Il Papa: sul Myanmar non possiamo voltarci da un’altra parte

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Il Papa ha lanciato un nuovo appello per la riconciliazione nel Paese asiatico, dove il colpo di Stato avvenuto un anno fa e la crisi provocata dalla pandemia hanno avuto un effetto devastante sul versante umanitario e sulla situazione economica.

Non si può restare indifferenti di fronte alle “violenze che insanguinano il Myanmar”. All’udienza generale Papa Francesco ha rilanciato “l’appello dei vescovi birmani affinché la comunità internazionale si adoperi per la riconciliazione tra le parti interessate”. “Non possiamo voltare lo sguardo da un’altra parte – ha detto il Papa – di fronte alle sofferenze di tanti fratelli e sorelle. Chiediamo a Dio nella preghiera la consolazione per quella popolazione martoriata. A Lui affidiamo gli sforzi di pace”.

Un popolo sofferente

Con il colpo di Stato del primo febbraio 2021 l’esercito del Myanmar guidato dal generale Min Aung Hlaing ha deposto il governo della Lega Nazionale per la Democrazia di Aung San Suu Kyi, finita agli arresti assieme ad altri esponenti istituzionali. Dalla presa del potere dei militari, oltre 400 mila persone hanno abbandonato le proprie abitazioni. Più di 30 mila hanno chiesto asilo in un Paese confinante. Quasi una persona su due vive sotto la soglia di povertà. Nell’ultimo anno, milioni di persone hanno perso il posto di lavoro e i prezzi dei prodotti alimentari essenziali sono aumentati e la valuta nazionale è crollata. Secondo Save the Children, almeno 150 mila bambini sono stati costretti ad abbandonare le loro case. Il sistema sanitario è allo sbando e la maggior parte delle scuole sono chiuse. Nel giorno del primo anniversario della presa del potere da parte dell’esercito, si è tenuto uno sciopero nazionale. Le autorità hanno recentemente annunciato che i manifestanti potrebbero essere accusati di tradimento. Nell’ultimo anno, quasi 1.500 civili sono stati uccisi ed oltre 11 mila arrestati in seguito alla repressione di una lunga ondata di proteste.

L’appello dei vescovi

All’udienza generale il Papa ha dunque fatto proprio l’appello dei vescovi birmani. Lo scorso mese di gennaio la Conferenza episcopale del Myanmar ha chiesto di facilitare l’accesso umanitario alle persone sofferenti e agli sfollati. “La dignità umana e il diritto alla vita – si legge nel comunicato dei vescovi birmani a conclusione della annuale assemblea tenutasi a Yangon dall’11 al 14 gennaio – non possono essere compromessi”. “Chiediamo con altrettanta forza il rispetto per la vita, per la sacralità dei luoghi di culto, degli ospedali e delle scuole. Tutti coloro che si prodigano per aiutare le persone vanno protetti e aiutati”. Nel documento si esprime “profondo dolore per la situazione attuale nel Paese”, e preoccupazione “per l’altissimo rischio per la vita e la sicurezza di persone innocenti e specialmente per gli sfollati, bambini, donne, anziani e malati nelle aree colpite, indipendentemente dalla loro provenienza etnica o credo religioso”. “Migliaia sono in cammino e in milioni stanno soffrendo la fame.

L’intero Myanmar è zona di guerra

In occasione del primo anniversario, il primo febbraio, del colpo di Stato militare nel Paese asiatico, l cardinale Charles Bo, arcivescovo di Yangon, ha sottolineato in una intervista rilasciata a Vatican News che la gente del Myanmar versa in una situazione disperata, l’oppressione militare è una “via crucis prolungata, dove il giardino dell’Eden diventa il Monte Calvario”. Quella che sta vivendo il Paese è “una fase di “caos, confusione, conflitto e agonia umana in vertiginosa crescita”. La gente, ha aggiunto il porporato, vive in un’atmosfera di paura, ansia, è costretta alla fame: “l’intero Myanmar è zona di guerra”.

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