Card. Sepe: senza etica la politica spoglia la società

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Vestire coloro che sono spogliati della loro dignità, dei loro diritti, di privacy e di rispetto, di considerazione e di speranza. E’ questa l’opera di misericordia che promuove l’arcidiocesi di Napoli dopo l’intenso lavoro fatto negli ultimi due anni. Nella lettera pastorale, intitolata “Vestire gli ignudi”, il cardinale Crescenzio Sepe, arcivescovo della città, illustra questo cammino. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

 

Dopo le prime opere di misericordia mosse dal proposito di “dar da mangiare agli affamati” e dall’intento di “dar da bere agli assetati”, il nuovo compito che coinvolge la Chiesa di Napoli è “vestire gli ignudi”. E’ un cammino che prosegue nel solco di un piano pastorale rivolto “agli ultimi, ai più fragili”. Lo spirito di “dar da bere agli assetati” è entrato in molte coscienze.

Dar da bere agli assetati

Sono infatti numerose le iniziative promosse, tra l’altro, da parrocchie e associazioni. Tra queste, lo sviluppo dei centri di ascolto della Caritas, l’incremento dell’offerta di pasti per i poveri e il servizio docce per quanti vivono in strada. Altre preziose iniziative sono la “Farmacia solidale, per la distribuzione di farmaci ad indigenti, e l’opera di sostegno rivolta alle famiglie di detenuti.

Da Napoli all’Africa

Si è avviata, poi, la preparazione di operatori da destinare ad ambiti complessi come quelli delle ludopatie, delle tossicodipendenze e dell’usura. Ma non è solo il territorio di Napoli ad essere al centro di questa grande attenzione caritativa. L’orizzonte di questa ricca attività pastorale coinvolge anche popoli lontani e sofferenti. Tra i vari progetti c’è, in particolare, quello di realizzare un pozzo in Africa.

Vestire gli ignudi

Il cammino che abbiamo di fronte – si legge infine nella lettera pastorale del cardinale Sepe – è ancora lungo e impegnativo. Il proposito di quest’anno è “vestire gli ignudi”, restituire all’altro la sua identità. “Vestire è, in fondo, sostare con rispetto davanti a un essere umano per ricoprirlo di stoffa e ammantarlo di dignità”. “E’ la strada della carità che ci invita a vestire gli ignudi”.

Nelle nostre città, tra cui Napoli, vivono persone spogliate di tutto a causa di indigenza estrema, violenze, viaggi della disperazione. Chiedono di essere ricoperti di vita e di bellezza. Ma chi sono gli ignudi da vestire? Amedeo Lomonaco lo ha chiesto all’ arcivescovo di Napoli, cardinale Crescenzio Sepe:

 

R. – Il mondo ignudo è un mondo immenso. Ignudo è, innanzitutto, chi non ha materialmente di cosa vestirsi: pensiamo ai clochard, ai senzatetto. A questa nudità materiale corrisponde una schiera, ancora più folta, di nudità spirituale, psicologica: sono quelli che non hanno più nessun valore che possa coprire la loro esistenza umana, sociale. C’è poi la nudità di tante donne che sono violentate, quella di tanti bambini violentati. C’è la nudità di tanti che vengono sfruttati nelle maniere più diverse possibili, senza parlare poi della nudità nelle famiglie: quante famiglie sono nude, cioè non hanno più niente con cui affrontare i problemi!

Nudi i giovani senza prospettive

Sono nudi i tanti giovani – e non solo giovani – che non hanno un lavoro: nudi di lavoro, nudi di occupazione, nudi di sogni, perché sono i sogni che vengono infranti e che non vengono coperti da nessuno. E’ necessario che questa opera di misericordia – “vestire gli ignudi” – divenga coscienza dei cristiani, non solo dei cristiani, ma di tanti uomini di buona volontà che sono coinvolti nella responsabilità di dare un vestito di dignità a queste realtà.

Serve una politica responsabile

D. – A proposito di questo, nella sua lettera pastorale lei sottolinea che è necessario puntare a una forma più alta di carità, quella che attraverso l’impegno socio-politico mira proprio al bene comune. Ma la politica, chiamata a un impegno così alto, sembra, in molti casi, dimenticare il Sud, considerarlo solo una periferia e non in quella dimensione virtuosa degna di attenzione, più volta ricordata dal Papa …

R. – E’ proprio la mancanza di responsabilità a tutti i livelli: a livello personale, a livello di quartiere, anche a livello di città, ma soprattutto a livello istituzionale che lascia la società nuda. Perché? Perché non fanno il bene della società, non fanno il bene comune, non fanno il bene degli altri. Quando ci si arrocca sui propri privilegi, sulle proprie preoccupazioni partitiche e non si pensa, invece, di dare valore, di dare dignità alla società, alla comunità, allora è chiaro che questa comunità rimane nuda. Lasciare la popolazione nuda di valori, di dignità significa anche provocare, in una maniera che può essere anche pericolosa, una reazione sociale che può portare, appunto, a conseguenze veramente gravi.

La diocesi pensa ad alloggi da donare

D. – E’ allo studio la possibilità di donare alloggi di proprietà dell’arcidiocesi di Napoli a quanti non riescono più a sostenere le spese per l’affitto?

R. – Sì, io parlo solo di quei beni che sono della diocesi. Noi abbiamo tanti casi di persone che occupano queste case. Va bene, io ho detto: nessuna difficoltà a poter donare queste case, naturalmente pagando almeno le tasse una volta diventati proprietari di queste case, così come è un dovere di tutti.

Il ruolo della famiglia

D. – Attenzione alla famiglia, nuove opportunità di lavoro e una cittadinanza responsabile: sono queste le “coperte” di cui oggi, in particolare, ha bisogno Napoli?

R. – Una famiglia rivestita di dignità che trovi nella carità, nell’amore, nella donazione, un giovane che si sente accompagnato, che si sente aiutato dalla Chiesa, dalla scuola, dalla società a realizzare le proprie aspirazioni: sono queste le cose che di fatto condizionano la vita e anche la crescita sociale, culturale, morale e religiosa della nostra comunità.

 

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