Quirico: il Califfato costruisce macchine di morte
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
La strage di Nizza si aggiunge ad una lunga lista di attacchi terroristici che hanno sconvolto la Francia a partire dal 2012. Su questa nuova pagina dell’orrore, Amedeo Lomonaco ha intervistato il giornalista e inviato di guerra del quotidiano “La Stampa”, Domenico Quirico:
R. – La cosa che colpisce di più è che è già in atto una trasformazione della nostra vita quotidiana: è progressiva, ma apparentemente inarrestabile. Cambia il modo in cui noi viviamo le nostre città: c’è una specie di moltiplicazione del modello Israele, quando Israele era costantemente sotto il fuoco di attentati. Senza che noi ce ne accorgiamo, cominciamo ad accettare o cominceremo ad accettare delle cose che, normalmente, avremmo rifiutato perché contrarie all’idea stessa della democrazia e del nostro modo di vivere. C’è un progetto, evidentemente, molto dettagliato di trasformare il nostro modo di vivere.
Il Califfato seduce
D. – L’attentato di Nizza è l’ultimo drammatico atto di una guerra dispari, non tra eserciti ma contro missioni di morte, con trincee, modalità e tempi non prevedibili. E’ probabilmente questa una tra le manifestazioni terroristiche più globali, atroci e agghiaccianti della storia…
R. – Tutto questo esiste perché c’è un luogo fisico di riferimento: il Califfato, uno spazio geografico umano, politico, sociale, storico che costituisce un moltiplicatore di seduzione.
Il terrorismo sempre più capace di pianificare
D. – Di questo terrorismo su scala mondiale colpiscono, in particolare, la creatività diabolica e la capacità di pianificazione. Nelle menti di questi terroristi non sembrano esserci limiti e confini invalicabili. Tutto è possibile…
R. – Tutto è possibile perché l’area di reclutamento è estremamente larga: sono in grado di moltiplicare, modificare, aggiornare, prevenire le contromosse dell’avversario in un modo pressoché infinito. Il problema credo sia soprattutto nelle conseguenze indotte che tutto questo determina nelle nostre società. Il nodo centrale di questo problema è in questo: il tipo di risposta.
Non esiste un identikit del terrorista
D. – Sono solo il fanatismo, il rancore, la radicalizzazione o ci sono anche altri fattori che rendono un essere umano capace di compiere qualsiasi efferatezza?
R. – Ogni jihadista ha dentro di sé una molteplicità infinita di motivazioni. Non si assomigliano. C’è un momento, nel filo della vita di ciascuna di queste persone, in cui diventano tragicamente qualcos’altro. E il motivo scatenante può essere il più diverso: da un insuccesso personale ad una predica… Sono assolutamente motivi infiniti ed è per questo che è quasi impossibile leggere preventivamente – come pensano le Polizie – l’identikit del potenziale terrorista, del potenziale stragista. E questo perché non esiste un identikit di questo tipo.
Terrorismo e immigrazione
D. – Il terrorismo mira a diffondere paura e odio per paralizzare le società occidentali, ma in realtà si può scorgere – secondo alcuni – anche un disegno politico: quello cioè di indebolire l’Unione Europea, che – dopo la Brexit – dovrà convivere anche con l’avanzata in Francia e non solo di movimenti euroscettici, che vedono, tra l’altro, proprio nell’immigrazione uno dei problemi principali…
R. – Certamente tra i possibili effetti collaterali di questi attentati ci può anche essere lo scenario di radicalizzazione autoritaria e xenofoba dei governi dell’Europa. E questo farebbe sicuramente il loro gioco, in quanto determinerebbe nelle vaste ormai minoranze dell’islam europeo un aumento della possibilità di indottrinamento e di reclutamento. Questo è possibile…
Il Califfato non ha perso la sua capacità militare
D. – Intanto lo Stato Islamico, che non ha ancora rivendicato l’attentato di Nizza, perde terreno in Siria e in Iraq ma questo non sembra intaccare la sua capacità di sferrare attacchi in Europa…
R. – Su questo tema del Califfato all’agonia, mi permetto di suggerire qualche prudenza. Un dato che mi sembra fondamentale è che – a più di due anni dalla proclamazione ufficiale – il Califfato, nel suo nucleo fondamentale, che sono Raqqa e Mosul, è ancora lì. Ha dimostrato, anche in queste ultime fasi in cui ha perso delle battaglie, di avere una capacità militare particolarmente efficiente proprio perché ha saputo gestire le sconfitte. Questo come primo elemento. Il lato terroristico della strategia viaggia evidentemente in modo quasi autonomo e questa è una delle terribili qualità che il Califfato ha messo insieme.
La rimozione del rimorso è la vera arma del Califfato
D. – Domenico Quirico, hai sperimentato nel 2013, per 152 giorni – quelli della tua prigionia in Siria – la totalità del male, la ferocia di un odio integrale, che non conosce pietà, compassione. C’è qualcosa che può spezzare in queste menti, intrise d’odio, una visione così agghiacciante e anche diabolica del mondo?
R. – Purtroppo la mia costatazione è che uno degli effetti più tremendi che il progetto totalitario del Califfato ha determinato – in un numero molto, molto alto di persone, di giovani provenienti da varie parti del mondo – è stata la cancellazione del rimorso. La rimozione del rimorso è sulla base di una motivazione pretestuosamente religiosa: quello che tu fai, anche la cosa più orribile, come appunto travolgere 80 innocenti con un camion, non è una colpa, perché tu in quel momento stai aiutando un dio non trascendente, ma presente nella storia, a realizzare i proprio fini. Se tu riesci, com’è riuscito il Califfato, di togliere il rimorso all’anima delle persone, ottieni qualcosa di terribile: delle macchine di morte perfette, che non hanno alcun problema ad uccidere!
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