Crisi di governo, intervista con mons. Bregantini

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Italia le dimissioni dei ministri del Pdl e la crisi di governo infiammano lo spread: la differenza di rendimento tra Btp e Bund tedeschi torna ai massimi da giugno. Mercoledì il premier Enrico Letta chiederà la fiducia alle Camere. Al Paese – ribadisce il presidente Giorgio Napolitano – serve stabilità. Sulla situazione politica nel Paese, Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Giancarlo Maria Bregantini, arcivescovo di Campobasso-Bojano e presidente della Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro:

 

R. – E’ un momento di grande amarezza e di grande confusione. Il brano del profeta Amos di ieri, nelle letture della Messa, ci ha messo davanti a chi non si prende cura della storia del Paese, non si cura del cammino del popolo. Credo che si debba elevare molto la nostra voce di amarezza, di sconcerto e si debba veramente avere nel cuore un’attenzione al Paese intero, non al singolo o alle singole collettività.

Larghe intese ancora irrealizzabili

D. – L’Italia sembra ancora un Paese non maturo per esecutivi di larghe intese…

R. – Era prevedibile, ma non era questo il problema, perché l’intesa c’era. E anche le dimensioni sostanzialmente comuni si sarebbe riusciti anche a trovarle. Anzi, è ammirabile, secondo me, il cammino di omogeneizzazione compiuto dalla figura del presidente del Consiglio Letta. Temo che il problema non sia perciò l’armonizzare, ma il rinunciare alle proprie personali visioni, di gruppo o di persona, per il bene di tutti.

Necessaria una nuova legge elettorale

D. – Per evitare che si arrivi un’altra volta, dopo il voto, ad un governo di larghe intese, il premier Letta ha detto che “è necessaria una nuova legge elettorale”. Questa è una priorità per il premier…

R. – Certo, l’abbiamo invocata come cattolici a Reggio Calabria tre anni fa esattamente. Più che indispensabile, è doveroso fare questo passaggio anche se faticoso, ma nella logica di una grande partecipazione di base, in modo tale che ancora una volta sia data voce ai cittadini, sia favorita la partecipazione della gente, la scelta dei candidati, superando quella barriera posta dai partiti. E’ necessario tornare alle proposte che i cattolici hanno fatto a Reggio Calabria nell’ottobre del 2010.

Mancanza di dinamicità

D. – Il premier Letta ha affermato che la situazione politica italiana gli ricorda il film “Ricomincio da capo”, nel quale il protagonista rivive sempre la stessa giornata. Uno dei nodi critici, negli ultimi 20 anni, è forse proprio la mancanza di dinamicità, cioè lo spartito politico sembra suonare sempre la stessa musica…

R. – Purtroppo sì, perché a nostro giudizio, come mondo cattolico – anche con tante riflessioni specie nella Settimana Sociale della Chiesa di Torino – è necessario che il mondo politico si confronti con i problemi, i drammi, le angosce e le lacrime, soprattutto dei giovani. Senza questo riferimento alla sofferenza dei giovani, come voce più fragile di tutte, quella più esigente, il mondo politico lavorerà per conto suo o camminerà per conto suo e la gente resterà nel buio. E’ necessario che dalla sofferenza, come ci sta insegnando Papa Francesco, possa venire fuori una proposta, che proprio i problemi siano la fonte di soluzioni di essi. Questo grande ascolto, la pastorale dell’orecchio, come ci ricorda il Papa. Questo è il modo autentico, anche per rinnovare la legge elettorale. Ed è in fondo quello che i cattolici hanno fatto con la Settimana sociale: ascoltarci ed ascoltare.

Inquietudini e incertezze incombenti

D. – La crisi di governo può rigettare ancora una volta l’Italia nelle inquietudini, nelle incertezze del mercato. Il pericolo è che le recenti politiche di austerity, l’aumento dell’Iva, i sacrifici dei cittadini italiani siano in parte compromessi dalla mancanza proprio di stabilità…

R. – E’ tristemente vero. Come vescovo incaricato della pastorale del lavoro, sento veramente l’angoscia nel cuore. E’ un momento veramente negativo. Abbiamo il dovere di prendere in mano il nostro coraggio e la nostra identità di popolo e salvare, il più possibile, il bene di tutti; fermare questa crisi al buio, che non porterà a nessun giovamento e soprattutto fermerà tutta una serie di provvedimenti almeno abbozzati, che si stavano già delineando. Perciò “no” alla crisi, “sì” alla stabilizzazione, “sì” al coraggio, “sì” al futuro.

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