Fiducia del Senato al decreto Ilva
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
In Italia, il Senato ha votato la fiducia, posta dal governo, sul decreto Ilva. Il provvedimento, da convertire in legge entro il 6 marzo, sblocca un miliardo e 200 milioni sequestrati al gruppo Riva e assicura altri fondi all’azienda. Previste misure per la riqualificazione dell’area di Taranto e in favore dei fornitori, tra cui autotrasportatori e piccole e medie imprese. Su questo decreto, Amedeo Lomonaco ha intervistato Fulvio Colucci, redattore della “Gazzetta del Mezzogiorno”:
R. – Il decreto dovrà essere convertito in legge, però ha già subito quelle modifiche – attraverso gli emendamenti passati oggi al Senato – che servono per cercare, appunto, di sbloccare una situazione diventata davvero difficile da sostenere dopo la dichiarazione di insolvenza dell’Ilva e il passaggio all’amministrazione straordinaria. Occorrono molte risorse per rilanciare l’azienda, soprattutto attraverso l’applicazione del piano di ambientalizzazione; occorrono risorse per sbloccare anche la difficile vicenda dei fornitori, che avanzano crediti da otto mesi. Mi sembra che questo sia un passo in avanti, perché il decreto nasceva senza una dotazione economica. E si è visto che effettivamente occorre investire, e investire tanto, per poter rilanciare lo stabilimento siderurgico. Ma occorre rilanciarlo attraverso i lavori di ambientalizzazione.
Produzione e inquinamento
D. – Un passaggio, questo, imprescindibile …
R. – Perché senza questo passaggio la grande questione del rapporto tra produzione e inquinamento resterebbe un nodo irrisolto. Il passaggio in Senato è positivo; ora, però, occorre la definitiva conversione in legge e occorre, appunto, fornire concretamente queste risorse, anche perché noi abbiamo una situazione non facile all’interno della fabbrica: ieri è stata annunciata la chiusura dell’altoforno numero 5, e questa chiusura avviene mentre è chiuso l’altro grande altoforno dello stabilimento, l’altoforno numero 1.
Il prossimo futuro per i lavoratori
D. – Questo cosa comporta per i lavoratori?
R. – Questo comporterà anche l’applicazione del contratto di solidarietà ad un numero abbastanza ampio di lavoratori, quindi un ammortizzatore sociale per 4.500 persone, quasi la metà della forza lavoro dello stabilimento. Si spera che, attraverso il decreto, si possa fare quel passo avanti necessario per riprendere il cammino.
Prospettive per il polo siderurgico di Taranto
D. – Quindi il decreto è da considerarsi ancora un provvedimento-tampone, o si intravede finalmente una via di uscita alla crisi del polo siderurgico di Taranto?
R. – La via d’uscita alla crisi del polo siderurgico di Taranto si vedrà soltanto quando ci sarà l’effettiva disponibilità di risorse e l’effettiva spesa per i lavori di ambientalizzazione e di manutenzione, e per il pagamento dei debiti con i fornitori. Il decreto sta garantendo alcune cose; sarà atteso naturalmente alla prova dei fatti, dopo la conversione in legge. Occorrono atti concreti. Certamente non è un provvedimento-tampone: il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, non lo definiva tale già il 24 dicembre.
Una strada lunga e difficile
Però la strada è lunga e difficile: bisogna essere consapevoli di questo. Anche perché il fallimento porta con sé le inevitabili incognite che ci sono in ogni fallimento e, soprattutto, c’è l’altra grande sfida costituita dalla nascita della New Company a marzo. Quindi, una nuova società con un nuovo rapporto di lavoro per i dipendenti dell’Ilva. Sono tante, le variabili. Bisognerà guardarle tutte e occorrerà certamente una capacità di ‘governance’ piuttosto decisa e forte.
Foto:
Di mafe de baggis from Milano, Italy (Le Benevole) [CC BY-SA 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/2.0)], attraverso Wikimedia Commons