Un mese dal sisma, mons. D’Ercole: si spera

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© Amedeo Lomonaco, Radio Vaticana ●

E’ passato un mese dal sisma che, lo scorso 24 agosto, ha scosso il centro Italia provocando la morte di quasi 300 persone. Il premier, Matteo Renzi, ha garantito che i paesi colpiti dal sisma saranno ricostruiti “dove erano e come erano, anche più belli di prima se possibile”. Il commissario straordinario del governo per la ricostruzione, Vasco Errani, ha inoltre reso noto che “sarà avviato un meccanismo chiaro di riconoscimento pieno dei danni”. Su questa fase, ancora di emergenza, Amedeo Lomonaco ha intervistato mons. Giovanni D’Ercole, vescovo di Ascoli Piceno:

 

R. – La ferita è molto aperta. E’ un momento difficile e questo per tanti motivi. E il primo perché le tende devono essere smantellate il più rapidamente possibile, anche perché il freddo incalza e l’inverno si fa sentire. Le persone non si vogliono distaccare, non vogliono perdere le loro radici. E noi comprendiamo molto bene questo. In questo momento, il lavoro importante è ancora quello del supporto morale, psicologico, spirituale che la gente, tra l’altro, desidera e chiede.

Continua l’emergenza

D. – E’ questa una fase ancora di piena emergenza…

R. – La fase dell’emergenza ancora non è chiusa. Vedo che la Protezione Civile sta lavorando tantissimo e anche il commissario è molto attivo. Siamo in una fase di attesa e di speranza.

La politica promette una ricostruzione diligente

D. – Il premier Matteo Renzi ha garantito che i paesi colpiti dal sisma saranno ricostruiti “dove erano, come erano, anche più belli di prima”…

R. – Questo è un po’ difficile. Le promesse, perché si possano poi realizzare, si scontrano poi con realtà concrete: Pescara del Tronto è difficile da ricostruire dove era. Ma colgo nelle parole del premier – come è stato sin dall’inizio – una vicinanza straordinaria e la volontà di rassicurare la gente che, comunque, non sarà abbandonata e che tutto sarà ricostruito. C’è un motivo per cui la gente ha paura che questo non avvenga e anche noi abbiamo paura che ciò non avvenga: questi sono paesi che d’inverno sono ridotti a poche centinaia di persone. Ma il sabato e la domenica e poi durante il periodo estivo si riempiono straordinariamente.

Ricostruire quanto prima

E’ quello che possiamo chiamare il “turismo dei poveri”: quelli che non si possono permettere di andare in alberghi e vanno dai nonni, dagli zii, nelle case di montagna in cui rivivono la loro storia delle origini. E non possiamo assolutamente perdere questi legami, quanto mai utili alle città dove abitano ormai i figli dei figli. Legami che sono anche utili al nostro territorio perché lo fanno sopravvivere. Ecco perché è importante che sia ricostruito possibilmente la dove è e quanto prima.

Danni da quantificare

D. – Anche per non perdere questi legami, per non smarrire questo patrimonio affettivo, il commissario straordinario del governo per la ricostruzione, Vasco errani, ha reso noto che sarà avviato un meccanismo chiaro di riconoscimento pieno dei danni…

R. – Sì. Posso dire che, per quello che ho conosciuto Errani – e ormai lo ho incontrato più di qualche volta – vedo in lui una persona anzitutto molto come competente, che vuole soprattutto agire nel modo più limpido possibile e anche più fattivo possibile. Su questo credo che saranno importanti le decisioni che prenderanno riguardo alla metodologia da seguire: noi abbiamo avuto le esperienze del passato, tra L’Aquila, l’Emilia Romagna, l’Umbria e le Marche già nel ’97.

Commissario atteso da un grande lavoro

Spero che facciano il meglio, tratto dalle esperienze passate, tenendo conto che ogni terremoto ha una sua storia particolare. E’ un grande lavoro quello che il commissario deve fare. Io personalmente lo accompagno con la preghiera, perché le decisioni che verranno prese oggi, saranno quelle che determineranno il futuro di questa nostra terra.

Colpito anche il patrimonio religioso

D. – Il capo della Protezione Civile, Fabrizio Curcio, ha detto che i danni provocati dal terremoto ammontano ad almeno 4 miliardi di euro. E ad essere particolarmente colpito è anche il patrimonio religioso di queste terre…

R. – Noi ci mettiamo accanto al dramma delle vittime, anche un altro dramma: quello delle chiese distrutte, delle chiese inagibili. C’è tutta una fascia che va da Amatrice e che prende l’Umbria, le Marche, la diocesi di Ascoli, in cui ci sono più di 130 chiese inagibili. Una fascia che poi raggiunge Fermo e che arriva addirittura fino a Pesaro. Noi ci rendiamo conto – anche dal punto di vista religioso – dell’urgenza di realizzare, quanto prima, luoghi di aggregazione, in attesa che vengano rifatte le chiese. Luoghi in cui possano essere celebrati i riti liturgici e dove si possano incontrare i cristiani e la gente.

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