Lebbra, Santa Sede: mai più pregiudizi e discriminazioni

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© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews– Messaggio del cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson per la 66.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra: si ponga “fine a discriminazione, stigmatizzazione e pregiudizio”.

La lebbra non è una malattia del passato. È curabile ma se non viene diagnosticata precocemente e trattata in modo adeguato, può provocare disabilità permanenti e gravi. Nelle aree più povere del mondo, continua a colpire molte persone. Secondo recenti stime, sono oltre 200 mila i nuovi casi del morbo di Hansen registrati ogni anno. Tra questi, molti sono bambini. La Chiesa, nella sua storia, ha sempre fornito assistenza ai malati di lebbra e nel mondo gestisce oltre 640 lebbrosari.

Amore contro lo stigma

La causa principale della diffusione di questa malattia continua ad essere la povertà. Altri fattori sono l’assenza di servizi sanitari e la scarsa alimentazione. A queste criticità si aggiunge lo stigma, il pregiudizio ancora diffuso per i segni che la malattia lascia sul corpo. Per combattere questa malattia che colpisce soprattutto i più poveri ed emarginati, si è celebrata domenica scorsa la 66.ma Giornata mondiale di lotta alla lebbra, istituita nel 1954 dallo scrittore e giornalista francese Raoul Follereau.

Amore contro lo stigma

Nel messaggio per questa Giornata, il prefetto del dicastero per il Servizio dello Sviluppo Umano integrale, cardinale Peter Kodwo Appiah Turkson, sottolinea in particolare che “uno dei bisogni fondamentali nelle vite di coloro che sperimentano questa malattia devastante è l’amore”. Si deve “porre fine – spiega il porporato – a discriminazione, stigmatizzazione e pregiudizio”. Una terapia multifarmacologica e centri clinici specializzati, aggiunge il cardinale Turkson, hanno dimostrato la loro efficacia nel trattare questa malattia. Tuttavia, “nessuna istituzione può da sola rimpiazzare il cuore o la compassione umana, nel momento in cui bisogna andare incontro alla sofferenza dell’altro”. “Non sarà uno sforzo individuale a provocare la necessaria trasformazione di coloro che combattono la lebbra, bensì un lavoro condiviso di comunione e solidarietà”. Soprattutto nei Paesi in cui la lebbra è una malattia endemica, possono fare molto, osserva inoltre il porporato, “il potere dell’educazione e il contributo dell’accademia delle scienze”.

Gesù e i lebbrosi

“Gesù – scriveil cardinale Turkson – è stato per noi un modello per questo tipo di cura. Ciò che muoveva Cristo nel profondo nell’incontro con i lebbrosi deve ora ispirarci tutti, nella Chiesa e nella società”.  Nel messaggio si ricorda infine che Papa Francesco, riflettendo sulla guarigione del lebbroso ad opera di Gesù, ha indicato “il potere e l’efficacia di Dio nel venire incontro al nostro desiderio più profondo di essere amati e accuditi”. “La misericordia di Dio”, ha spiegato il Pontefice all’Angelus del 15 febbraio del 2015, “supera ogni barriera. “Non si pone a distanza di sicurezza”, ha affermato Francesco, “e non agisce per delega, ma si espone direttamente al contagio del nostro male”.

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