Ora della Madre, intervista con Cettina Militello

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Nel giorno del Sabato Santo, tutta la Chiesa si raccoglie nel cuore della Madre, straziata dal dolore per la morte di Gesù. La fede della Vergine Maria ci guida nel buio in attesa della risurrezione del Figlio. E stamani si è tenuta nella Basilica romana di Santa Maria Maggiore la tradizionale celebrazione dell’Ora della MadreAmedeo Lomonaco ne ha parlato con la teologa Cettina Militello, membro del direttivo della Pontificia Accademia mariologica internazionale:

R. – Maria ai piedi della Croce rappresenta la primizia della Chiesa e questo suo soffrire per la morte del Figlio esprime la Passione della Chiesa nei confronti del suo Signore. Tutto questo avviene a livelli inconsci.

Prova suprema di fede

D. – Maria, straziata dal dolore per la morte di Gesù, vive la prova suprema della fede…

R. – Maria vive il buio della fede, cioè vive quel momento terribile nel quale non ci sono parole. Dio è in qualche modo assente, non perché non ci sia, ma perché non lo si percepisce più, data l’enormità della prova cui si è sottoposti. Quello è veramente il momento in cui sembra che tutto sia perduto, perché la morte è un fatto ineluttabile, è un fatto definitivo.

In attesa della Resurrezione

D. – La Vergine rappresenta la comunità redenta che attende con trepidazione la Risurrezione…

R. –In realtà il problema è sempre quello di sapere quali fossero i livelli di consapevolezza del mistero. La comunità tante cose le capisce dopo la Pasqua. Io credo che anche Maria tante cose le comprenda dopo la Pasqua, nell’esperienza di Gesù Risorto. Ma se c’è qualcuno dei membri della comunità che si abbandona a Dio fiduciosamente, pur nel silenzio di Dio, certamente è Maria. La Madre di Gesù diventa il modello di quello che deve essere il nostro atteggiamento come comunità credente quando la prova ci mette nelle condizioni di, non dico dubitare, ma di non vedere con chiarezza quello che ci sta accadendo.

Imitare il si’ di Maria

D. – Come può l’uomo imitare il sì di Maria nella Passione del Figlio, nei momenti di grande tribolazione… pensiamo ai terremotati…

R. – Per tutto il tempo in cui ho parlato ho avuto davanti le mamme dell’Abruzzo, straziate dal dolore. Ho pensato agli uomini e alle donne straziati nella perdita dei loro figli, dei loro congiunti, delle loro cose. Credo che l’unica possibilità che ci viene data sia proprio quella dell’abbandonarci, ma non di un abbandono passivo. Mi è capitato, parlando con una mia collega che ha perso la propria figlia, di sentirle dire: ‘Poi mi dovrà dar conto di tutto questo’. Nel senso che questa sofferenza terribile che ci colpisce deve avere un senso che a noi in questo momento sfugge. La morte sfugge sempre dalla nostra comprensione. Sappiamo che è un fatto biologico ma dal punto di vista degli affetti che vengono recisi, c’è una ribellione totale, così come c’è una ribellione totale verso il nostro morire. Allora tutto questo chiede questo salto, questo abbandono. Chiede un atteggiamento di fiducia.

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