Primo maggio, un inno al lavoro dignitoso tra botteghe e nuovi mestieri

Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews: Puntata di “Doppio Click”, programma della Radio Vaticana, dedicata al primo maggio, giorno in cui la Chiesa ricorda San Giuseppe artigiano. Un’occasione per riflettere sul valore del lavoro.

Se oltre 2000 anni fa qualcuno avesse chiesto il nome di un bravo artigiano per riparare una crepa nel tetto di legno della propria abitazione, gli abitanti della zona di Nazareth gli avrebbero probabilmente indicato la bottega di un carpentiere della Galilea di nome Giuseppe, sposo di Maria e padre di Gesù. Per “vederlo all’opera” si può prendere spunto da opere di vari artisti, tra cui quella dell’olandese Gerrit Van Honthorst – nato nel 1590 ad Utrecht – che in un suo dipinto, oggi custodito all’Ermitage di San Pietroburgo, descrive una scena quasi intima: San Giuseppe è in piena attività, mentre suo figlio regge una candela. È Gesù, “venuto come luce del mondo”, che illumina la bottega di San Giuseppe, un falegname umile che lavora onestamente per garantire il sostentamento della sua famiglia.

San Giuseppe e il giovane Gesù (Gerrit Van Honthorst)

Sulle orme di San Giuseppe

La festa liturgica di San Giuseppe artigiano è stata istituita da Pio XII il primo maggio del 1955. “Gradite, diletti lavoratori e lavoratrici, questo Nostro dono? Siamo certi che sì, perché l’umile artigiano di Nazareth – aveva affermato il Pontefice in quel giorno – non solo impersona presso Dio e la Santa Chiesa la dignità del lavoratore del braccio, ma è anche sempre il provvido custode vostro e delle vostre famiglie”. Quella di San Giuseppe, patrono dei lavoratori, è una testimonianza che in questo tempo, funestato dalla pandemia, ci ricorda la forza della pazienza per vincere problemi e avversità. In occasione dei 150 anni del Decreto Quemadmodum Deus, con il quale Pio IX ha dichiarato San Giuseppe Patrono della Chiesa Cattolica, Papa Francesco, con la lettera apostolica “Patris Corde”, ha indetto uno speciale Anno di San Giuseppe, dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021. Sullo sfondo di questa lettera, c’è la crisi da legata al Covid-19 che – scrive Francesco – ci ha fatto comprendere l’importanza delle persone comuni, quelle che, lontane dalla ribalta,  infondono speranza.

Dignità del lavoro

Nella lettera “Patris Corde” Papa Francesco sottolinea, in particolare, che da San Giuseppe “Gesù ha imparato il valore, la dignità e la gioia di ciò che significa mangiare il pane frutto del proprio lavoro”. “In questo nostro tempo, nel quale il lavoro sembra essere tornato a rappresentare un’urgente questione sociale e la disoccupazione raggiunge talora livelli impressionanti, anche in quelle nazioni dove per decenni si è vissuto un certo benessere – scrive il Papa – è necessario, con rinnovata consapevolezza, comprendere il significato del lavoro che dà dignità e di cui il nostro Santo è esemplare patrono”. “La perdita del lavoro che colpisce tanti fratelli e sorelle, e che è aumentata negli ultimi tempi a causa della pandemia di Covid-19, dev’essere un richiamo a rivedere le nostre priorità”. “Imploriamo San Giuseppe lavoratore – si legge ancora nella Patris Corde – perché possiamo trovare strade che ci impegnino a dire: nessun giovane, nessuna persona, nessuna famiglia senza lavoro”. La bottega di San Giuseppe è dunque un esempio che travalica secoli e millenni. Un modello che giunge fino ai nostri tempi per ricordare il senso più autentico del lavoro, la dignità del lavoro.

Botteghe di ieri e di oggi

Quella di San Giuseppe è una delle tante botteghe che nel corso della storia, e anche in questo tempo scosso dalla pandemia, tramandano una sapienza artigianale. Un sapere che diventa cultura del lavoro, una fonte di conoscenza da trasmettere alle nuove generazioni. Anche oggi gli artigiani sono una parte fondamentale della produzione. In Italia, in base a dati diffusi dall’Inps, nel 2019 gli artigiani erano oltre un milione e 600 mila. Spesso si tratta di piccole imprese a livello familiare, ma molte stanno chiudendo a causa della pandemia e della conseguente crisi economica. Restano comunque tanti gli esempi di laboratori che continuano ad essere parte integrante del tessuto economico di una città, di una comunità. Botteghe che resistono alla crisi e alle logiche della globalizzazione.

Il coraggio del lavoro

Il lavoro è anche un atto di coraggio quotidiano, personale e collettivo, che incarna e reclama le ragioni di una ripartenza che abbracci realmente tutti e ci permetta di non perdere l’occasione per una vera conversione ecologica, sociale e civile. Per questa ragione, per uscire migliori dall’attuale crisi, il coraggio del lavoro è il messaggio che le Acli lanciano per la festa del lavoro di questo primo maggio. Anche in questo tempo difficile, nonostante le ombre della crisi, non mancano opportunità di lavoro, soprattutto nella cosiddetta “green economy” e nell’ambito delle nuove tecnologie. Si tratta di accompagnare i giovani, aiutarli a trasformare i loro sogni, le loro passioni e capacità in progetti concreti.

Il lavoro è la vocazione dell’uomo

La festa di San Giuseppe lavoratore è dunque la Giornata dei lavoratori. Il primo maggio del 2020, nella celebrazione mattutina trasmessa in diretta dalla cappella di Santa Marta, Papa Francesco ha ricordato che “il lavoro umano è la vocazione dell’uomo ricevuta da Dio alla fine della creazione dell’universo”. “Preghiamo per tutti i lavoratori. Per tutti. Perché a nessuna persona – ha detto in quell’occasione il Pontefice – manchi il lavoro e che tutti siano giustamente pagati e possano godere della dignità del lavoro e della bellezza del riposo”.

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