Felix Baumgartner supera il muro del suono

© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Un’impresa che sposta i limiti umani: è quella dell’austriaco Felix Baumgartner, che ieri si è lanciato in caduta libera da un’altezza di 39 chilometri raggiungendo la velocità di 1342 chilometri orari. E’ il primo uomo ad aver infranto, in caduta libera, il muro del suono. Sul senso di questa impresa si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, l’astronauta italiano dell’agenzia spaziale europea, Paolo Nespoli:

R. – “Uno si domanda, perché si fanno queste cose? E’ difficile trovare un senso, un senso logico, perché queste cose sfidano la logica. Perché uno va a mettere in pericolo la propria vita, spende tante energie e tante cellule del cervello per riuscire a fare una cosa che è quasi impossibile e di dubbio ritorno? Io me la chiedo sempre questa cosa, ma alla fine rispondo dicendo che noi umani siamo programmati per conoscere; per non accontentarci di quello che sappiamo; per volerci mettere, con uno spirito positivo, in situazioni difficili per riuscire a vedere se ce la caviamo”.

Andare oltre i limiti

“Questo spirito, questo modo di comportarci, secondo me, è stato quello che ci ha differenziato drasticamente dagli altri animali su questo pianeta; è quello che ci ha portato oggi ad essere quello che siamo. Secondo me, quindi, è corretto. E’ corretto continuare a spingere i nostri limiti, è corretto andare dove non si può andare. Quello che si scopre oggi non è tanto chiaro, ma non è importante. Magari servirà o magari non servirà, ma questo è il motore che ci porta ad essere quello che siamo e, secondo me, dobbiamo continuare”.

Imprese estreme

D. – In ognuno di noi c’è un po’ di Ulisse, ma è giusto che si affrontino imprese così estreme?

R. – “Quello che noi cerchiamo è di andare dove nessuno è mai andato e spostiamo i limiti e non ci rendiamo conto che se guardiamo le cose dal punto di vista storico sostanzialmente le persone che hanno fatto le cose impossibili, hanno fatto in modo che queste cose impossibili diventassero possibili per tutti noi. Perché Cristoforo Colombo è andato a scoprire l’America? Alla fine ha rischiato la vita. Quando sono stati inventati i treni, per esempio, c’era qualcuno che diceva che erano una cosa inutile, che i passeggeri sarebbero morti per lo spostamento d’aria, che non avrebbero potuto respirare”…

Ciò che sembra estremo può portare a grandi conoscenze

“Oggi queste sono forme di trasporto normali, come gli aerei: è innaturale per un uomo volare nell’aria, ma oggi è un mezzo di trasporto del quale non possiamo fare a meno. Insomma, quello che oggi è impossibile e estremo, rischia il giorno dopo o qualche anno dopo di diventare normale; rischia di darci delle conoscenze e dei modi di comportarci che fino a poco prima era inaspettati”.

Traguardi futuri

D. – Un’impresa che può anche essere l’input per altri traguardi: cosa ci possiamo immaginare per il futuro?

R. – E’ difficile dirlo. Abbiamo tante altre cose impossibili, tante cose di questo mondo che noi conosciamo poco. Pensiamo agli abissi, pensiamo agli oceani, pensiamo a cosa c’è nell’atmosfera: anche quell’area dove è arrivato Felix Baumgartner, è un’area poco conosciuta, perché sì, ci passiamo coi razzi, ma ci stiamo soltanto pochi secondi. Lui, invece, c’è dovuto andare e ha dovuto trovare un modo per andarci e certamente un modo non tanto convenzionale”.

Continuare a guardare avanti

“Certo potremmo pensare che quello che lui ha fatto possa essere una fase di rientro di emergenza da una navicella spaziale. Ma ripeto, spingerci in queste cose ci porta avanti e dobbiamo continuare a guardare avanti, dobbiamo continuare a fare queste cose impossibili, perché solo così ci arricchiamo sia dal punto di vista tecnologico, sia dal punto di vista interno, spirituale. Capiamo che riusciamo ad andare in posti dove questo è impossibile. Continuiamo con questa esplorazione e conoscenza di quello che ci sta attorno”.

Immedesimarsi in Felix Baumgartner

D. – Lei è abituato a questo tipo di esplorazioni, a passeggiate spaziali. Sicuramente quella dell’austriaco è un’impresa del tutto particolare, ma penso che si sia anche un po’ immedesimato in quei momenti…

R. – Sì, sicuramente. Ha avuto molti paralleli con quello che noi facciamo, con le operazioni che noi facciamo con le passeggiate spaziali. Abbiamo anche visto, così come succede nello spazio, che l’astronauta è importante, ma è importantissimo avere un team dietro che lavora, che prepara, che fa le procedure, che ti segue, che ti dà le istruzioni, che ti controlla. Questo fa vedere come l’uomo arriva nei posti impossibili, ma – nella maggior parte dei casi – ci arriva con uno sforzo comune.

Reazione della mente

D. – Come reagisce la mente in quei momenti? Forse lei ce lo può dire…

R. – Sentivo Baumgartner molto rallentato nei suoi movimenti, nei suoi processi mentali così come vedevo il team di terra che cercava di mantenerlo in linea. Questo è esattamente quello che succede in orbita: quando uno si mette in condizioni estreme, a basse pressioni, con poco ossigeno, con il freddo e con una tuta che ti impedisce di muoverti, un casco che ti impedisce di vedere, le nostre capacità vengono ridotte pesantemente. In queste situazioni, a me sembra di essere in un tunnel, di vedere attraverso un tunnel, attraverso una specie di caleidoscopio che mi fa vedere soltanto l’immagine centrale a fuoco e il resto tutto sfocato e colorato in modo strano.

Il pensiero e l’infinito

D. – La mente, in questi momenti, è anche volta a qualcosa che va oltre, verso l’infinito…

R. – Feliz Felix Baumgartner è molto religioso. Lui crede che la scienza sia un modo per arrivare sostanzialmente a capire quello che ci sta attorno, ma che c’è una dimensione alla quale – facilmente o difficilmente – ci si arriva in questo modo. Sono convinto che dopo questa sfida, questo suo pensiero sia ancora più forte dentro di lui e che continui in questa direzione.

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