© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Iraq, almeno 9 persone hanno perso la vita, stamani, per l’esplosione di un’autobomba a Baghdad. E’ salito poi ad almeno 250 morti il bilancio, ancora provvisorio, degli attentati compiuti sabato sera nel nord del Paese contro la comunità religiosa degli Yazidi. Ma il bilancio, già pesantissimo, sembra destinato ad aggravarsi: sono ancora molti i dispersi e alcune fonti parlano di oltre 500 vittime. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

I soccorritori cercano ancora corpi tra le macerie di diversi edifici completamente distrutti. Le modalità degli attacchi non sembrano lasciare molti dubbi: secondo l’esercito americano dietro l’attacco multiplo, il più grave dall’inizio della guerra nel 2003, c’è molto probabilmente la mano di Al Qaeda. Agli attentati kamikaze, che hanno colpito gli Yazidi, di origine prevalentemente curda e considerati infedeli dai gruppi militanti sunniti, è seguita l’immediata, dura condanna da parte della comunità internazionale. Il segretario generale dell’ONU, Ban Ki-moon, si è detto “traumatizzato e rattristato” e ha ribadito l’urgente necessità di una effettiva cooperazione tra tutte le forze politiche irachene per proteggere i civili e per promuovere un’autentica riconciliazione nazionale.

Condanna degli attentati

I leader iracheni, compreso il primo ministro sciita Nouri al Maliki ed il presidente curdo Jalal Talabani, hanno subito condannato gli atroci attentati e hanno disposto l’apertura di un’indagine. Il capo di Stato ed il primo ministro hanno anche annunciato la nascita di un accordo “per rilanciare il processo politico” cui aderiscono i maggiori partiti curdi e sciiti. Nel nord dell’Iraq, le autorità hanno poi forzato le misure di sicurezza e, nell’area al confine con la Siria, è stato imposto il coprifuoco totale. Ma le violenze continuano: almeno quattro persone, tra cui un bambino, sono rimaste uccise ieri sera a causa di un attacco sferrato nel distretto curdo della città di Mosul.

Intervista con mons. Najim

In Iraq, l’appartenenza ad una minoranza, si conferma purtroppo una delle leve usate dai terroristi per alimentare l’odio e rendere insicuro il Paese. E’ quanto sottolinea, al microfono di Amedeo Lomonaco, il Visitatore apostolico per i fedeli caldei in Europa, mons. Philip Najim:

R. – Questi attentati dimostrano l’odio per tutta la popolazione irachena da parte di quelli che vogliono creare divisione in Iraq e che vogliono demolire il Paese. Attaccare queste piccole comunità che vivono in Iraq da migliaia di anni e che sono native del Paese, dimostra che non vogliono che la pace e la prosperità progrediscano nel Paese; è un atto veramente terroristico – da noi tutti condannato – contro l’uomo, contro la popolazione irachena.

La questione delle minoranze

D. – Cosa serve per rendere le minoranze parte integrante dello Stato iracheno?

R. – Fanno parte del popolo iracheno, questa è la composizione del popolo iracheno, di questo ‘giardino iracheno’ che è composto da tante etnie e diverse comunità. L’Iraq non è di nessuno, è di tutti gli iracheni. Come ci sono gli sciiti, i sunniti, i cristiani, i turcomanni e i curdi ci sono anche altre etnie. Ogni membro di questo popolo iracheno ha il diritto di essere rispettato, il diritto di vivere nel Paese; devono essere garantiti i diritti di tutti dalla Costituzione irachena. Ma io non vedo, praticamente, nessuna democrazia oggi in Iraq. Il governo iracheno non si rende conto della sua responsabilità verso tutta la popolazione.

Il governo curdo e gli yazidi

D. Il governo curdo ha garantito finora misure di sicurezza per tutelare la comunità degli Yazidi, presenti soprattutto nel Kurdistan iracheno?

R. – Praticamente, il governo curdo garantisce quello che può garantire secondo le sue possibilità; però c’è uno Stato iracheno, c’è un governo, che è stato formato secondo la Costituzione. Deve essere responsabile verso questa popolazione. Non può esserci un governo iracheno, composto da tante etnie, che non guarda gli interessi del popolo iracheno; oggi come oggi, il minimo che si possa garantire per la sicurezza della popolazione, non viene fatto.

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