Visita di Benedetto XVI nel carcere romano di Rebibbia

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

Dove c’è un detenuto, lì c’è Cristo. Con queste parole, Benedetto XVI si è rivolto ai reclusi del carcere romano di Rebibbia, dove stamani si è recato in visita. La Chiesa – ha detto il Papa – “riconosce la propria missione profetica di fronte a coloro che sono colpiti dalla criminalità e il loro bisogno di riconciliazione, di giustizia e di pace”. I carcerati – ha aggiunto – “meritano di essere trattati con rispetto e dignità”. Il servizio di Amedeo Lomonaco

Le parole del giudizio finale raccontato dall’evangelista Matteo – “Ero in carcere e siete venuti a trovarmi” – esprimono il senso della visita del Papa nel carcere romano di Rebibbia:

“Dovunque c’è un affamato, uno straniero, un ammalato, un carcerato, lì c’è Cristo stesso che attende la nostra visita e il nostro aiuto. È questa la ragione principale che mi rende felice di essere qui, per pregare, dialogare ed ascoltare”.

L’amore di Dio è senza confini

Il Santo Padre, rivolgendosi ai detenuti, ha aggiunto che l’amore di Dio non conosce confini:

“Sono venuto a dirvi semplicemente che Dio vi ama di un amore infinito e siete sempre figli di Dio. E lo stesso unigenito Figlio di Dio, il Signore Gesù, ha fatto l’esperienza del carcere, è stato sottoposto a un giudizio davanti a un tribunale e ha subito la più feroce condanna alla pena capitale”.

E’ urgente ristabilire la giustizia

Il Pontefice ha ricordato che è urgente “ristabilire la giustizia, “rieducare i colpevoli”, bandire “i casi di errori della giustizia” e le “numerose occasioni di non applicazione della legge”:

“I carcerati sono persone umane che meritano, nonostante il loro crimine, di essere trattati con rispetto e dignità”.

La giustizia divina è diversa da quella umana

La giustizia umana e quella divina – ha poi detto il Papa – sono molte diverse:

“Certo, gli uomini non sono in grado di applicare la giustizia divina, ma devono almeno guardare ad essa, cercare di cogliere lo spirito profondo che la anima, perché illumini anche la giustizia umana, per evitare – come purtroppo non di rado accade – che il detenuto divenga un escluso”.

Si rispetti il vero spirito della legge

Si deve sempre osservare – ha affermato il Santo Padre – il vero spirito della legge:

“Pieno compimento della legge è l’amore, scrive san Paolo (Rm 13,10): la nostra giustizia sarà tanto più perfetta quanto più sarà animata dall’amore per Dio e per i fratelli”.

Ogni uomo deve uscire da un carcere interiore

Dopo aver ricordato che il sovraffollamento e il degrado possono rendere ancora più amara la detenzione, il Papa ha auspicato che il Natale, ormai vicino, riaccenda il cuore “di speranza e di amore”:

“Il Bambino di Betlemme sarà felice quando tutti gli uomini torneranno a Dio con cuore rinnovato. Chiediamogli nel silenzio e nella preghiera di essere tutti liberati dalla prigionia del peccato, della superbia e dell’orgoglio: ciascuno infatti ha bisogno di uscire da questo carcere interiore per essere veramente libero dal male, dalle angosce e dalla morte”.

Risposte del Papa alle domande dei detenuti

Benedetto XVI ha quindi risposto alle domande poste da alcuni detenuti:

D. – Desidero chiedere a Vostra Santità se questo suo gesto sarà compreso nella sua semplicità, anche dai nostri politici e governanti affinché venga restituita a tutti gli ultimi, compresi noi detenuti, la dignità e la speranza che devono essere riconosciute ad ogni essere vivente.

R. – Io sono venuto soprattutto per mostrarvi questa mia vicinanza personale e intima. I responsabili faranno il possibile per migliorare questa situazione, per aiutarvi a trovare realmente, qui, una buona realizzazione di una giustizia che vi aiuti a ritornare nella società con tutto il rispetto che esige la vostra condizione umana.

In voi il Signore mi aspetta

D. – Mi chiamo Omar. Più che una domanda preferisco chiederti di permetterci di aggrapparci con te con la nostra sofferenza e quella dei nostri familiari. Ti voglio bene.

R. – Anch’io ti voglio bene, e sono grato per queste parole che toccano il mio cuore. Sono venuto, perché so che in voi il Signore mi aspetta.

Collaboratori di futuro

D. – Mi chiamo Alberto. Santità, le sembra giusto che ora che sono un uomo nuovo, e da due mesi papà di una splendida bambina di nome Gaia, non mi concedano la possibilità di tornare a casa, nonostante abbia ampiamente pagato il debito verso la società?

R. – Anzitutto, felicitazioni! Sono felice che lei sia padre, che lei si consideri un uomo nuovo. Prego e spero che quanto prima lei possa realmente avere in braccio sua figlia, essere con sua moglie e con sua figlia per costruire una bella famiglia e così anche collaborare al futuro dell’Italia.

Dio vuole che tutti arrivino da Lui

D. – Sono Federico. Troppo poco si parla di noi, spesso in modo così feroce come a volerci eliminare dalla società. Questo ci fa sentire sub-umani.

R. – Dobbiamo sopportare che alcuni parlano in modo feroce – parlano in modo feroce anche contro il Papa e tuttavia andiamo avanti. Mi sembra importante incoraggiare tutti che abbiano il senso delle vostre sofferenze. Ognuno può cadere, ma Dio vuole che tutti arrivino da Lui, e noi dobbiamo cooperare con lo Spirito di fraternità. Il Signore vi aiuterà e noi siamo vicini a voi.

Dio perdona

D. – Santità, mi è stato insegnato che il Signore vede e legge dentro di noi. Mi chiedo perché l’assoluzione è stata delegata ai preti. Se io la chiedessi in ginocchio, da solo, dentro una stanza, rivolgendomi al Signore, mi assolverebbe?

R. – Direi due cose. La prima: naturalmente, se Lei si mette in ginocchio e con vero amore di Dio prega che Dio perdoni, perdona. Ma l’assoluzione del prete, l’assoluzione sacramentale è necessaria per realmente risolvermi, assolvermi da questo legame Dio mi perdona, mi riceve nella comunità dei suoi figli.

Dio ha criteri diversi

D. – Santità, lo scorso mese è stato in visita pastorale in Africa, nella piccola nazione del Benin, una delle nazioni più povere del mondo. Le chiedo: loro muoiono tra povertà e violenze. Forse Dio ascolta solo i ricchi e i potenti?

R. – I criteri di Dio, sono diversi dai nostri, Dio dà anche a questi poveri gioia, la riconoscenza della sua presenza, e naturalmente ci chiama tutti perché noi facciamo tutto perché possiamo uscire da queste oscurità delle malattie, della povertà.

Auguri di Natale

Prima di lasciare il carcere romano di Rebibbia, il Papa ha infine rivolto i propri auguri di Natale:

“Buona domenica anche buon Natale. Auguri, grazie …”.

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