© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

E’ iniziato a Baghdad il processo, aperto al pubblico e alla stampa, contro l’ex presidente iracheno, Saddam Hussein, accusato di crimini contro l’umanità. Il processo si svolge in una sala di un ex museo che custodiva i doni offerti dai dignitari stranieri all’ex rais. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

“Conservo i miei diritti costituzionali come presidente dell’Iraq”. Dopo queste parole Saddam ha definito “illegale” il tribunale che lo deve giudicare e ha rifiutato di fornire le sue generalità. Rivolgendosi al magistrato ha detto: “Tu sai chi sono. Tu sei iracheno e sai molto bene che non mi arrendo”. “Per rispetto al glorioso popolo iracheno – ha aggiunto – mi rifiuto di rispondere”. Saddam, apparso dimagrito, è entrato per ultimo nell’aula, con passo lento e con il Corano sotto il braccio. L’ex dittatore poco prima dell’apertura si è incontrato con alcuni alti funzionari del governo iracheno e poi si è seduto accanto al fratellastro Barzan al-Tikriti, ex capo dei servizi segreti.

Udienza sospesa

L’udienza è stata poi brevemente sospesa per problemi all’impianto audio. Durante il processo dovrà rispondere a imputazioni per crimini di guerra e contro l’umanità, tra le quali anche il massacro di migliaia di curdi nel 1988. Il primo capo d’accusa riguarda la strage di sciiti avvenuta l’8 luglio del 1982 nel villaggio di Dujail. Su questa strage, Saddam si è dichiarato “non colpevole”. Quel giorno Saddam, dopo essere uscito illeso da un’imboscata nei pressi di Dujail, ordinò di deportare 900 persone in un lager in mezzo al deserto. Dopo un processo sommario, 143 persone furono condannate a morte e uccise.

A Dujail e a Tikrit manifestazioni contrapposte

Il tribunale speciale iracheno ha deciso di esaminare per primo questo drammatico episodio ritenendo di disporre di una documentazione ampia e chiara. Prima dell’inizio del procedimento giudiziario, proprio gli abitanti di Dujail hanno sfilato, stamani, contro Saddam. Tra le strade di Tikrit, città sunnita di origine dell’ex rais, si è tenuta invece una manifestazione in favore del deposto presidente iracheno.

L’ex rais rischia la pena di morte

La difesa di Saddam, che rischia di essere condannato a morte, è stata assunta per l’udienza di oggi da un avvocato sunnita di 42 anni che ha già anticipato di voler richiedere un rinvio del processo di qualche settimana. Il legale ha anche detto che “la sentenza è stata già scritta”. I giudici sono cinque e come presidente del collegio dei giudici è stato nominato un magistrato di etnia curda. Gli avvocati dell’accusa e della difesa non sono autorizzati a procedere ad interrogatori diretti, ma devono far richiesta al giudice, l’unico autorizzato a condurre l’interrogatorio. A Baghdad, infine, si deve registrare un grave episodio: uomini armati hanno assassinato il sindaco della capitale irachena.

Intervista con il prof. Ugo Draetta

Ma che tipo di processo è questo a Saddam? Risponde al microfono di Amedeo Lomonaco il professore di diritto internazionale all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Ugo Draetta:

 

R. – E’ un processo iracheno, dello Stato iracheno, che ha istituito un tribunale speciale per giudicare un iracheno per crimini commessi in Iraq. Non è il tribunale penale internazionale, il quale non avrebbe potuto essere utilizzato, perché i crimini commessi sono stati posti in essere prima dell’istituzione del Tribunale penale internazionale. Né Iraq, né Stati Uniti hanno inoltre sottoscritto il trattato che l’ha istituito. Quindi, non è un tribunale internazionale. Non è nemmeno assimilabile al processo di Norimberga, perché il processo di Norimberga fu un processo tedesco, gestito dalle potenze occupanti. Quindi, l’autorità la esercitavano i quattro Stati vincitori. Questo è un tribunale iracheno, dello Stato iracheno, e la presenza americana lì non lo qualifica come un tribunale delle potenze occupanti.

Un processo con sentenza non già scritta

D. – Uno degli avvocati difensori di Saddam ha detto che la sentenza è già stata scritta. Può essere davvero così?

R. – E’ ovvio che il difensore dica queste cose. Non so se la sentenza sia stata scritta. Credo non sia così. Non so come i giudici valuteranno i crimini di Saddam. Certo la sentenza non sarà stata scritta, ma è presumibile la sentenza di condanna. E’ importante, però, che il processo ci sia e non ci sia giustizia sommaria.

A giudicare è un tribunale iracheno

D. – Le decisioni di avviare il processo e di affidare il giudizio di Saddam ad un tribunale iracheno sono, quindi, i due passi fondamentali di questo procedimento giudiziario?

R. – Saddam è giudicato dai suoi concittadini, i quali sono chiamati a fare i conti con il loro passato per avviarsi su questo faticoso cammino della democrazia, che non può cominciare se non si fanno i conti con il passato. Il fatto che l’Iraq lo processi è una buona cosa e che siano gli iracheni a farlo è un barlume di speranza in un’area ancora così conflittuale.

 

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