Il muro in Cisgiordania all’esame del tribunale dell’Aja
© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●
Il muro in Cisgiordania all’esame della Corte internazionale di giustizia: è una sentenza attesa da quattro mesi, quella che il Tribunale dell’Aja dovrebbe emettere tra poco. Ma sulla stampa israeliana di oggi si sono già diffuse anticipazioni ed indiscrezioni. Il servizio di Amedeo Lomonaco:
Il muro di separazione che Israele sta costruendo in Cisgiordania è contrario alle leggi internazionali, va smantellato e devono essere pagati compensi ai palestinesi per le proprietà loro confiscate: secondo il quotidiano israeliano Haaretz sarebbe questa la sentenza del tribunale dell’Aja che sarà letta tra poco. La Corte internazionale avrebbe chiesto, inoltre, che l’Onu prenda “misure supplementari” contro la barriera di sicurezza. Il giornale Haaretz aggiunge che il verdetto è stato sottoscritto da 14 giudici, con il solo voto contrario dell’americano Thomas Buerghental. Nella decisione della Corte dell’Aja – sempre secondo il documento pubblicato dal quotidiano israeliano – il governo di Ariel Sharon viene invitato a rispettare “la libertà di accesso ai Luoghi Sacri che sono sotto il proprio controllo”.
Il muro e la Corte internazionale di Giustizia
In attesa della lettura della sentenza, il portavoce del governo di Tel Aviv Avi Pazner ha dichiarato, intanto, che Israele è pronto a discutere della linea di separazione dopo il previsto ritiro da Gaza. Pazner ha anche ribadito l’opinione dell’esecutivo di Sharon sul Tribunale dell’Aja: “Non ha alcuna giurisdizione” sulla decisione che si appresta a prendere; il verdetto non è vincolante. La Corte internazionale di giustizia è stata incaricata, infatti, della controversa questione del muro dall’Assemblea generale dell’Onu lo scorso 8 dicembre 2003. In quell’occasione, le Nazioni Unite hanno richiesto un parere consultivo sulle conseguenze giuridiche derivanti dalla costruzione della barriera da parte del governo di Tel Aviv. L’odierna sentenza ha dunque un carattere non vincolante ma si tratta, senza dubbio, di una raccomandazione dal grande significato politico.
*