Ciad: a rischio produzione di greggio

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

In Ciad rientra per il momento la minaccia del governo di interrompere la produzione di greggio per protestare contro la sospensione delle royalties decisa dalla Banca mondiale. Il presidente del Ciad si è impegnato inoltre a non espellere i rifugiati del Darfur ma la situazione resta tesa. Il servizio di Amedeo Lomoonaco:

Il Ciad ha deciso di rinviare alla fine di aprile la scadenza imposta alla Banca Mondiale per scongelare le royalties sul petrolio estratto nel Paese africano. Il governo di N’Djamena ha accettato, infatti, l’offerta di una mediazione presentata dagli Stati Uniti per risolvere la disputa con la Banca Mondiale, che da cinque mesi non versa più i fondi dovuti al Ciad. Al Paese africano viene contestata, in particolare, l’allocazione dei finanziamenti, utilizzati soprattutto per coprire spese militari. Nei giorni scorsi, il governo del Ciad aveva minacciato di interrompere la produzione di greggio in assenza di uno sblocco delle royalties.

Ciad: economia allo sbando

Adesso, la prospettiva di una mediazione statunitense sembra aver reso possibile una trattativa. Alla disastrata situazione economica del Ciad si aggiungono, poi, delicate questioni umanitarie: il presidente del Ciad, Idriss Deby, si è impegnato a non espellere 200 mila rifugiati provenienti dalla martoriata regione sudanese del Darfur. Ma il governo di N’Djamena ha comunque ritirato la propria delegazione dai negoziati per la pace in Darfur. La decisione riflette il momento di grande tensione tra Ciad e Sudan, accusato dal presidente Idriss Deby di aver sostenuto la fallita insurrezione condotta lo scorso 14 aprile dai ribelli nella capitale e costata la vita ad almeno 300 persone.

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