Appello di Benedetto XVI al presidente indonesiano
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Un appello alla clemenza da parte di Benedetto XVI in favore dei tre cattolici condannati a morte in Indonesia, la cui esecuzione è fissata per domani. In un telegramma al presidente della Repubblica indonesiana, Susilo Yudhoyono, il cardinale segretario di Stato, Angelo Sodano, invoca a nome del Papa “per motivi umanitari ed alla luce della particolarità del caso” un “atto di clemenza” per i tre uomini di fede cattolica.
Intervista con padre Cervellera
Il motivo della condanna alla pena capitale – contro la quale hanno manifestato migliaia di persone, chiedendo la riapertura del processo definito “ingiusto” – riguarda le presunte responsabilità dei tre cattolici negli scontri interetnici, avvenuti sull’arcipelago di Sulawesi, tra il 1998 ed il 2001. Sulla vicenda, Amedeo Lomonaco ha sentito il direttore dell’Agenzia AsiaNews, padre Bernardo Cervellera:
R. – L’unica speranza è che il presidente Yudhoyono possa dare la grazia o bloccare l’esecuzione e quindi rivedere il processo. L’ultimo desiderio, infatti, di Fabianus Tibo, uno dei tre condannati a morte, è proprio un appello personale al presidente. Il cristiano in questo appello dice: “Il mio ultimo desiderio è che lei riveda il processo, perché noi siamo condannati ingiustamente”.
Mobilitazione anche di esponenti musulmani
D. – A proposito di appelli, si sono mobilitati non solo la comunità cristiana, ma anche molti rappresentanti musulmani. Questo è un segno di unità che va sottolineato…
R. – In Indonesia c’è una grande organizzazione, composta da musulmani moderati, che è impegnata continuamente per una convivenza con i cristiani. Questa organizzazione è capeggiata dall’ex presidente indonesiano, Abdul Rahman Wahid, che lavora da tempo affinché venga effettuata la revisione del processo. Purtroppo, sembra che il presidente Yudhoyono sia sordo anche a queste pressioni.
Comunità cristiana in Indonesia
D. – Come vivono i cristiani in Indonesia?
R. – Da un punto di vista teorico, c’è una parità di dignità e di libertà per tutte le confessioni, le cinque religioni riconosciute ufficialmente anche dalla Costituzione indonesiana. Ma in Indonesia sta crescendo adesso anche il fondamentalismo e l’integralismo; spesso i cristiani si trovano di fronte a violenze. Per quanto riguarda il fondamentalismo, in passato ci sono stati degli attacchi a delle chiese; c’è disprezzo – a volte – verso i cristiani, i missionari, i preti. In alcune zone, soprattutto nelle grandi città e nelle grandi isole, c’è una certa convivenza tra cristiani e musulmani. Ci sono, comunque, molte difficoltà: per l’espressione della propria fede, per costruire una propria chiesa, per avere dei momenti di preghiera pubblici ci sono grandi difficoltà.
Situazione sull’arcipelago indonesiano di Sulawesi
D. – Padre, come procede la convivenza fra cristiani e musulmani sull’arcipelago indonesiano di Sulawesi dopo i durissimi scontri scoppiati tra il 1998 e il 2001 costati la vita a centinaia di persone?
R. – Questi scontri sono avvenuti perché, da una parte, si sono infiltrati integralisti islamici che cercavano di aizzare la popolazione musulmana contro la popolazione cristiana di queste isole. Sono aree, di cui sono originari i cristiani; i musulmani sono venuti dopo. I musulmani sono dunque immigrati ed hanno anche problemi economici. C’è stata, però, anche un’influenza da parte dell’esercito, che ha soffiato sul fuoco, spesso distribuendo armi a questi gruppi musulmani. Adesso, dopo la pace di Malino, siamo in una situazione un po’ più tranquilla. Ma, ogni tanto, si verificano degli incidenti; ci sono chiese distrutte e degli scontri.
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