Pedopornografia, mons. Capella condannato a 5 anni di reclusione

0

© Amedeo Lomonaco, il mio articolo su VaticanNews – L’imputato è stato condannato per “divulgazione, trasmissione, offerta e detenzione” di materiale pedopornografico.

Si è concluso con una condanna a cinque anni di reclusione, più 5mila euro di multa, il processo in Vaticano a carico di mons. Carlo Alberto Capella, 50 anni, ordinato sacerdote nel 1993 nell’arcidiocesi di Milano. Il verdetto è stato letto intorno alle 13.20 dal presidente del Tribunale vaticano, Giuseppe dalla Torre, dopo una Camera di Consiglio durata circa un’ora. Mons. Capella, già consigliere presso la nunziatura apostolica di Washington, era stato arrestato lo scorso 7 aprile.

Le richieste dell’accusa

L’accusa aveva chiesto per l’imputato 5 anni e 9 mesi di reclusione e 10 mila euro di multa. Il promotore di giustizia aggiunto Roberto Zanotti ha prima di tutto sciolto ogni dubbio di giurisdizione sottolineando che, per i reati commessi da un pubblico ufficiale vaticano in qualsiasi Stato, è competente il Tribunale vaticano. Ha quindi ricordato che sul cellulare dell’imputato, quando era consigliere presso la nunziatura a Washington, sono stati rinvenuti 50 fotogrammi: foto, video e disegni che ritraggono minori intenti in atti sessuali. Il materiale pedopornografico rinvenuto è stato messo a disposizione del Tribunale vaticano attraverso una rogatoria alle autorità competenti degli Stati Uniti. L’ultima visualizzazione di parte di tali contenuti, da parte di mons. Capella, è avvenuta nel 2017. Il promotore di giustizia aggiunto ha precisato che per la legge vaticana sono da considerare materiale pedopornografico anche immagini non reali come i disegni. Secondo l’accusa, la condotta di mons. Capella nei reati contestati si accompagna ad una piena consapevolezza: è da escludere – ha detto Roberto Zanotti -“l’ipotesi di captazione accidentale e occasionale” del materiale trovato.

I reati contestati

Il promotore di giustizia aggiunto, ricordando la normativa vigente in materia penale ha sottolineato che i fatti contestati sono inquadrati in due articoli della legge n. 8 del 2013. Il primo è l’articolo 10 (comma 3): “Chiunque con qualsiasi mezzo, anche per via telematica, distribuisce, divulga, trasmette, importa, esporta, offre, vende o detiene per tali fini materiale pedopornografico, ovvero distribuisce o divulga notizie o informazioni finalizzate all’adescamento o allo sfruttamento sessuale di minori è punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa da euro duemilacinquecento a euro cinquantamila”. Il secondo testo di riferimento per questo caso – ha detto il promotore di giustizia aggiunto – è l’articolo 11 (comma 1): “Chiunque, al di fuori delle ipotesi previste dall’articolo 10, si procura o consapevolmente detiene materiale pedopornografico, è punito con la reclusione fino a due anni e con la multa da euro millecinquecento a euro diecimila”.

L’aggravante del materiale ingente

Il promotore di giustizia Gian Piero Milano ha poi sottolineato che per i reati contestati si configura anche l’aggravante dell’ingente quantità. Non si tratta – ha specificato – di un parametro meramente quantitativo ma soprattutto qualitativo. Sono reati – ha affermato il promotore di giustizia – che rientrano tra i “delicta graviora”, tra cui quelli contro la morale.

Le richieste della difesa

L’avvocato della difesa, Roberto Borgogno, dopo aver ricordato che mons. Capella ha ammesso le proprie responsabilità, ha chiesto una pena “contenuta nei minimi applicabili”. Ha anche specificato che nel materiale rinvenuto ci sono immagini non riferibili con certezza a minori. E’ da escludere – ha aggiunto – l’aggravante del materiale ingente. Per la giurisprudenza italiana, ha spiegato – per considerare ingente tale materiale – bisogna rinvenire non meno di 100 immagini pedopornografiche. L’avvocato difensore ha quindi fatto riferimento a problematiche di natura psicologica dell’imputato. Da test psicologici si evince la tendenza, da parte di mons. Capella, a svalutarsi, a difficoltà evidenti nel confronto con gli altri. Prima del trasferimento a Washington, che l’imputato ha indicato come il momento iniziale della propria crisi esistenziale, egli aveva chiesto un colloquio con il Segretario di Stato. In quell’occasione avrebbe voluto esprimergli il proprio disagio per quel trasferimento non desiderato, poi accettato “per spirito di obbedienza”.

Le parole di mons. Capella

Prima della sentenza è intervenuto  anche mons. Capella. Come aveva fatto già nella fase istruttoria, ha ammesso di aver compiuto “atti compulsivi di consultazione impropria di internet”. Gli errori commessi – ha affermato – sono evidenti. Ha aggiunto di essere dispiaciuto per quanto questo periodo di debolezza abbia inciso nella vita della diocesi, della Chiesa e della Santa Sede. Sono pentito e rammaricato e sono addolorato – ha poi detto mons. Capella – per la mia famiglia. Spero che questa situazione – ha proseguito – possa essere considerata un incidente di percorso nella mia vita sacerdotale, che amo ancora di più. Voglio proseguire – ha concluso – nel cammino riabilitativo.

5 Jahre Haft: Ex-Vatikandiplomat wegen Kinderpornografie verurteilt

Am zweiten Prozesstag fällte Richter Giuseppe Dalla Torre das Urteil, nach einem ausführlichen Geständnis des Angeklagten Carlo Alberto Capella: Fünf Jahren Haft wegen Besitz und Verbreitung kinderpornografischen Materials. Das vatikanische Gericht sprach damit die Höchststrafe aus.

Amedeo Lomonaco – Vatikanstadt

Der Prozess gegen den früheren päpstlichen Botschaftsmitarbeiter wegen Kinderpornografie begann am Freitag im Vatikan und wurde an diesem Samstag mit dem Urteil beendet. Der erste Prozesstag hatte mit einem Schuldeingeständnis des Angeklagten begonnen: Er habe eine innere Krise durchlebt, sagte der italienische Priester Carlo Alberto Capella.

Hier zum Nachhören

Nach zwei Prozesstagen zu Ende

Verhandelt wurden Vergehen aus dem Jahr 2016: der frühere Mitarbeiter der päpstlichen Nuntiatur in den USA wurde beschuldigt, kinderpornographisches Material gesammelt und über das Internet angeboten und weitergegeben zu haben. Erschwerend sei die große Menge des Materials hinzugekommen, so hatte die Anklage formuliert. Capella leugnete während des Propzesses seine Vergehen nicht.

In Kanada hatte er während eines Urlaubs Material herunter geladen und weitergegeben, über seinen Computer seien dei Dateien – Filme und Fotos – auch auf einem Cloud-Server in den USA gelandet. Dadurch wurden die Behörden auf ihn aufmerksam. Nach Hinweisen von Seiten staatlicher Stellen aus den USA und Kanada hatte der Vatikan im September 2017 Capella aus dem diplomatischen Dienst abgezogen, im April kam er in Untersuchungshaft.

Der Angeklagte leugnete nicht

Zum Prozessauftakt sprach Capella von einem „Zustand einer internen Krise“, in der er sich seit seiner Versetzung in die USA 2016 befunden habe. Er sei über Chats und soziale Medien in eine „Spirale des Schreckens“ geraden, über die er selber heute Ekel empfinde.

Am ersten Verhandlungstag waren auch zwei Zeugen der Verteidigung gehört worden: der Psychiater Tommaso Parisi, der die Therapie-Bereitschaft des Angeklagten unterstrich, sowie der Elektronik-Fachman der Vatikanpolizei Gianluca Gauzzi, der im Detail erläuterte, wie Capella kinderpornografische Fotos und Filme gesucht und gefunden habe, speziell von Jungen zwischen 14 und 17 Jahren.

Obwohl das Material auf einem Cloud-Server in den USA lag und ein Haftbefehl für Kanada vorliegt, wurde das Verfahren im Vatikan geführt, weil Capella die ihm vorgeworfenen Taten als Amtsträger des Heiligen Stuhls begangen hatte.

Es ist noch unklar, wo Capella seine Haftstrafe absitzen wird.

Foto:

By Staselnik [CC BY-SA 3.0 (https://creativecommons.org/licenses/by-sa/3.0)], from Wikimedia Commons

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *