Dall’abolizione della tratta a nuove forme di schiavitù

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Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNewsSi celebra oggi la Giornata internazionale per la commemorazione della tratta degli schiavi e della sua abolizione. Sono passati 230 anni dalla rivolta sull’isola di Santo Domingo. Anche in questo tempo, molteplici forme di schiavitù intrappolano milioni di persone tra le catene dello sfruttamento.

L’obiettivo della Giornata odierna, istituita dalle Nazioni Unite, è quello di imprimere nella memoria di tutti i popoli il ricordo della tragedia del commercio degli schiavi. Ma anche di commemorare quanto accaduto nella notte tra il 22 e il 23 agosto del 1791. In quel frangente storico sull’isola di Santo Domingo, oggi Haiti e Repubblica Domenicana, ha inizio la rivolta guidata dal generale Toussaint Louverture, ex schiavo, che segna un punto di svolta nella battaglia per l’abolizione della tratta transatlantica degli schiavi.

“L’insurrezione di Santo Domingo ha scosso in modo radicale e irreversibile il sistema schiavista, ed è stata all’origine del processo di abolizione della tratta negriera transatlantica” (Kōichirō Matsuura, ex direttore generale Unesco)”.

Il commercio di schiavi (dipinto del 1840)

La schiavitù, un crimine enorme

La rivolta guidata dal generale Louverture è il primo atto di una serie di eventi che portano poi all’epilogo di un’era buia, in cui uomini, donne e bambini vengono comprati e venduti. Tra il XV e il XIX secolo milioni di giovani africani sono strappati alla loro terra e vengono deportati nelle Americhe. Vengono stipati nelle navi in condizioni disumane. Molti muoiono durante la traversata, molti altri vengono costretti a lavorare nelle piantagioni di caffe, di cotone, di canna da zucchero. La tratta degli schiavi è una ferita indelebile. Papa Pio II, scrivendo nel 1462 a un vescovo che partiva per una missione nell’attuale Guinea Bissau, definisce la tratta un “crimine enorme”, “magnum scelus”.

Vittime di un vergognoso commercio

Lo sguardo dall’Africa verso le Americhe si infrange, ancora oggi, nel doloroso ricordo della tratta di esseri umani. Visitando nel 1992 sull’isola di Gorée in Senegal la “casa degli schiavi”, San Giovanni Paolo II ricorda con queste parole quelle oscure pagine della storia: “Durante un intero periodo della storia del continente africano, uomini, donne e bambini neri sono stati condotti in questo piccolo luogo, strappati dalla loro terra, separati dai loro congiunti, per esservi venduti come mercanzia”. “Essi venivano da tutti i Paesi e, in catene, partivano verso altri cieli, conservando come ultima immagine dell’Africa natìa la massa della rocca basaltica di Gorée. Si può dire che quest’isola rimane nella memoria e nel cuore di tutta la diaspora nera. Quegli uomini, quelle donne e quei bambini sono stati vittime di un vergognoso commercio”.

Tra le forme di schiavitù moderna una delle più diffuse è quella della prostituzione

Nuove forme di schiavitù

Quel vergognoso commercio è stato abolito, ma oggi sono diffuse in tutto il mondo nuove forme di schiavitù. Papa Francesco più volte, durante il suo Pontificato, ha denunciato questa orribile piaga. Nel 2014, durante la cerimonia per la firma della dichiarazione contro la schiavitù da parte dei leader religiosi, il Pontefice ha ricordato che “malgrado i grandi sforzi di molti, la schiavitù moderna continua ad essere un flagello atroce che è presente, su larga scala”, in tutto il pianeta. “La schiavitù moderna – in forma di tratta delle persone, lavoro forzato, prostituzione, traffico di organi – è un crimine di lesa umanità. Le sue vittime sono di ogni condizione, ma il più delle volte si riscontrano tra i più poveri e i più vulnerabili dei nostri fratelli e sorelle”. Si stima che nel mondo le persone vittime di nuove forme di schiavitù siano attualmente più di 40 milioni. Un dato tre volte superiore rispetto a quello legato al periodo della tratta transatlantica.

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