Regime di Saddam e programma Oil for food

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Il regime di Saddam Hussein ha ricevuto quasi due miliardi di dollari da oltre 2 mila delle circa 4.500 società di tutto il mondo impegnate, fino al 2003, nel programma dell’ONU ‘Oil for food’. E’ quanto emerge dal rapporto presentato ieri dalla Commissione indipendente guidata da Paul Volcker. Il  servizio di Amedeo Lomonaco:

Una delle più colossali fabbriche di “tangenti” della storia moderna, con “costi insostenibili ed intollerabili” per l’integrità delle Nazioni Unite. E’ questo il fermo giudizio dell’ex presidente della ‘Federal Reserve’ americana, Paul Volcker, sul programma ‘Oil for food’. Secondo il rapporto, i fondi illegali confluivano sui conti bancari in Libano e in Giordania della società petrolifera irachena ‘Somo’, oppure venivano consegnati alle ambasciate irachene all’estero.

Programma istituito nel 1996

L’ex raìs favoriva con milioni di barili, da piazzare sul mercato, le società vicine agli alleati politici di Baghdad. Il piano delle Nazioni Unite, che prevedeva per l’Iraq generi alimentari in cambio di greggio, è stato istituito il 13 dicembre del 1996 per limitare gli effetti negativi, per la popolazione irachena, dell’embargo della vendita del petrolio dopo l’invasione del Kuwait nell’agosto del 1990.

Aspetti controversi del programma

Ma il programma presentava aspetti controversi: Saddam, ad esempio, fu autorizzato a scegliere le società. La Russia, seguita dalla Francia, è stato il Paese, che ha partecipato al piano ‘Oil for Food’ con più aziende. I documenti analizzati confermano il coinvolgimento di numerose multinazionali, tra cui ‘Siemens’ e ‘Volvo’, e citano diversi uomini politici, tra i quali il leader comunista russo Zyuganov e il presidente della regione Lombardia, Roberto Formigoni, che ha negato ogni responsabilità.

Ampia collaborazione

Il rapporto sottolinea, inoltre, l’ampia cooperazione tra i vertici iracheni e i molti soggetti coinvolti nel programma, aggiungendo però che tale collaborazione non sarebbe stata possibile se avessero funzionato i controlli dell’ONU. Un’altra inchiesta ha ricevuto, infine, ampia eco in Italia e negli Stati Uniti: l’FBI ha archiviato, per quanto concerne l’Italia, il caso sul cosiddetto ‘Niger-gate’, il falso dossier fornito da una giornalista italiana all’ambasciata americana a Roma sulla presunta vendita di uranio dal Niger all’Iraq. E’ stato uno dei documenti citati dagli Stati Uniti per avviare la campagna militare contro l’Iraq.

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