Alta tensione al confine israelo-siriano

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Stato di massima allerta lungo il confine tra Israele e Siria, dopo le manifestazioni di protesta, ieri, sulle alture del Golan, da parte di centinaia di palestinesi e siriani. I dimostranti, nell’anniversario della sconfitta araba nella “Guerra dei sei giorni” del 1967, hanno cercato di varcare il confine ma i soldati israeliani hanno aperto il fuoco. Secondo le autorità siriane, sono morte almeno 23 persone. L’esercito israeliano, invece, parla di 10 morti. Su questo episodio si sofferma, al microfono di Amedeo Lomonaco, la prof.ssa Marcella Emiliani, docente di Storia e Istituzioni del Medio Oriente all’Università di Bologna-Forlì:

 

R. – Manifestanti palestinesi – e si presume anche siriani – hanno attraversato la zona smiritalizzata, tentando di entrare dentro le alture del Golan, che erano della Siria ma che dal 1967 sono sotto il controllo israeliano. Sicuramente i palestinesi, in questa maniera, volevano sottolineare il fatto che dalla guerra del 1967 tutti i territori conquistati allora da Israele sono in una situazione di limbo per quanto riguarda il diritto internazionale. Israele non potrebbe cioè acquisirli, perché per le Nazioni Unite non si possono acquisire territori con le armi. Israele ha però annesso le alture del Golan nel 1981. Da questo punto di vista, quindi, è una protesta più che legittima.

Interessi

D. – Ma dietro queste proteste ci sarebbero anche altri interessi…

R. – Il problema è che qui si ha il sospetto – non solo in Israele ma anche nel resto dell’Occidente – che questo sia stato permesso dall’esercito e dal regime di Bashar al Assad come mossa diversiva per distrarre l’opinione pubblica internazionale dalla pesantissima repressione che il regime di Assad sta infliggendo ai dimostranti presenti nelle piazze e nelle strade di tutte le città siriane.

Strategie dell’esercito israeliano

D. – Una mossa che pone in grande difficoltà le autorità israeliane. L’esercito, ricorda oggi la stampa dello Stato ebraico, deve agire cercando da una parte di impedire che il confine sia violato e dall’altra cercando di evitare la morte di civili…

R. – Perché la cosa che Israele non vuole è creare dei motivi di conflitto con la Siria. Israele non ha nessuna voglia di andare ad uno ‘showdown’ aperto con la Siria di Bashar al Assad.

Nascita dello Stato palestinese

D. – La pressione fisica e demografica che Israele, in queste ore, deve fronteggiare alle sue frontiere costringerà, alla fine, il governo di Netanyahu ad accettare il negoziato per la nascita dello Stato palestinese?

R. – E’ certo che questa situazione sta arrivando ad un punto di esasperazione, perché queste pressioni che vengono dai confini sono anche controllabili. La cosa più seria sono i problemi che possono verificarsi in Cisgiordania e a Gaza, visto che, soprattutto in Cisgiordania, Israele sta moltiplicando le sue colonie ad un ritmo vertiginoso.

Primavera araba nei Territori Palestinesi

D. – In Cisgiordania ed anche nella Striscia di Gaza, dopo il recente accordo tra Hamas e Al-Fatah, si può prevedere che ci sia una sorta di ‘primavera araba’?

R. – Si spera. Hamas è arrivata alla conclusione di doversi riappacificare con Fatah, perché stava pagando a carissimo prezzo l’isolamento internazionale di cui soffre dal 2006 e soprattutto perché, all’interno della Striscia di Gaza, si sta manifestando un’opposizione ad Hamas nel nome dell’islamismo ancora più radicale di quello di Hamas stesso. Per cui, diciamo che ha ritenuto più salutare ricongiungersi alla ‘casa madre’. Adesso, però, lo scoglio è rappresentato dal tentativo che farà a settembre, in seno all’Onu, il presidente dell’Autonomia Nazionale Palestinese, Abu Mazen, di far proclamare la Palestina indipendente, cosa che sappiamo essere vista come fumo negli occhi da parte di Israele ma che viene osteggiata anche dagli Stati Uniti. La situazione, perciò, è estremamente fluida e tesa, sia all’interno dei Territori sia sui confini di Israele.

Alta tensione lungo le alture del Golan

E mentre resta alta la tensione lungo le alture del Golan, è sempre più drammatica la situazione in Siria. A Jisr ash Shughur, città nella parte nord-occidentale del Paese al confine con la Turchia, sono morte nelle ultime ore almeno 28 persone a causa della repressione da parte delle forze speciali siriane. Il servizio di Amedeo Lomonaco:

Nella città al confine con la Turchia, centinaia di manifestanti sono ritornati in piazza per protestare contro il governo di Bashar al-Assad. Alle proteste ha fatto seguito la dura reazione delle unità speciali che da ieri presidiano la città, dove sarebbe anche stata interrotta l’erogazione di acqua ed energia elettrica. La tensione è alta anche ad Hama, a nord di Damasco, dove le forze di sicurezza hanno imposto il coprifuoco. Nella città, teatro nei giorni scorsi di un’imponente manifestazione antigovernativa e presidiata in queste ore da carri armati dell’esercito, è stata rinvenuta una fossa comune con almeno 15 corpi.

Decine di minori tra le vittime

Drammatiche notizie arrivano anche dalla regione meridionale di Daraa. Secondo testimoni locali, sono stati riconsegnati alle loro famiglie i corpi senza vita di 13 civili con evidenti segni di torture “inflitte dalle forze di sicurezza”. Il bilancio è sempre più pesante: i morti, dall’inizio delle proteste, sarebbero oltre 1100. Tra le vittime ci sono anche decine di minori. Organizzatori delle mobilitazioni e attivisti indipendenti riferiscono che in oltre due mesi, più di 70 tra bambini e adolescenti sono stati uccisi dalle forze di sicurezza. Una delle storie che ha scosso l’opinione pubblica è quella di Hamza al Khatib, un ragazzino di 13 anni, arrestato dai servizi di sicurezza per aver canticchiato un motivo ostile al governo.

Sul corpo del ragazzino segni di tortura

Secondo fonti locali durante la prigionia, durata quasi un mese, sarebbe stato torturato. Il suo corpo, senza vita, è stato recentemente restituito ai genitori. In Siria molti oggi accostano il suo nome a quello di Bouazizi, il giovane venditore ambulante tunisino che, dopo essere rimasto senza lavoro, si era dato fuoco dando di fatto inizio alla ‘Rivoluzione dei gelsomini’.

Foto:

By Israel Defense Forces (Karakal Winter Training) [CC BY 2.0 (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0)], via Wikimedia Commons

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