60 anni fa il primo uomo nello spazio: “Da quassù la Terra è bellissima e senza confini”
Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Puntata di “Doppio Click”, programma della Radio Vaticana, dedicata al primo volo dell’uomo nello spazio. A compierlo, il 12 aprile del 1961, il cosmonauta Jurij Gagarin. Un’occasione per ricordare alcune riflessioni dei Pontefici sulle esplorazioni spaziali.
Nel 1961 si spalanca una nuova porta nella storia delle esplorazioni. Ad aprirla il 12 aprile è un giovane cosmonauta, ribattezzato “il Cristoforo Colombo dei cieli”. Il primo uomo a vedere la Terra dallo spazio è il maggiore Jurij Alekseevič Gagarin, scelto fra 3461 candidati. Figlio di un falegname e di una contadina, è nato nel 1934 in un villaggio nell’Oblast’ di Smolensk. La sua gioventù si specchia in un mondo minacciato dai venti della guerra fredda. Sono anni in cui le due superpotenze, Stati Uniti e Unione Sovietica, sviluppano i loro arsenali nucleari e la corsa allo spazio diventa un nuovo campo di battaglia. In questo delicato frangente del 20.mo secolo, una giornata di 60 anni fa è l’inizio di una nuova era. Un giovane di 27 anni, come Ulisse, naviga verso l’ignoto superando limiti che sembravano invalicabili. Quell’uomo che come Icaro morirà in volo, durante un’esercitazione su un Mig-15 il 27 marzo del 1968, ha un appuntamento con la storia.
Una responsabilità verso tutta l’umanità
Jurij Gagarin è il primo a spianare all’umanità la strada verso lo spazio. Queste sono alcune delle sue dichiarazioni pronunciate il 12 aprile del 1961, poco prima della partenza.
Дорогие друзья, близкие и незнакомые, соотечественники, люди всех стран и континентов! …
Cari amici conosciuti e sconosciuti, compatrioti e persone di tutti i Paesi e continenti, tra pochi minuti una potente astronave mi porterà nell’Universo. Cosa posso dirvi in questi ultimi minuti prima della partenza? Tutta la mia vita mi sembra ora essere condensata in un momento meraviglioso. Tutto ciò che ho sperimentato e fatto fino ad ora è stato sperimentato e fatto in preparazione di questo momento. Ti rendi conto che è difficile esprimere i propri sentimenti ora che il momento della prova è così vicino, il momento per il quale ci siamo preparati a lungo e con passione. Non devo dirvi ora ciò che ho provato quando mi è stato offerto di fare questo volo, il primo nella storia. Gioia? No, non era solo gioia. Orgoglio? No, non era solo orgoglio. Ho provato una grande felicità. Essere il primo ad entrare nel cosmo, ad impegnarmi da solo in un duello senza precedenti con la natura. Qualcuno potrebbe sognare una cosa più grande di questa? Ma poi ho pensato alla tremenda responsabilità: essere il primo a fare ciò che generazioni di persone avevano sognato. Essere il primo a spianare all’umanità la strada verso lo spazio. Si può pensare ad un compito più difficile di quello che mi è stato assegnato? Questa responsabilità non è verso una persona, non verso un gruppo. È una responsabilità verso tutta l’umanità, verso il suo presente e il suo futuro. Ora è una questione di pochi minuti prima della partenza. Un saluto a voi cari amici, fino a quando ci incontreremo di nuovo.
108 minuti nello spazio
Sono le 9.07 e a Mosca arriva via radio il saluto del maggiore Gagarin che rivolgendosi alla sala di controllo dice: Поехали! (“Andiamo!”).
A bordo della capsula spaziale Vostok, decollata dalla base spaziale di Bajkonur in Kazakistan, Gagarin compie un’orbita completa intorno alla Terra raggiungendo un’altitudine massima di 302 km e viaggiando a una velocità di 27400 chilometri orari. Le sue parole, da quelle altezze, restano la migliore fotografia di un momento indelebile. “Da quassù – afferma Gagarin – la Terra è bellissima, senza frontiere né confini”. Un’altra frase è stata per molti anni attribuita al cosmonauta sovietico. “Non vedo nessun Dio, quassù”. Il cosmonauta l’avrebbe pronunciata mentre era in orbita. Data per certa all’epoca, da tempo gli studiosi dibattono se queste parole siano state realmente pronunciate da Gagarin. O se invece, come si ricorda in un articolo dell’Osservatore Romano pubblicato il 13 aprile del 2011, “gli siano state attribuite per fini politici dalla propaganda sovietica”. Un dato certo è che la navicella con a bordo Gagarin è teleguidata. In una busta sigillata è custodita una combinazione numerica di tre cifre per sbloccare, in caso di necessità, i comandi manuali. La missione, durata complessivamente un’ora e 48 minuti, termina con l’espulsione del cosmonauta dalla cabina di pilotaggio e con l’apertura del paracadute.
Un balzo nel cosmo
Jurij Gagarin atterra vicino al villaggio di Smelovka, nella regione di Saratov. Sono le 10.55 del 12 aprile del 1961 ed è appena cominciata l’era spaziale. Il giorno seguente l’allora direttore del quotidiano della Santa Sede commenta con queste parole quel balzo nello spazio: “una nuova conquista scientifica o un balzo della tecnica ci rilanciano la immagine superiore dell’uomo creatura spirituale, dotato di ragione e di libertà, capace secondo il comando divino, di un sempre più vasto dominio del mondo esteriore”. Di quel volo resta un ricordo ancora intenso. Una canzone scritta tre anni prima di quella impresa sembra la colonna sonora di quel giorno in cui l’uomo ha incominciato a “volare nel cielo infinito, mentre il mondo pian piano spariva lontano laggiù”. E’ il noto brano musicale “Nel blu dipinto di blu”, interpretato da Domenico Modugno al Festival di Sanremo nel 1958. Quasi riecheggiando i versi di quella canzone, il 12 aprile del 1961 Gagarin, dall’oblò della sua navicella, afferma: “La Terra è blu… che meraviglia. È bellissima”.
L’inizio dell’era spaziale
Dopo quella missione, il presidente americano John Fitzgerald Kennedy annuncia, il 25 maggio del 1961, un obiettivo al Congresso degli Stati Uniti: portare, entro la fine di quel decennio, un astronauta americano sulla Luna. Dopo la caduta del muro di Berlino e la fine della guerra fredda, si sviluppa l’idea di creare una Stazione Spaziale Internazionale, una piattaforma orbitante. Oggi quell’idea è una realtà: la Stazione Spaziale Internazionale, grazie al contributo e al supporto di vari Paesi, è la base operativa di un gruppo di astronauti. Un complesso laboratorio scientifico che orbita a 400 chilometri dalla superficie terrestre. Oggi l’umanità, come Ulisse, continua a volgere lo sguardo verso nuovi orizzonti. I prossimi confini da valicare con un equipaggio sono quelli del pianeta Marte.
Pio XII, Giovanni XXIII e le imprese spaziali
Lo spazio può dunque rivelarsi, come la storia ha mostrato, una sorta di campo di battaglia ma anche il terreno di una cooperazione internazionale. È questa, in particolare, la direttrice indicata da Pio XII, il 20 settembre del 1956. Rivolgendosi alla Federazione astronautica internazionale Papa Pacelli auspica “uno sforzo comune di tutta l’umanità per una conquista pacifica dell’universo” e per “imprimere nella coscienza degli uomini il senso della comunità e della solidarietà”. Il solco da tracciare è quello che porta ad un “pacifico progresso”, come sottolinea Giovanni XXIII . Nei mesi e negli anni successivi al balzo di Gagarin nello spazio, si alternano nuove missioni compiute da astronauti statunitensi e cosmonauti russi. Papa Roncalli ricorda quelle “imprese spaziali” durante l’Angelus del 12 agosto del 1962.
Paolo VI e i primi passi sulla Luna
Oltre all’impresa compiuta nel 1961 Gagarin, un’altra data resta per sempre scolpita nella storia delle esplorazioni spaziali. È il 21 luglio del 1969 e l’astronauta americano Neil Armstrong è il primo uomo a camminare sulla Luna. Papa Paolo VI, il giorno prima dell’allunaggio, si sofferma sull’imminente, “strabiliante avvenimento”. All’Angelus del 20 luglio Papa Montini esorta a meditare sul cosmo, “che ci apre davanti il suo volto muto, misterioso, nello sconfinato quadro dei secoli innumerevoli e degli spazi smisurati”. Il 21 luglio nel messaggio rivolto agli astronauti statunitensi, Paolo VI pronuncia queste parole.
Gloria a Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini del buon volere! Noi, umili rappresentanti di quel Cristo, che, venendo fra noi dagli abissi della divinità, ha fatto echeggiare nel firmamento questa voce beata, oggi vi facciamo eco, ripetendola come inno di festa da parte di tutto il nostro globo terrestre, non più invalicabile confine dell’umana esistenza, ma soglia aperta all’ampiezza di spazi sconfinati e di nuovi destini. Gloria a Dio! E onore a voi, uomini artefici della grande impresa spaziale! Onore agli uomini responsabili, agli studiosi, agli ideatori, agli organizzatori, agli operatori! Onore a tutti coloro che hanno reso possibile l’audacissimo volo!
Giovanni Paolo II: lo spazio appartiene all’umanità
Le esplorazioni spaziali sono anche la premessa per nuovi progressi scientifici. Nel 1984 Giovanni Paolo II, rivolgendosi agli scienziati riuniti alla Pontificia Accademia delle Scienze, ricorda “l’immenso cammino percorso dall’intelligenza dell’uomo nella conoscenza dell’universo”. E poi pone una domanda: a chi appartiene lo spazio?
Quando lo spazio era qualcosa che veniva solamente osservato e studiato dall’occhio umano, anche se con l’aiuto di potenti strumenti astronomici, questa domanda non era ancora stata posta. Ma ora che lo spazio è visitato dall’uomo e dalle sue macchine, la domanda è ineludibile: a chi appartiene lo spazio? Non esito a rispondere che lo spazio appartiene all’umanità intera, che esso è qualcosa a vantaggio di tutti.
Benedetto XVI a colloquio con gli astronauti
Il 21 maggio 2011 è il giorno di uno speciale collegamento con la stazione spaziale internazionale. Benedetto XVI, prima di rivolgere alcune domande agli astronauti, ricorda il “rapidissimo progresso delle conoscenze scientifiche”.
L’umanità vive un periodo di rapidissimo progresso delle conoscenze scientifiche e delle applicazioni tecniche. In certo senso voi siete i nostri rappresentanti – la punta avanzata dell’umanità che esplora nuovi spazi e nuove possibilità per il nostro avvenire, andando aldilà dei limiti delle nostre esperienze quotidiane. Tutti ammiriamo il vostro coraggio, la disciplina e l’impegno con cui vi siete preparati per questa missione. Noi siamo convinti che siete animati da nobili ideali e che volete mettere i frutti delle vostre ricerche e delle vostre imprese a disposizione di tutta l’umanità e per il bene comune.
Francesco in dialogo con un equipaggio nello spazio
Il 26 ottobre del 2017 Papa Francesco, in collegamento con l’equipaggio della stazione spaziale internazionale, ringrazia gli astronauti che definisce i “rappresentanti di tutta la famiglia umana nel grande progetto di ricerca che è la Stazione Spaziale”.
Voi siete un piccolo “Palazzo di Vetro”! La totalità è più grande della somma delle parti, e questo è l’esempio che voi ci date. Grazie tante, cari amici, vorrei dire: cari fratelli, perché vi sentiamo come rappresentanti di tutta la famiglia umana nel grande progetto di ricerca che è la Stazione Spaziale. Vi ringrazio di cuore per questo colloquio, che mi ha molto arricchito. Il Signore benedica voi, il vostro lavoro e le vostre famiglie. Vi assicuro: pregherò per voi; e voi, per favore, pregate per me.