© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

La fede non si può difendere reprimendo il pensiero e la libertà della persona: è il monito che emerge dal controverso periodo storico dell’Inquisizione, del quale si è occupato il terzo seminario internazionale: “I domenicani e l’Inquisizione romana”. Il Convegno, promosso dall’Istituto storico domenicano e conclusosi nella sede della Pontificia Università San Tommaso a Roma, ha messo in luce le ombre di quell’esperienza storica, ma anche qualche attenuante che ridimensiona in parte quanto accaduto. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

Il terzo seminario internazionale “I domenicani e l’inquisizione” ha messo in luce come l’Ordine domenicano sia stato pienamente coinvolto nell’azione repressiva del Sant’Uffizio, istituzione fondata nel 1542. Questa azione è stata affiancata anche da finalità tese all’educazione e alla difesa della cristianità. Su queste priorità ascoltiamo il cardinale George Cottier, già teologo della Casa Pontificia, che ha inaugurato l’incontro.

“L’intenzione di fondo dell’Inquisizione era la difesa della fede. L’idea era di impedire con mezzi giuridici e azioni anche violente la diffusione dell’eresia. Nell’Inquisizione c’è un errore profondo, di tipo psicologico: quello secondo cui la coercizione fisica possa impedire la diffusione delle idee. Oggi, al contrario, la coercizione favorisce la diffusione delle idee. Certamente, l’uso della violenza per impedire l’eresia ha portato a grandi abusi”.

Una storia da distinguere da altre drammatiche pagine

Il cardinale Cottier sottolinea, poi, come questa storia di abusi debba comunque essere distinta da altre drammatiche pagine di storia:

“Abbiamo l’esperienza storica dei grandi totalitarismi che hanno perseguitato le idee con modalità che non si possono paragonare a quello che ha fatto l’Inquisizione. L’Inquisizione, infatti, era molto più moderata ed era condotta con una preoccupazione di equità e di rispetto del diritto. Preoccupazioni che, invece, non hanno riguardato i grandi sistemi totalitari. Dobbiamo anche tener conto della mentalità differente e del contesto storico e ridimensionare l’Inquisizione di cui si fa un mito”.

Molte condanne

L’Inquisizione presenta molteplici lati oscuri e atrocità per le quali Giovanni Paolo II ha chiesto perdono. Ma quante sono state le condanne e le vittime di queste sentenze? Risponde il segretario dell’istituto storico domenicano, padre Carlo Longo:

“Non sono stati compiuti studi seri. Certamente ci furono molte condanne. Ci furono sicuramente molte condanne capitali, anche in numero rilevante. Però, ancora non si può dire se le vittime furono 1000, 500 o 50.000. Molto spesso quello che si dice o è frutto di esagerazione, di una “la leggenda nera”, o è il risultato di giustificazioni, di una “la leggenda rosa”.

La vicenda di Giordano Bruno

Tra le vittime dell’Inquisizione, Giordano Bruno, è quella più nota. Quale eredità ci ha lasciato Giordano Bruno?

“E’ certamente un insegnamento in negativo. La fede si propone e non si reprime. Non si ottiene niente uccidendo la gente. Il sistema europeo cattolico della Controriforma doveva difendersi perché aveva grandi paure. Si difendeva con le proprie armi e, purtroppo, una di queste armi era l’Inquisizione.

L’esperienza dell’Inquisizione è dunque chiusa ma da questa pagina storica possiamo trarre un monito sempre valido. Ancora padre Longo:

“E’ certamente un monito verso i sistemi politici vigenti che cercano di imporre con la forza idee politiche che non sono quelle che la gente vorrebbe”.

La verità non si impone

Le idee, anche quelle che difendono la verità, non devono dunque mai essere imposte con la violenza. E’ questo il principale insegnamento che possiamo ricavare dalla storia dell’Inquisizione.

Sul tema dell’inquisizione padre Carlo Longo si era soffermato, al microfono di Amedeo Lomonaco, anche prima dell’apertura del seminario:

R – Questo terzo seminario rientra in una grande programmazione di riflessione. Affronta il coinvolgimento dei domenicani nell’Inquisizione romana, cioè nel Sant’Uffizio, struttura che ebbe vita a metà del Cinquecento e durò fino a quando non fu trasformata in Congregazione per  la dottrina della fede. Saranno affrontati tutti gli aspetti, anche quelli più particolari o scabrosi proprio per fare chiarezza, per avere un’idea chiara di quel che fece il Sant’Uffizio e di quel che fecero i domenicani nel Sant’Uffizio.

Legame tra Inquisizione e Domenicani

D. – Padre, quali sono le implicazioni storiche del legame tra Inquisizione e Domenicani?

R. – I domenicani dall’inizio ebbero sempre il ruolo di Commissario, spesso anche quello di cardinale-inquisitore. Furono pienamente coinvolti come inquisitori e anche come gestori delle Inquisizioni locali ed ebbero ruoli di primo piano. Però ci furono anche – e se ne parlerà nel seminario – domenicani inquisiti. Un domenicano famoso, Giordano Bruno, è stato bruciato.

Cardinali inquisitori

D. – Tra i cardinali inquisitori c’è qualche figura che vuole ricordare?

R. – Uno dei grandi Inquisitori domenicani fu una delle persone più illuminate che il Sant’Uffizio ebbe. Si tratta del cardinale Vincenzo Maculano, un porporato che si lasciava poco suggestionare dai preconcetti. Salvò, ad esempio, Galileo Galilei e Tommaso Campanella.

Non solo pagine nere

D. – Qual è il filo conduttore del seminario?

R. – Il filo conduttore è quello di stabilire quali furono le cose vere e quali sono i cliché che ci portiamo dietro. Sull’Inquisizione, sul Sant’Uffizio si è fatto tanto romanticismo. Ci furono certamente pagine nere, ma ci furono anche tante “larghezze” delle quali non sappiamo niente.

Inquisizione molto articolata

D. – Perché questi aspetti non sono stati rilevati?

R. – La pubblicistica normale vede Inquisizione, Sant’Uffizio, Inquisizione di Sicilia come una cosa truce. Ma, in realtà, l’Inquisizione è molto articolata. I domenicani, dentro queste strutture sapevano distinguere l’eresia da forme di pazzia, di isterismo e di esaltazione religiosa. Bisogna valutare l’Inquisizione per quello che è stata e non per quello che ci hanno detto che sia stata.

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