Piano salvabanche, Curzio: è responsabilità solidale

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Italia, il Consiglio dei ministri ha approvato il piano per il salvataggio di 4 banche in crisi. Per evitare il loro fallimento, gli istituti bancari sani garantiranno un fondo di oltre 3,6 miliardi di euro. Il provvedimento non prevede finanziamenti pubblici o contributi da parte di azionisti, obbligazionisti e correntisti. Su questo piano di salvataggio, Amedeo Lomonaco ha intervistato l’economista Alberto Quadrio Curzio:

 

R. – Le banche italiane si sono accordate per un evento che avrebbe generato il panico con la messa in liquidazione dei quattro istituti salvati. Questo è un evidente segno di responsabilità e di solidarietà del sistema bancario italiano, che bada nel suo complesso all’interesse del nostro Paese e dei risparmiatori.

D. – E infatti è stato anche evitato il nuovo schema europeo che, in caso di crisi bancaria, coinvolge azionisti, obbligazionisti e, se necessario, correntisti con oltre 100 mila euro…

Le responsabilità dell’Unione Europea

R. – In questa vicenda, l’Unione Europea, in particolare la Commissione, non ha fatto altro che mettere intralci all’Italia, persino impedendo che fosse utilizzato il fondo di garanzia dei depositi. Questo sconcerta, perché in casi precedenti sono stati ampiamente usati fondi pubblici. Si pensi che in Germania, per quanto si sa, circa 64 miliardi di fondi pubblici sono stati usati per salvare banche. In ogni caso, la soluzione italiana è impeccabile, perché non prevede un euro di fondi pubblici e perché il sistema bancario, sotto la vigilanza della Banca d’Italia, ha trovato una soluzione molto confacente a quelle che sono le esigenze del sistema privati risparmiatori.

Il piano di salvataggio italiano

D. – Questo piano di salvataggio italiano può diventare un modello per l’intera Unione Europea?

R. – Io spero che diventi un modello. In ogni caso, l’Italia farà molto bene ad enfatizzare questa sua scelta, per dimostrare ancora una volta come il nostro Paese, nel contesto della grande crisi  2008-2014, se l’è sempre cavata per conto suo, anche con forti sacrifici, talvolta eccessivi per l’intero sistema Paese. Segnalo, per esempio, che la Spagna ha preso 50 miliardi di prestiti per ricapitalizzare, sistemare il proprio sistema bancario, e l’Italia neppure li ha chiesti. Forse ha fatto un errore a non chiederli nel 2012, tuttavia non li ha chiesti e se l’è cavata comunque, per conto suo, piuttosto bene.

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