Elezioni in Catalogna, passo verso secessione

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Spagna i partiti indipendentisti hanno fatto registrare una netta affermazione nelle elezioni amministrative di ieri in Catalogna. I movimenti secessionisti hanno conquistato la maggioranza assoluta dei seggi. Il primo ministro spagnolo Mariano Rajoy si dice pronto al dialogo, ma non sulla fine dell’unità della Spagna. Il governatore catalano uscente, Artur Mas, ha promesso, entro il 2017, l’indipendenza della Catalogna. Sul significato di questa consultazione Amedeo Lomonaco ha raccolto il commento del prof. Claudio Venza, docente di Storia della Spagna contemporanea all’Università di Trieste:

 

R. – Artur Mas, come governatore catalano, ha preso una serie di decisioni politiche antipopolari: tagli alla sanità, all’istruzione e ai servizi pubblici. I sondaggi, di qualche mese fa, lo davano per sconfitto. Invece lui ha tirato fuori dal cappello – come si direbbe – un coniglio, un’idea spregiudicata. Era sempre stato un conservatore autonomista ed è diventato, invece, un indipendentista. Ha spinto, cioè, ben al di là della pura e semplice autonomia regionale. Il suo obiettivo era quello proprio di deviare le proteste sociali verso un fine politico-istituzionale: l’indipendenza della Catalogna. In ciò è stato anche aiutato dalla politica intollerante di Madrid.

Barcellona
Il senso della vittoria

D. – I partiti indipendentisti hanno ottenuto la netta maggioranza dei seggi – 72 su 135 – ma non la maggioranza assoluta dei voti. Questa vittoria, anche se incompleta, rende possibile – nonostante la contrarietà di Madrid – il percorso verso la secessione della Catalogna?

R. – Riflettiamo un attimo su questa che sembra una anomalia – e in parte lo è – e che dipende anche da una norma elettorale catalana: sono stati assegnati più seggi alle province piccole, Girona, Lleida e Tarragona, e quindi il risultato di Barcellona pesa relativamente di meno nel complesso dei seggi. La secessione, secondo me, ha fatto un passo avanti: non ha fatto il passo avanti che si aspettava, completo e decisivo, ma ha confermato che una notevole fetta della popolazione è favorevole all’indipendenza.

Il cammino verso la secessione

D. – Questo passo avanti verso la secessione potrà essere ostacolato concretamente dalla Spagna oppure alla fine riuscirà a vincere proprio la tesi indipendentista?

R.- E’ difficile fare questa previsione. Consideriamo che ci sono delle forze nettamente anti-catalaniste. Buona parte dei partiti della Castiglia, della zona centrale della Spagna che ruota attorno a Madrid, hanno perlomeno diffidenza, se non ostilità aperta, nei confronti del catalanismo: la considerano una sorta di fuga da una situazione critica, perché sullo sfondo c’è tutto il discorso della crisi economica, senza il quale non si riuscirebbero a capire questi sussulti dell’opinione pubblica. Resterebbe tutto abbastanza indefinito. Invece la crisi porta ad una insoddisfazione di fondo e in Catalogna questo alimenta la speranza di un cambiamento notevole con il passo verso l’indipendenza. Però gli anti-indipendentisti in Catalogna non sono pochi e quindi il discorso non sarà facile nella stessa Catalogna.

La Costituzione spagnola difende l’unità

D. – E poi c’è anche la Costituzione spagnola proprio su questo fronte contrario…

R. – Sì, la Costituzione spagnola è sostanzialmente unitaria: è del ’78 ed è venuta fuori dalla caduta del franchismo. Adesso bisogna vedere perché questa Costituzione soddisfa sempre di meno. E’ di un periodo lontano in cui l’emergenza, la necessità di unire aveva, in qualche modo, messo da parte tutta una serie di rivendicazioni, sia sociali sia autonomiste. Adesso queste si sono riproposte perché la Spagna, nata dalla Costituzione del ’78, non soddisfa buona parte delle popolazione. E questo lo abbiamo visto anche dai risultati elettorali delle municipali.

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