Spagna annuncia ritiro truppe dall’Iraq

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

L’annuncio del ritiro del contingente spagnolo dall’Iraq, l’ordine rivolto dal radicale sciita al-Sadr ai suoi miliziani di non attaccare i soldati iberici e l’impegno della comunità internazionale per liberare gli ostaggi ancora in mano alla guerriglia irachena. Su questi ultimi sviluppi dell’attuale situazione in Iraq, ci riferisce Amedeo Lomonaco:

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Ieri sera il premier spagnolo Zapatero, al suo secondo giorno come capo del governo, ha annunciato il ritiro, nel più breve tempo possibile, delle truppe spagnole dall’Iraq. Secondo fonti governative, il ritiro potrebbe richiedere una cinquantina di giorni. Su questa decisione del leader spagnolo ascoltiamo l’opinione del presidente della Comunità di Sant’Egidio, prof. Andrea Riccardi:

R.- Indubbiamente è un fatto molto forte. Ci troviamo in un pantano. Trovandosi le Nazioni occidentali a viso aperto, senza l’Onu e in fondo senza un coinvolgimento del mondo arabo, ci troviamo in una situazione in cui qualunque decisione si prenda, si rischia di sbagliare. Indubbiamente, il fatto spagnolo sembra unilaterale ma anche il restare ha dei suoi aspetti problematici. Qui bisogna lavorare per trovare una via di uscita globale.

Da Al Sadr ordine di non attaccare soldati spagnoli

D. – Il leader radicale sciita al-Sadr ha dato ordine ai suoi miliziani di cessare gli attacchi contro le truppe spagnole, dopo che ieri il neo-premier di Madrid, ne ha annunciato, a sorpresa, l’immediato ritiro. Ma quale significato può assumere questa dichiarazione di al-Sadr?

R. – Credo che i vari gruppi del mondo arabo musulmano tentino di fare una loro politica europea. Noi dobbiamo essere molto cauti nelle dichiarazioni. Non dimentichiamo che noi italiani abbiamo tre persone prigioniere di un gruppo, probabilmente sunnita. Quindi, credo ci voglia un grande silenzio, una grande prudenza. Mi sembra che però ormai i gruppi islamici, i gruppi arabi abbiano imparato bene a giocare con i media…

La linea di Zapatero

D. – Durante la campagna elettorale e dopo la vittoria alle elezioni politiche del 14 marzo, Zapatero aveva affermato che la permanenza dei militari spagnoli in Iraq sarebbe stata legata al passaggio nelle mani dell’Onu della supervisione della situazione nel Paese arabo. Ma secondo il leader spagnolo appare molto difficile l’adozione di una risoluzione delle Nazioni Unite per questa data…

R. – Io non vedo che si stia lavorando molto. Qui c’è tutto un problema di responsabilità dell’Unione Europea, delle Nazioni Unite, dei Paesi arabi e dei Paesi musulmani.

Unione Europea e Iraq

D. – Le posizioni dell’Unione Europea sull’Iraq sembrano caratterizzate dalla frammentazione. E’ possibile ricomporre queste divisioni?

R. – Penso che sia doveroso, perché da un lato ci troviamo con la posizione inglese, con la posizione italiana, con la posizione franco-tedesca, a cui si va ad aggiungere la Spagna, poi c’è la Polonia e qualche Paese dell’est. Credo che andare avanti così, in ordine sparso, sia un errore e che non si fa né un buon servizio alla pace, né un buon servizio agli Stati Uniti.

Febbrile lavoro, intanto, per la politica, la diplomazia e l’intelligence italiane per sbloccare positivamente la vicenda dei tre ostaggi in mano ai guerriglieri iracheni. A Baghdad si deve registrare l’incontro, ieri, tra l’ambasciatore italiano De Martino e Abdel Salaam Kubaisi, autorevole membro del Consiglio degli Ulema sunniti, che nei giorni scorsi hanno contribuito al rilascio di una ventina di occidentali. A Roma il premier Berlusconi ha avuto colloqui telefonici con l’inglese Blair, che vedrà a Londra il prossimo 27 aprile, e con lo spagnolo Zapatero. Sempre ieri, Berlusconi ha inoltre incontrato a Palazzo Chigi il ministro degli Esteri iraniano Kharrazi, al quale ha auspicato che Teheran prosegua il ruolo positivo nel processo di stabilizzazione in Iraq e Medio Oriente.

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