Iraq, un Paese esplosivo: intervista con Anna Migotto

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Iraq almeno 7 civili morti nei pressi di Baji, nel nord del Paese, per l’esplosione di un’autobomba e un soldato rimasto ucciso in un attentato a nord di Baghdad: sono le conseguenze delle azioni compiute in Iraq dalla guerriglia. E intanto Al Qaeda con un messaggio del medico egiziano Al Zawahiri ha sottolineato come “la caduta di Baghdad rappresenti la resa di tutti i Paesi che hanno abbandonato la Jihad”. Sul futuro del Paese è stata aperta a Teheran una conferenza alla quale partecipano, tra gli altri, i ministri dell’Interno di Iran, Arabia Saudita, Siria e Turchia. Tema principale del summit le elezioni previste in Iraq il prossimo 30 gennaio. Ma come si sta avvicinando il Paese arabo a questa consultazione? lo abbiamo chiesto ad Anna Migotto, giornalista Mediaset, che ha seguito sul campo il conflitto:

R. – La situazione è difficile. Il governo ha comunque deciso che le elezioni si terranno il 30 gennaio. Si sa che ci sono minacce, non si sa come potranno essere tenuti comizi, non si sa come potranno essere allestiti i seggi … Indubbiamente, io credo che se le elezioni debbono essere una svolta, possono esserlo soltanto con la partecipazione di tutte le rappresentanze che fanno il popolo dell’Iraq.

Alcuni partiti chiedono di posticipare il voto

D. – In Iraq, diversi partiti hanno chiesto di posticipare il voto ma questa ipotesi è stata respinta. Perché, e quali conseguenze avrebbe avuto un rinvio?

R. – Tutta la componente sciita, che è la componente di maggioranza, ha un assoluto interesse a che queste elezioni si svolgano. Ci si chiede che significato potrebbe avere, quale parlamento potrebbe uscire da un voto dove, ad esempio, i sunniti non fossero rappresentati? I sunniti sono quella parte che in questo momento ha dato più uomini alla guerriglia; senza di loro non si può andare da nessuna parte.

Un paese ancora frammentato

D. – L’appuntamento elettorale può dunque ricomporre realmente le varie fazioni del Paese, come da tutti auspicato?

R. – Un appuntamento elettorale potrebbe portare ad una ricomposizione. Il problema è come si arriva a questo appuntamento elettorale? In queste condizioni, con parti del Paese che potrebbero decidere di non votare, altre che potrebbero voler votare e che in realtà non potranno votare per le condizioni sul territorio, credo che non sarebbe un esito realmente democratico e rappresentativo.

Azioni delle guerriglia sempre più intense

D. – In questo periodo di attesa prima delle elezioni, le azioni della guerriglia sembrano essere entrate comunque in una fase meno cruenta. E’, questo, un dato che può far sperare?

R. – Indubbiamente, c’è una battuta d’arresto. Evidentemente, l’operazione di Falluja ha sicuramente dato una battuta d’arresto alle organizzazioni che da Falluja operavano.

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