San Giuseppe: papà, sposo e profugo che ama senza limiti

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Nel giorno in cui la Chiesa ricorda lo sposo di Maria, ripercorriamo il ciclo di 12 catechesi di Papa Francesco dedicate al padre di Gesù. Anche la Santa Famiglia di Nazaret ha sperimentato, come centinaia di migliaia di persone che oggi fuggono dalla guerra in Ucraina, la via dolorosa dall’esilio.

San Giuseppe, come ricorda il Papa nella lettera apostolica “Patris Corde”, è il padre nella tenerezza e nell’obbedienza a Dio. È il padre che, con la Sposa e il Figlio, ha sperimentato a causa delle minacce di Erode la via della fuga in cerca di rifugio in Egitto. Come moltitudini di profughi, che in questi giorni drammatici lasciano le loro case in Ucraina, spera di tornare nella propria patria. Papa Francesco, che ha presieduto la Messa di inizio Pontificato il 19 marzo del 2013, nel giorno della solennità di San Giuseppe, ha dedicato allo sposo di Maria un ciclo di 12 catechesi. Dalle riflessioni del Papa emerge un composito ritratto del padre putativo di Gesù.

Un uomo di periferia

Nella prima catechesi del ciclo dedicato a San Giuseppe, il 17 novembre del 2021, nell’anno speciale dedicato al padre di Gesù e a 150 anni dalla sua proclamazione a patrono della Chiesa, il Santo Padre ricorda l’ambiente in cui è vissuto lo sposo di Maria. I principali riferimenti geografici lungo cui si snoda la vita di San Giuseppe sono Betlemme e Nazaret. Il Figlio di Dio, sottolinea il Papa, sceglie come luogo della sua incarnazione “due villaggi periferici”.

La scelta di Betlemme e Nazaret ci dice che la periferia e la marginalità sono predilette da Dio. Gesù non nacque a Gerusalemme con tutta la corte …no: nacque in una periferia e ha trascorso la sua vita, fino a 30 anni, in quella periferia, facendo il falegname, come Giuseppe. Per Gesù, le periferie e le marginalità sono predilette. Non prendere sul serio questa realtà equivale a non prendere sul serio il Vangelo e l’opera di Dio, che continua a manifestarsi nelle periferie geografiche ed esistenziali.

L’uomo che passa inosservato

Nella seconda catechesi incentrata su San Giuseppe, il 24 novembre del 2021, il Papa si sofferma sul ruolo del padre putativo di Gesù nella storia della salvezza. La figura di San Giuseppe, spiega Francesco, è “apparentemente marginale e discreta, in seconda linea”. Rappresenta invece “un tassello centrale nella storia della salvezza”.

Giuseppe vive il suo protagonismo senza mai volersi impadronire della scena. Se ci pensiamo, le nostre vite sono tessute e sostenute da persone comuni – solitamente dimenticate – che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste […]. Quanti padri, madri, nonni e nonne, insegnanti mostrano ai nostri bambini, con gesti piccoli, con gesti quotidiani, come affrontare e attraversare una crisi riadattando abitudini, alzando gli sguardi e stimolando la preghiera. Quante persone pregano, offrono e intercedono per il bene di tutti. Così, tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, della presenza discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà.

L’uomo giusto

Il primo dicembre del 2021, Papa Francesco approfondisce due tratti distintivi della figura di San Giuseppe: il suo “essere “giusto” e “promesso sposo di Maria”.

Il Vangelo dice che Giuseppe era “giusto” proprio perché sottomesso alla legge come ogni uomo pio israelita. Ma dentro di lui l’amore per Maria e la fiducia che ha in lei gli suggeriscono un modo che salvi l’osservanza della legge e l’onore della sposa: decide di darle l’atto di ripudio in segreto, senza clamore, senza sottoporla all’umiliazione pubblica. Sceglie la via della riservatezza, senza processo e rivalsa. Ma quanta santità in Giuseppe! Noi, che appena abbiamo una notizia un po’ folcloristica o un po’ brutta su qualcuno, andiamo al chiacchiericcio subito! Giuseppe invece sta zitto… Interviene nel discernimento di Giuseppe la voce di Dio che, attraverso un sogno, gli svela un significato più grande della sua stessa giustizia. E quanto è importante per ciascuno di noi coltivare una vita giusta e allo stesso tempo sentirci sempre bisognosi dell’aiuto di Dio!

L’uomo del silenzio

Nella quarta catechesi dedicata a San Giuseppe, il 15 dicembre del 2021, Francesco prende in esame un altro aspetto importante della figura dello sposo di Maria: il silenzio. In San Giuseppe non è mutismo ma “un silenzio pieno di ascolto, un silenzio operoso, un silenzio che fa emergere la sua grande interiorità”.

I Vangeli non ci riportano nessuna parola di Giuseppe di Nazaret, niente, non ha mai parlato. Ciò non significa che egli fosse taciturno, no, c’è un motivo più profondo. Con questo suo silenzio, Giuseppe conferma quello che scrive Sant’Agostino: “Nella misura in cui cresce in noi la Parola – il Verbo fatto uomo – diminuiscono le parole”. Nella misura che Gesù – la vita spirituale – cresce, le parole diminuiscono.

Migrante perseguitato e coraggioso

Nella catechesi del 29 dicembre 2021 Papa Francesco, ricordando la fuga della Santa Famiglia in Egitto, presenta San Giuseppe come migrante perseguitato e coraggioso.

La lezione che ci lascia oggi Giuseppe è questa: la vita ci riserva sempre delle avversità, questo è vero, e davanti ad esse possiamo anche sentirci minacciati, impauriti, ma non è tirando fuori il peggio di noi, come fa Erode, che possiamo superare certi momenti, bensì comportandoci come Giuseppe che reagisce alla paura con il coraggio di affidarsi alla Provvidenza di Dio. Oggi credo ci voglia una preghiera per tutti i migranti, tutti i perseguitati e tutti coloro che sono vittime di circostanze avverse: che siano circostanze politiche, storiche o personali. Ma, pensiamo a tanta gente vittima delle guerre che vuole fuggire dalla sua patria e non può; pensiamo ai migranti che incominciano quella strada per essere liberi e tanti finiscono sulla strada o nel mare; pensiamo a Gesù nelle braccia di Giuseppe e Maria, fuggendo, e vediamo in Lui ognuno dei migranti di oggi.

Padre di Gesù

Il 5 gennaio del 2022 Papa Francesco esorta a meditare su San Giuseppe come padre di Gesù.

Non basta mettere al mondo un figlio per dire di esserne anche padri o madri. “Padri non si nasce, lo si diventa. E non lo si diventa solo perché si mette al mondo un figlio, ma perché ci si prende responsabilmente cura di lui. Tutte le volte che qualcuno si assume la responsabilità della vita di un altro, in un certo senso esercita la paternità nei suoi confronti” (Lett. ap. Patris corde). Penso in modo particolare a tutti coloro che si aprono ad accogliere la vita attraverso la via dell’adozione, che è un atteggiamento così generoso e bello. Giuseppe ci mostra che questo tipo di legame non è secondario, non è un ripiego. Questo tipo di scelta è tra le forme più alte di amore e di paternità e maternità.

Il falegname

Nella catechesi del 12 gennaio del 2022 il Santo Padre indica un altro aspetto della figura di San Giuseppe, che gli evangelisti Matteo e Marco definiscono “falegname” o “carpentiere”. Era una qualifica generica, ricorda il Papa, che indicava “sia gli artigiani del legno sia gli operai impegnati in attività legate all’edilizia. Un mestiere piuttosto duro, dovendo lavorare materiale pesante, come il legno, la pietra e il ferro”.

Gesù adolescente ha imparato dal padre questo mestiere. Perciò, quando da adulto cominciò a predicare, i suoi compaesani stupiti si chiedevano: “Da dove gli vengono questa sapienza e i prodigi?” (Mt 13,54), ed erano scandalizzati di lui (cfr v. 57), perché era il figlio del falegname ma parlava come un dottore della legge, e si scandalizzavano di questo. Questo dato biografico di Giuseppe e di Gesù mi fa pensare a tutti i lavoratori del mondo, in modo particolare a quelli che fanno lavori usuranti nelle miniere e in certe fabbriche; a coloro che sono sfruttati con il lavoro in nero; alle vittime del lavoro – abbiamo visto che in Italia ultimamente ce ne sono state parecchie -; ai bambini che sono costretti a lavorare e a quelli che frugano nelle discariche per cercare qualcosa di utile da barattare…

Padre nella tenerezza

Nella catechesi del 19 gennaio 2022, il Papa invita a riflettere su uno specifico tratto della personalità di San Giuseppe: quello della tenerezza. “La tenerezza – sottolinea il Pontefice – è qualcosa di più grande della logica del mondo. È un modo inaspettato di fare giustizia”. “Dio perdona sempre”.

Ci fa bene allora specchiarci nella paternità di Giuseppe che è uno specchio della paternità di Dio, e domandarci se permettiamo al Signore di amarci con la sua tenerezza, trasformando ognuno di noi in uomini e donne capaci di amare così. Senza questa “rivoluzione della tenerezza” – ci vuole, una rivoluzione della tenerezza! – rischiamo di rimanere imprigionati in una giustizia che non permette di rialzarsi facilmente e che confonde la redenzione con la punizione. Per questo, oggi voglio ricordare in modo particolare i nostri fratelli e le nostre sorelle che sono in carcere. È giusto che chi ha sbagliato paghi per il proprio errore, ma è altrettanto giusto che chi ha sbagliato possa redimersi dal proprio errore. Non possono esserci condanne senza finestre di speranza.

L’uomo che sogna

Il 26 gennaio del 2022 il Papa si sofferma sulla figura di San Giuseppe come uomo che sogna. “Nella Bibbia, come nelle culture dei popoli antichi, i sogni – ricorda Francesco – erano considerati un mezzo attraverso cui Dio si rivelava”. Il Vangelo ci racconta quattro sogni di Giuseppe. Nel primo, in particolare, “l’angelo aiuta Giuseppe a risolvere il dramma che lo assale quando viene a conoscenza della gravidanza di Maria”.

Il sogno simboleggia la vita spirituale di ciascuno di noi, quello spazio interiore, che ognuno è chiamato a coltivare e a custodire, dove Dio si manifesta e spesso ci parla. Ma dobbiamo anche dire che dentro ognuno di noi non c’è solo la voce di Dio: ci sono tante altre voci. Ad esempio, le voci delle nostre paure, le voci delle esperienze passate, le voci delle speranze; e c’è pure la voce del maligno che vuole ingannarci e confonderci. È importante quindi riuscire a riconoscere la voce di Dio in mezzo alle altre voci. Giuseppe dimostra di saper coltivare il silenzio necessario e, soprattutto, prendere le giuste decisioni davanti alla Parola che il Signore gli rivolge interiormente.

La comunione dei santi

All’udienza generale del 2 febbraio 2022 Francesco sviluppa la catechesi sul tema della “comunione dei santi”. Il catechismo della Chiesa cattolica, ricorda il Santo Padre, afferma che “la comunione dei santi è precisamente la Chiesa”.  “Non è una cosa magica, non è una superstizione la devozione ai santi; è semplicemente parlare con un fratello, una sorella che è davanti a Dio, che ha percorso una vita giusta, una vita santa, una vita esemplare”.

Proprio per questo mi piace concludere questa catechesi con una preghiera a San Giuseppe alla quale sono particolarmente legato e che recito ogni giorno da più di 40 anni. È una preghiera che ho trovato in un libro di preghiere delle Suore di Gesù e Maria, del 1700, fine del Settecento. È molto bella, ma più che una preghiera è una sfida a questo amico, a questo padre, a questo custode nostro che è San Giuseppe. Sarebbe bello che voi imparaste questa preghiera e possiate ripeterla. La leggerò: “Glorioso Patriarca San Giuseppe, il cui potere sa rendere possibili le cose impossibili, vieni in mio aiuto in questi momenti di angoscia e difficoltà. Prendi sotto la tua protezione le situazioni tanto gravi e difficili che ti affido, affinché abbiano una felice soluzione. Mio amato Padre, tutta la mia fiducia è riposta in te. Che non si dica che ti abbia invocato invano, e poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”. E finisce con una sfida, questo è sfidare San Giuseppe: “Poiché tu puoi tutto presso Gesù e Maria, mostrami che la tua bontà è grande quanto il tuo potere”.

Patrono della buona morte

Nella catechesi del 9 febbraio 2022 il Papa approfondisce la speciale devozione che il popolo cristiano ha sempre avuto per San Giuseppe come patrono della buona morte. Una devozione nata dal pensiero “che Giuseppe sia morto con l’assistenza della Vergine Maria e di Gesù, prima che questi lasciasse la casa di Nazaret”.

L’inizio della vita e la fine è un mistero sempre, un mistero che va rispettato, accompagnato, curato, amato. Possa San Giuseppe aiutarci a vivere il mistero della morte nel miglior modo possibile. Per un cristiano la buona morte è un’esperienza della misericordia di Dio, che si fa vicina a noi anche in quell’ultimo momento della nostra vita. Anche nella preghiera dell’Ave Maria, noi preghiamo chiedendo alla Madonna di esserci vicini “nell’ora della nostra morte”.

Patrono della Chiesa universale

Il 16 febbraio 2022 Papa Francesco conclude il ciclo di catechesi incentrate sulla figura di San Giuseppe. Che cosa significa, chiede il Papa, questo titolo? Che cosa vuol dire che San Giuseppe è “patrono della Chiesa”?

Anche in questo caso sono i Vangeli a fornirci la chiave di lettura più corretta. Infatti, alla fine di ogni vicenda che vede Giuseppe come protagonista, il Vangelo annota che egli prende con sé il Bambino e sua madre e fa ciò che Dio gli ha ordinato (cfr Mt 1,24; 2,14.21). Risalta così il fatto che Giuseppe ha il compito di proteggere Gesù e Maria. Egli è il loro principale custode: “In effetti, Gesù e Maria sua Madre sono il tesoro più prezioso della nostra fede” (Lett. ap. Patris corde, 5), e questo tesoro è custodito da San Giuseppe.

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