Dramma umanitario nel Nord Kivu

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Nella Repubblica Democratica del Congo, si cercano soluzioni politiche per rispondere alla drammatica situazione umanitaria. Il primo ministro congolese, Adolphe Muzito, è partito oggi per una missione nell’est del Paese, area scossa dagli scontri tra l’esercito e i ribelli guidati dal generale, Laurent Nkunda.

Situazione umanitaria drammatica

La situazione umanitaria dunque resta drammatica: secondo l’UNICEF, la scorsa settimana oltre 100 mila persone, tra cui 60 mila bambini, hanno abbandonato le loro case. La Caritas Congo sta provvedendo a garantire l’arrivo di generi di prima necessità a circa 15 mila famiglie. Ieri, poi, è arrivato nella zona teatro di guerra il primo convoglio umanitario delle Nazioni Unite. Gli aiuti non sono stati distribuiti perché i campi sfollati erano stati rasi al suolo.

Intervista con un missionario saveriano

A Goma, poi, le condizioni di vita della popolazione sono sempre più drammatiche. E’ quanto sottolinea al microfono di Amedeo Lomonaco un missionario Saveriano – che vuole mantenere l’anonimato – raggiunto telefonicamente a Bukavu, nel Sud Kivu:

R. – Molte persone sono accolte dai familiari all’interno della città, ma non si può stabilire con precisione l’effettivo flusso di questi sfollati. Si sa di certo che sono stati trovati distrutti i campi profughi nella zona di Rutshuru. Probabilmente, si è cercato di far sparire delle tracce all’interno dei campi, o di esercitare una pressione così grande da far scoppiare questa situazione davanti al mondo intero.

Gli aiuti non vengono distribuiti

D. – Quindi l’ONU non riesce a distribuire gli aiuti. Ieri sono stati trovati vuoti e rasi al suolo i campi sfollati nel Nord Kivu. Cosa si può fare per aiutare realmente gli sfollati?

R. – Bisogna sensibilizzare secondo me l’opinione pubblica internazionale. La missione dell’ONU, come è adesso, ha dato dimostrazione, in questo frangente, di non poter funzionare e né di esercitare il mandato che gli è stato dato. Per questo, apparentemente, sembra inutile almeno per quel che concerne la protezione della popolazione. Bisognerebbe cambiarle il mandato, bisognerebbe poi andare alla radice dei problemi del Congo.

Impegno missionario

D. – E in questo tragico scenario, come procede l’impegno dei missionari nel Paese?

R. – L’impegno dei missionari in Congo è quello di una testimonianza: stiamo sul posto per condividere, per far conoscere, per dare speranza, per aiutare nella misura del possibile e per promuovere la solidarietà. Vogliamo conoscere questa situazione, che dovrebbe essere risolta con la volontà di tutta la comunità internazionale. Serve una risposta definitiva anche sulla questione dei rwandesi che si trovano sul territorio congolese. E’ opportuno che non restino troppo vicino alle frontiere.

Appello

D. – Qual è il vostro appello come Missionari Saveriani in Congo?

R. – Il nostro appello è a chi ha i mezzi, la forza, di risolvere queste situazioni pacificamente. Chiediamo di spostare l’attenzione dal versante umanitario a quello politico. Si deve risolvere, nella misura del possibile, il dramma umanitario che è contingente. Ma è necessaria anche una risposta circa l’aspetto politico, che è più a lungo termine. Bisognerebbe dare le possibilità all’esecutivo congolese attuale di governare. Si dovrebbe potergli venire incontro con istituzioni come il Fondo monetario e la Banca mondiale, per regolare la vendita, l’estrazione delle materie prime. Si dovrebbe dare la possibilità di poter governare e di aiutare il Paese.

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