pronto al dialogo con i ribelli di Bengasi a patto che questi depongano le armi.

Intervista con mons. Martinelli

La comunità cattolica, tra crescenti timori per i continui combattimenti e nuovi tentativi di negoziato, resta accanto alla popolazione e affida alla preghiera le proprie speranze per la pace. E’ quanto sottolinea il vicario apostolico a Tripoli, mons. Giovanni Innocenzo Martinelli:

R. – Grazie a Dio la Chiesa è ancora attiva e presente. E’ una presenza orante e, attraverso la preghiera, cerchiamo di costruire anche la nostra speranza per questo Paese. Uno Stato che deve raggiungere, necessariamente, un modo di vivere la pace. Non abbiamo molta fiducia nelle bombe, ma abbiamo tanta fiducia proprio nella potenza di Dio, in modo che possa convertire i cuori, in particolare in questo periodo di Quaresima.

Impegno scandito dalla preghiera

D. – Un impegno, dunque, scandito dalla preghiera ed anche dalla volontà incontrovertibile di rimanere lì in Libia, nonostante tutto…

R. – Certo. Non possiamo esimerci da questo impegno, da questo desiderio di essere con i nostri amici libici una sola cosa, soprattutto nel pregare e nel servirli, e vivere con loro questo momento di prova. Sappiamo bene quanto si stia facendo per ottenere la pace. Mi auguro che ci sia veramente il modo giusto per poter rispettare la realtà della Libia, la sua tradizione e anche l’impegno a non dividerlo questo Paese, ma a fare in modo che possa essere unito per continuare la sua storia. Una storia certamente impegnata nel Mediterraneo e che vede anche la Libia come ‘ponte’ tra l’Africa e l’Europa.

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