Centrafrica: la gioia del Natale accende, anche tra le ombre, luci di speranza

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Da una delle regioni più povere al mondo, la testimonianza del carmelitano padre Federico Trinchero: “Per noi, in questo Natale, sono molteplici i motivi per cui rendere grazie al Signore, nonostante la situazione del Paese sia fragile”. E precisa: dopo cinquant’anni siamo ancora qui, ci sono delle vocazioni, giovani che integrano la nostra famiglia religiosa e continuano l’opera dei primi missionari.

È un Natale di ringraziamento quello che vive la Chiesa nella Repubblica Centrafricana. Qui la famiglia carmelitana ha da poco celebrato il 50.mo anniversario di presenza missionaria. Padre Federico Trinchero ricorda che l’anno scorso, alla vigilia delle elezioni, tensioni e violenze avevano scosso il Paese. Ora la situazione è abbastanza tranquilla, anche se lo scenario sociale ed economico resta ancora molto fragile e precario. Nella storia di questa nazione resta impressa la visita di Papa Francesco che, il 29 novembre del 2015, ha aperto a Bangui la Porta Santa del Giubileo della Misericordia. “Oggi Bangui – aveva detto in quell’occasione il Pontefice – diviene la capitale spirituale del mondo”. Quella capitale e la Repubblica Centrafricana – sottolinea a Vatican News il religioso – celebrano il Natale guardando al futuro anche con gli occhi, intrisi di Vangelo, di giovani che in questa terra martoriata percorrono cammini illuminati dalla vocazione.

In questo momento – sottolinea padre Trinchero – la situazione nella Repubblica Centrafricana “è abbastanza tranquilla”, soprattutto se paragonata allo scenario di dicembre 2020, quando diverse città erano state occupate da gruppi ribelli con l’obiettivo di sabotare le elezioni imminenti. Adesso si può viaggiare in varie zone del Paese. Nella parte orientale, invece, “è ancora molto forte la presenza di gruppi ribelli”.

Cantieri di lavoro, un segno di rinascita

Nella capitale, aggiunge il missionario carmelitano, non mancano segnali positivi, come l’apertura di molti cantieri che si traduce, per tante persone, in opportunità di lavoro. La situazione della Repubblica Centrafricana resta comunque “sempre molto precaria” perché “tanti problemi non sono ancora stati risolti”. Il Paese resta “molto povero, con pochissime infrastrutture” e con “attività economiche molto fragili”. Il grande problema del Centrafrica è anche dovuto al fatto che “la presenza dello Stato si fa sentire un po’ soltanto nella capitale”.

Il Centrafrica e la pandemia

Anche la Repubblica Centrafricana deve far fronte alla pandemia: “Il virus – spiega padre Trinchero – circola, ci sono stati diversi casi e anche alcune vittime”. Ma non si sono riscontrati quei problemi visti in Europa. Hanno ripercussioni molto più gravi la malaria, il morbillo, il tifo, l’Aids, la tubercolosi: sono malattie diffuse “che causano molte vittime”. È iniziata una campagna di vaccinazione anti-Covid, “ma la risposta è molto debole” perché per la popolazione non si tratta di un problema grave. “Se ci fosse un vaccino contro la malaria, ci sarebbe una risposta decisamente maggiore”.

Un Natale all’insegna della semplicità

È un Natale vissuto con molta gioia: “Le celebrazioni – ricorda il missionario carmelitano – sono molto sentite”, spesso precedute da rappresentazioni natalizie. Il Natale viene celebrato “in tutte le parrocchie, anche nei piccoli villaggi e nelle piccole chiese nella savana”. In questo periodo si vedono comunità che preparano presepi, canti. “Si cerca di fare, con quel poco che si ha, qualcosa di bello per manifestare la gioia di questo evento che si rinnova ogni anno”.

“Sappiamo di essere nei pensieri e nel cuore del Papa”

Padre Trinchero ricorda inoltre che la visita nel 2015 di Papa Francesco “resta sicuramente un avvenimento importante non solo nella storia della Chiesa centrafricana”: è stato un momento forte, indimenticabile che “ha lasciato un segno nella vita del Paese”. “Da quel momento – precisa – il Centrafrica ha iniziato un cammino”. E aggiunge: “Sappiamo di essere sempre nel cuore, nei pensieri e nella preghiera del Papa”. Sono ormai passati sei anni da quel viaggio apostolico: “occorre rinnovare la grazia, l’atmosfera, il clima che si era creato dopo quella visita”.

Il grazie al Signore perché non mancano le vocazioni

I primi missionari carmelitani, ricorda padre Trinchero, sono arrivati a Bozoum il 16 dicembre 1971: “Nelle celebrazioni, lo scorso 19 dicembre, abbiamo ringraziato il Signore per questi 50 anni di missione – spiega – ma abbiamo anche avuto la gioia di ordinare due sacerdoti”. Molte energie si stanno investendo nell’apertura di un “grande cantiere” per costruire un nuovo convento e, soprattutto, una nuova chiesa. Al momento, le celebrazioni, con una grande partecipazione, si svolgono ancora in un garage perché finora, a causa delle violenze, non è stato possibile dare inizio ai lavori. In questo periodo di relativa pace e grazie al contributo di alcuni benefattori, è invece possibile. “Per noi, in questo Natale, i motivi per cui rendere grazie al Signore sono molteplici – conclude il missionario carmelitano – nonostante la situazione del Paese sia fragile”. “Dopo 50 anni siamo ancora qui, ci sono delle vocazioni e giovani che integrano la famiglia carmelitana” e continuano l’opera dei primi missionari. “Ringraziamo il Signore di essere in questa giovane Chiesa e di contribuire all’evangelizzazione, alla costruzione della Chiesa in Centrafrica”.

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