Padre Patton, custode di Terra Santa: la luce di Cristo vince le tenebre

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Il Natale è un dramma in cui il Dio della luce entra in una storia di tenebre …

R. – Nel prologo San Giovanni dice: “la luce brilla nelle tenebre ma le tenebre non l’hanno accolta” ma un’altra possibile traduzione è che le tenebre non l’hanno vinta. Quindi è il dramma di Dio che entra dentro la storia umana. Ed è una storia fatta di tutte quelle cose terribili che, quotidianamente, leggiamo nella cronaca nera, nei disastri. Sono certamente tenebre terribili quelle delle guerre che hanno distrutto molti Paesi qui in Medio Oriente: dall’Iraq alla Siria, allo Yemen, alla Libia. È terribile la tenebra che continua a distruggere molti altri Paesi in guerre che vanno avanti ormai da decenni e delle quali nessuno più si interessa. È una storia terribile di buio quella in cui qualcuno, ancora oggi, arriva per le ragioni più varie e rifiutare la vita o a togliere la vita. Deve esserci un buio terribile dentro il cuore di un terrorista che, in maniera casuale, va a sparare in mezzo ad una città e a togliere la vita. E deve esserci un buio terribile anche dentro il cuore di chi fa scelte che incideranno sulla vita di milioni di persone. Penso a certe scelte che vengono fatte anche a livello economico e mondiale come se si trattasse di un grande gioco di monopoli. Questo però poi, di fatto, mette in ginocchio milioni, forse anche miliardi, di persone. Quindi mi pare che la tenebra dentro la nostra storia sia abbastanza evidente. Da cristiano dico: “Grazie a Dio arriva questa luce”. E, grazie a Dio, questa luce non viene vinta da queste tenebre. Non è stata vinta allora, non viene vinta neanche adesso. Continua ad illuminare.

Dunque un dramma rischiarato dalla luce del Salvatore che interpella, innanzi tutto, i cristiani del Medio Oriente. Quali sono in questo senso le luci che fanno ben sperare? Quali sono gli spiragli di pace e di dialogo che si intravedono?

R. – Rimanendo in Medio Oriente sembra, ad esempio, che la situazione in Siria stia migliorando, andando verso una qualche forma di ricomposizione e di pacificazione. Naturalmente ci sono ancora molte zone che sono pericolose e controllate da varie formazioni ribelli, più o meno collaterali a quello che era il sedicente Stato islamico. Qui in Terra Santa è comunque un segno di speranza il fatto che, in questi ultimi anni, siano venuti tantissimi pellegrini. Quindi, è un segno buono per loro perché hanno potuto fare un’esperienza di fede. Ma è un segno buono anche per i cristiani che vivono qui, perché quando vengono i pellegrini sentono, sul piano della fede, che non sono soli, ma di far parte di una comunità che è all’orizzonte del mondo intero. E, per quanto riguarda la vita concreta, hanno la possibilità di vivere, anche con dignità, del loro lavoro. Spero che, in futuro, possano esserci altri segni di speranza. Spero ad esempio che, proprio qui, riprendano anche dei colloqui diretti tra Israele e Palestina, tra il governo israeliano e quello palestinese. Spero che i responsabili riescano a sedersi attorno ad un tavolo ed iniziare a parlare. Spero che la comunità internazionale e anche coloro che nelle comunità internazionale hanno più potere – quindi più responsabilità – aiutino le due parti ad andare verso un processo di pace. Penso alle Nazioni Unite, agli Stati Uniti, alla Russia, alla Comunità Europea. Spero si possa dare una soluzione vera ad un problema che si trascina da ormai 70 anni. Vedo segni di speranza poi a livello molto più concreto. Poche settimane fa, ho partecipato ad una mezza giornata di ritiro con giovani cristiani della Terra Santa ed ho visto più di un centinaio di giovani che si interrogavano sul senso della loro fede e sul fatto che la loro vita di cristiani qui è una vita che deve guardare al futuro e non semplicemente al passato. Quindi i segni di speranza ci sono. Per questo dico che le tenebre, nonostante siano a volte fitte e pensanti, comunque non riescono a sopraffare la luce che viene dalla presenza del Cristo, anche attraverso i cristiani.

Seguendo proprio questi segni, c’è in particolare una storia, che lega Gerusalemme, la Terra Santa, al tempo del Natale, al tempo della speranza?

R. – Un piccolo segno è l’impegno della comunità di Betlemme di preparare i Rosari per la Giornata Mondiale della Gioventù. Non è l’episodio di una singola persona o di una singola famiglia: è una intera comunità che fa qualcosa che poi arriverà ai giovani di tutto il mondo. Mi pare sia bellissimo il fatto che una comunità, tutto sommato è abbastanza provata come quella di Betlemme, metta in mano a qualche milione di giovani – quelli che parteciperanno alla Giornata Mondiale della Gioventù di Panama – uno strumento semplicissimo come quello del Rosario per meditare sui misteri della salvezza che sono quelli che si sono realizzati qui, in questa terra. Mi pare che questa sia anche una luce che da Betlemme arriva e, attraverso i giovani, potrà spargersi in giro per il mondo intero.

Quale è, padre Patton, il suo augurio per questo tempo di Natale?

R. – Sono andato a registrare il messaggio di Natale nel Campo dei Pastori, un posto bellissimo vicino Betlemme. È il luogo dove i pastori vegliavano e facevano la guardia al gregge. È il luogo dove gli angeli hanno fatto il primo annuncio del Natale proprio a questi pastori ed è il posto dove gli angeli hanno cantato il Gloria. Il mio augurio è che il contenuto del Gloria si realizzi: “Gloria Dio nell’alto dei cieli e pace in terra agli uomini che Egli ama”. Il mio augurio è che ogni uomo, ogni donna del mondo, si senta oggetto dell’amore di Dio e per questo si senta in pace.

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