Funerali di Fortugno, intervista con mons. Bregantini

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Almeno otto mila persone hanno partecipato ieri, a Locri, ai funerali di Francesco Fortugno, vicepresidente del Consiglio regionale calabrese ucciso domenica scorsa. Il ministro dell’Interno italiano, Giuseppe Pisanu, ha confermato stamani che si è trattato di un delitto di stampo mafioso e ha detto che servono risposte non emotive ma dure. Nell’omelia, il vescovo di Locri-Gerace, mons. Giancarlo Maria Bregantini, ha sottolineato che l’omicidio di Fortugno non deve essere subito ma trasformato. Ma in che modo? Ascoltiamo proprio il presule intervistato da Amedeo Lomonaco:

 

R. – Attraverso una “presa di coscienza” che passa tramite tre scelte: una Chiesa più profetica; una società meno assistita e più consapevole; una politica più attenta alle esigenze della gente e più capace di vegliare sul cammino del denaro, in modo da orientare il cammino per il bene di tutti.

Annunciare, denunciare e rinunciare

D. – Queste scelte fondamentali sono, dunque, l’annuncio, la denuncia e la rinuncia…

R. -Io ho indicato la bellissima omelia del Papa Benedetto XVI sulla spianata di Mariaenfeld ai giovani: bisogna inchinarsi a Cristo, non ai potenti, non ai mafiosi, non a chi ti offre un posto; bisogna denunciare, con coraggio, soprattutto dove c’è l’usura. E poi bisogna saper rinunciare.

Le opzioni criminali

D. – Le opzioni criminali sono invece l’intimidazione, la violenza e il controllo del territorio. Perché in Calabria questo iter criminale viene percorso da molti malavitosi?

R. – Questa è una domanda amara, perché purtroppo questa è la situazione della Calabria. Per tante ragioni che affondano in una storia antichissima di abbandono e di dimenticanza di questa terra. E poi per il clima di paura che la mafia crea e che a sua volta dà spazio alla mafia. Lentamente si sta cercando di uscire da questa situazione. I germogli ci sono e sono molto positivi, ma non sono ancora adeguati per fare un salto definitivo.

Ndrangheta e politico

D.- La ‘ndrangheta vuole, dunque, dominare e sottomettere la politica. E il mondo politico come reagisce?

R. – Ieri ha reagito benissimo. C’è stata la solidarietà di tutta l’Italia. Siamo stati veramente consapevoli che la politica ha voluto dire di ‘no’ a questi atti di intimidazione, al punto tale che questo gesto potrebbe alla fine rivelarsi un ‘autogol’ della mafia stessa, se noi saremo in grado di reagire positivamente alla violenza subita.

Purificazione socio-culturale

D. – Lei ha indicato nella purificazione socio-culturale, frutto maturo della purificazione spirituale, la leva per superare il circolo vizioso dell’assistenzialismo e della speculazione…

R. -Ritengo che la mentalità assistenzialistica, prodotta da tante situazioni assurde, specie in Calabria e in certe zone come la nostra, abbia devastato la cultura etica: la cultura dell’impegno, del lanciarsi nella sfida, dell’essere capaci di prendere le proprie responsabilità e di non additare gli altri. Non basta dire ‘voi’, bisogna dire ‘noi’. Non basta dire ‘tu’, ma ‘io’. La vera risposta alla mafia è questa presa di coscienza della logica etica positiva.

Ndrangheta è terrorismo

D. – La ‘ndrangheta, realtà calabrese e italiana, è anche la metafora di un mondo ingiusto…

R. – Si potrebbe chiamare terrorismo mafioso. Come c’è il terrorismo in Iraq o in altre zone del mondo, c’è questo terrorismo, che va combattuto insieme.

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