Santa Sede: non c’è libertà di pensiero senza tutela dei luoghi di culto

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews Mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, è intervenuto a New York sul tema della protezione dei luoghi di culto. Un piano d’azione delle Nazioni Unite per la salvaguardia di questi luoghi e di altri siti religiosi, ha affermato il nunzio apostolico, sarebbe un passo nella giusta direzione.

Nonostante un robusto quadro giuridico che prende in esame e tutela il diritto alla libertà religiosa, continuiamo a vedere in tutto il mondo un allarmante aumento di gravi atti di intolleranza, discriminazione, persecuzione e persino genocidio contro i credenti a causa della loro fede. È quanto ha sottolineato mons. Bernardito Auza, osservatore permanente della Santa Sede all’Onu, intervenendo a New York alle consultazioni sul Piano di azione per la salvaguardia dei siti dei luoghi di culto e di altri siti religiosi. Recentemente, ha affermato il presule, atti di violenza sono stati perpetrati contro credenti riuniti in preghiera, come avvenuto nella sinagoga di Pittsburgh, in due moschee della Nuova Zelanda, in tre chiese dello Sri Lanka e in alcune chiese del Burkina Faso.

Il diritto alla libertà religiosa

Riferendosi ale norme sulla libertà religiosa, il presule ha ricordato in particolare l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti umani: “Ogni individuo ha diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune”. Un altro testo rilevante, ha spiegato mons. Auza, è l’articolo 18 del Patto internazionale sui diritti civili e politici: “Nessuno può essere assoggettato a costrizioni che possano menomare la sua libertà di avere o adottare una religione o un credo di sua scelta. La libertà di manifestare la propria religione o il proprio credo può essere sottoposta unicamente alle restrizioni previste dalla legge e che siano necessarie per la tutela della sicurezza pubblica, dell’ordine pubblico e della sanità pubblica, della morale pubblica o degli altrui diritti e libertà fondamentali”.

Libertà religiosa e di pensiero

Mons. Auza ha quindi osservato che un piano di azione dell’Onu per la salvaguardia dei luoghi di culto e di altri siti religiosi sarebbe un passo nella giusta direzione. La protezione dei luoghi di culto, ha detto, è una diretta conseguenza della difesa della libertà di pensiero, libertà di coscienza e di religione. Il presule ha poi ricordato le parole rivolte congiuntamente sia a i governi sia ai credenti da Papa Francesco e dal grande imam di Al-Azahar Ahmed al-Tayeb nel documento sulla fratellanza umana “la protezione dei luoghi di culto – templi, chiese e moschee – è un dovere garantito dalle religioni, dai valori umani, dalle leggi e dalle convenzioni internazionali. Ogni tentativo di attaccare i luoghi di culto o di minacciarli attraverso attentati o esplosioni o demolizioni è una deviazione dagli insegnamenti delle religioni, nonché una chiara violazione del diritto internazionale”.

Condanna di attacchi e ideologie

La delegazione della Santa Sede – ha dichiarato inoltre mons. Auza – si aspetta che il piano d’azione per la salvaguardia dei luoghi di culto sia inquadrato e fondato sul diritto fondamentale alla libertà religiosa e a quello di poter praticare la propria fede in pace e sicurezza. Ci aspettiamo – ha aggiunto il presule – che il piano di azione non solo condanni il terrorismo in tutte le forme ma che condanni in particolare gli attacchi contro i luoghi di culto e le ideologie che alimentano tali azioni. Ci aspettiamo, ha aggiunto, che venga riaffermata la responsabilità primaria degli Stati di promuovere e proteggere l’uguaglianza di tutti i cittadini di fronte alla legge, indipendentemente dalla loro identità religiosa o etnica. Dal piano di azione, ha spiegato quindi mons. Auza, dovrebbe anche emergere la cruciale importanza di promuovere e praticare una cultura del dialogo e dell’incontro, caratterizzata dal rispetto e dall’accettazione reciproca. Un piano di azione efficace, ha concluso il presule, dovrebbe anche essere un appello rivolto a leader religiosi e politici ma anche ad estremisti e fondamentalisti per “smettere di usare il nome di Dio per giustificare atti di omicidio, di esilio, di terrorismo e di oppressione”.

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