La Repubblica Centrafricana verso la pace?

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Il presidente Faustin Touadéra ha indetto una tregua unilaterale. Intervista con il missionario carmelitano padre Aurelio Gazzera: l’annuncio del capo di Stato è un segno di buona volontà, ma il Paese è ancora scosso dalle violenze e c’è molta tensione.

“Annuncio la fine delle operazioni militari su tutto il territorio nazionale a partire dalla mezzanotte di oggi”. Parole inattese arrivate via radio, quelle del presidente Touaderà, e che rispondono alle speranze di pace della popolazione civile centrafricana.

Padre Gazzera: speranze di pace ancora deboli

L’annuncio del presidente Touaderà, che ha indetto un cessate il fuoco unilaterale, fa sperare nella pace. Ma la realtà del Paese è ancora lontana da una autentica riconciliazione, sottolinea dalla Repubblica Centrafricana il missionario carmelitano, padre Aurelio Gazzera:

Il presidente Touaderà ha annunciato e indetto un cessate il fuoco unilaterale. Questo che cosa significa per il Paese? Sono speranze concrete quelle della pace?

Purtroppo, siamo tutti piuttosto scettici, perché si tratta di ennesimi tentativi. C’è, probabilmente, un po’ di buona volontà, anche da parte della comunità internazionale, soprattutto per le ultime riunioni sulla zona dell’Africa centrale. Anche l’Onu sta facendo delle pressioni, però le speranze sono poche.

Perché queste speranze di pace, purtroppo, non sono consistenti? Quale è la realtà del Paese?

La realtà è molto complicata: ci sono molte zone che sfuggono completamente al controllo sia dello Stato sia degli alleati russi etc. Anche i caschi blu hanno perso il controllo di molte aree del territorio. Si devono quindi apprezzare, da una parte, il gesto e la buona volontà del presidente centrafricano, ma, dall’altra, non sappiamo a che cosa aprirà. In questi giorni, stiamo partecipando a riunioni sulla situazione del Paese. Partecipano sacerdoti, religiosi e laici. Ci sono ancora intere zone dove non si può andare. Le attività sono sospese e la gente continua a fuggire. In queste zone non si è potuto coltivare la terra e c’è molta tensione.

Qual è il ruolo, in questo contesto, che può e deve avere la comunità internazionale?

La comunità internazionale sta facendo pressioni per andare verso un dialogo. Ma il dialogo è possibile quando c’è una buona volontà di tutte le parti. E quando ci sono serietà e un minimo di capacità di imporsi: se il governo concede sempre tutto quello che i vari gruppi ribelli chiedono, non ci può essere un dialogo. Tutte le volte che si sono aperte trattative, si è finito per concedere cariche nei ministeri e nell’esercito. E non si è mai risolto niente. Quindi, ci vuole veramente un grosso sforzo. La comunità internazionale può e deve fare molto, anche attraverso la coercizione. Facendo una pressione forte. Non si può continuare a vivere così. Il Paese è “sotto trasfusione” da anni e continua ad essere alla mercé di chiunque abbia un po’ di mezzi per organizzarsi e conquistare una parte del territorio.

Quello del presidente centrafricano è un annuncio che denota buona volontà. Sono parole che si aggiungono a quelle pronunciate da Papa Francesco nel 2015 in occasione del Giubileo della misericordia che si è aperto a Bangui. Il Papa, in quell’occasione, aveva lanciato un appello: “A chi usa le armi, chiedo: deponete questi strumenti di morte, armatevi di giustizia e misericordia”. Queste – giustizie e misericordia – sono le strade su cui si dovrebbe lastricare il futuro del Paese…

Il problema è che sulla giustizia, in Centrafrica, ci sono grandi dubbi: la stessa Corte penale internazionale fatica a tutti i livelli, e anche nella Repubblica Centrafricana, ad intervenire e ad avere qualche risultato. La Corte penale speciale per il Centrafrica esiste da cinque anni ma, se non sbaglio, ancora non ha celebrato un processo. Se si vuole la misericordia, ci vuole anche la giustizia. Abbiamo centinaia di migliaia di persone ancora o fuori dal Paese o fuori dai loro villaggi. Bisogna quindi arrivare a questa giustizia. Purtroppo, per ora, questo non si vede ancora.

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